20TH CENTURY WOMEN, FEMMINISMO E PUNK ROCK

Spinto dalla curiosità verso i film e la personalità di Mike Mills dopo aver visto il suo più recente C’mon C’mon, ho deciso di approfondire la sua limitatissima (per numero di film) filmografia. Scoprendo peraltro che Mills è un graphic designer e videomaker oltre che regista e sceneggiatore, e che c’è lui dietro le copertine iconiche e i videoclip degli Air (nonché dietro qualcosa dei Sonic Youth e altri gruppi molto underground).

Questo amore per la musica emerge bene in 20th Century Women (in Italia Le donne della mia vita) uscito nel 2017 e trainato da una Annette Bening in stato di grazia nel ruolo di Dorothea, madre di Mills. Cioè, il film è abbastanza autobiografico (e prima ancora Mills ne ha realizzato un altro sulla figura del padre, altrettanto complessa, che presto vedrò).

Il film in sé è una serie di vignette della Santa Barbara del 1979, in cui imperversavano lo skate e il punk rock, in cui era determinante stabilire se fossi un “art fag” che ascoltava i Talking Heads o un hardcore che ascoltava i Black Flag. La musica è molto ben riprodotta, la scelta dei pezzi non è mai banale (dove altro avete mai sentito Don’t Worry about the Government, dico io).

Jamie, il figlio di Dorothea nel film, è un quindicenne in confusione, che deve trovare la sua direzione. Vive in questa grande casa con la madre divorziata da tempo, Abbie (Greta Gerwig) una affittuaria artista underground e amante del punk con problemi di cancro alla cervice, William (Billy Crudup) un altro affittuario ancora legato alla controcultura hippy incaricato di ristrutturare la casa e Julie (Elle Fanning), l’amica del cuore di Jamie che tutte le notti dorme con lui (lui vorrebbe di più, ma lei lo ha pesantemente friendzonato).

Dorothea ritiene di non capire più o non sapere bene come indirizzare il figlio a diventare un uomo migliore, e assegna ad Abbie e Julie il compito di aiutarla a fare da guida al figlio. Ne risultano pasticci a volte amari, a volte esilaranti nel momento in cui le due ragazze riempiono Jamie di testi femministi della seconda ondata e lui – sinceramente interessato – si ficca in situazioni surreali come fare a pugni con un altro ragazzo sul tema della stimolazione clitoridea.

20th Century Woman è un film strano, ma non strambo in quel modo costruito da formula-sundance. È strano come sarebbero strane le vite normali di tutti noi se fossero rappresentate su schermo. Ed è inquadrato dall’evidente filtro dei ricordi del regista ogni qual volta ci sono stacchi di montaggio un po’ psichedelici, filmati di archivio in stile documentario o brani recitati di libri con in sovraimpressione il riferimento bibliografico (proprio come in C’mon C’mon).

Sono contento di aver scoperto un altro regista molto “nelle mie corde”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.