E’ LA (PSICO) MAGIA BABY, E NON PUOI FARCI NIENTE

OK, le cose sono andate così. Da parecchi giorni, da quando ho racimolato i biglietti, aspetto questa occasione. Ci prepariamo, io, Léaud e rispettive consorti, per andare alla conferenza del grande Alejandro Jodorowsky, per noi, più semplicemente, JodoSan (con riferimento alle sue proprietà curative). Ognuno con le sue aspettative, ognuno con il suo tesoro nel cuore. Io, per me, ho seguito Jodorowsky negli anni interessandomi moltissimo al suo cinema, un po’ meno al suo teatro, approcciandomi con curiosità ai fumetti scritti per Moebius e ultimamente leggendo i suoi scritti (non vi nascondo che La via dei tarocchi, che fa bella mostra di sé anche nella mia libreria su aNobii, è duretto da digerire, ma ce la sto facendo a spizzichi e bocconi). La conferenza, organizzata dall’ormai mitico Circolo dei Lettori, ha un pubblico assolutamente eterogeneo. Parte con JodoSan e traduttore che spostano il tavolo sul fondo, "per non avere nessun tipo di diaframma tra loro e il pubblico". Applausi. Poi, non so. Il titolo della serata era "Io, il tarocco". Di tarocchi non si è nemmeno parlato tanto. Il traduttore non riesce a star dietro al fiume di parole del cileno che si fa capire benissimo anche senza traduzione. Dice enormi banalità ma riesce a dirle con quel carisma che tu pensi "Cristo, è proprio così, non ci avevo mai pensato". E in effetti non ci avevi mai pensato. Non in quei termini, almeno. Per parlarti delle sue nevrosi ti racconta di quando a quattro anni il padre gli strappa la catenina col crocifisso e la butta nel cesso, dicendo "Dio non esiste, cretino!" mentre tira l’acqua. Da quel giorno si sente un diverso perché gli altri bambini sperano nel paradiso e lui ha solo vermi e putrefazione davanti a sé. Perché JodoSan è così, prendere o lasciare. Quando poi chiama la gente del pubblico per dare dimostrazione di tarologia o meglio ancora di consigli di psicomagia (dài che li conoscete, sono quelli che elargisce anche dalle pagine di XL), è il delirio. Tutti piangono e buttano fuori il loro vissuto doloroso e lui dà a ognuno le sue mitiche istruzioni, tipo: ràsati tutti i peli del corpo, dipingiti di vernice dorata, spalmati la fronte con le tue feci e vai in giro nudo in una strada affollata (a un tizio in crisi creativa); infilati una moneta d’oro nella vagina e toglitela solo la notte (per una tipa insicura); dipingiti i testicoli con colorante alimentare rosso (per depressi impotenti – da notare l’importanza ricorrente della pittura); mescola il tuo sperma all’inchiostro della stilografica (per il blocco dello scrittore – e qui mi viene spontaneo pensare: se ho il blocco del blogger cosa metto, lo sperma sulla tastiera?). Ma tant’è. A parte il folklore JodoSan è illuminante, e usciamo tutti un po’ più arricchiti e parecchio divertiti. E’ già qualcosa, no?

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UN INTERVALLO DURATO CINQUE ANNI

Sarò un puro di cuore, ma a me vedere Biagi che ricomincia dopo un "intervallo durato 5 anni" con il suo Rotocalco Televisivo fa sgorgare la lacrimuccia. Fin dalla sigla (una scheggia di coerenza e serietà televisiva molto pre-1980) RT mette in campo frasi topiche tratte dalla Costituzione. L’effetto è veramente quello di ritrovare un volto amico dopo cinque anni di oscurità intellettuale e culturale. Biagi è anziano, si commuove a ogni piè sospinto e la voce gli trema sempre, come è normale per quello che ormai è il nonno del giornalismo italiano. Ottimo inizio con la puntata speciale sulle resistenze (e grande intervista a Roberto Saviano). Imprescindibile, inossidabile Biagi!

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FAUNI, FANTASY E FASCI

Battere il ferro finché è caldo. Per scacciare la brutta impressione di Eragon, quindi, vedere subito Il labirinto del fauno. E le carte si mescolano, e la concezione del fantasy si ribalta. O forse no. Quanto pensate possa funzionare sulla carta un mix tra un dramma di guerra che vede contrapposti fascisti e partigiani nella Spagna di Franco e un racconto di fate che include antichissimi fauni, banchetti stregati, porte disegnate nei muri e mandragore curative? Un po’ come un terrificante ibrido tra Terra e libertà e Labyrinth, no? E invece Il labirinto del fauno è un film perfettamente coeso, lucido e fantastico dove il punto d’incontro tra la storia e il mito è tutto nella figura della protagonista Ofelia. Per questa bambina il fantasy non è tanto attraverso lo specchio, ma dentro la mente. Il film ci dice brutalmente quello che tanti altri film del genere evitano persino di accennare. Il fantasy è l’ultima risorsa dell’uomo per fuggire da una realtà orribile. E si sa che l’unica fuga possibile dalla realtà è la morte… Spagnolo come non mai, con una fotografia perennemente in bilico tra i colori freddi del fascismo e quelli dorati del mondo delle fate (non a caso Oscar), il film presenta anche creature fantastiche degne dell’immaginario cui ci ha abituato in passato Guillermo Del Toro. Inoltre (cosa assolutamente positiva) il film spesso sembra un anime di Miyazaki trasposto in pellicola: mi riferisco in particolare al senso panico della natura che permea tutte le sequenze in cui Ofelia vaga nei boschi per affrontare le sue tre prove prima della luna piena… Da ragazzini noi si leggeva Beppe Fenoglio e Nuto Revelli. Poi temo che questa abitudine si sia un po’ persa. Ho riflettuto un po’ sull’opportunità di mostrare Il Labirinto del fauno a bambini sotto i 13 anni. Non è certamente un film "facile". Ma in un’epoca di appiattimento verso il basso degli standard narrativi e di memoria selettiva (che di certo non seleziona la resistenza come episodio storico e perché no anche epico), io fossi in voi noleggerei il DVD e lo mostrerei ai vostri bambini nel ponte del 25 aprile. Poi però preparatevi a un sacco di domande sull’origine del male

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