THE HARBINGER: QUELLO SBAGLIATO, PERÒ

Questo è il secondo film a tema suicidio che vedo nel giro di pochi giorni. Il primo era Smile, e già lì c’era qualcosa di strano. Con The Harbinger andiamo spediti verso la locura. Favorisco il già imbarazzante trailer.

Questa tortura autoinflitta deriva dal fatto che avevo intercettato una recensione dei 400 Calci su The Harbinger (2022) e mi ero segnato il titolo. Poi però loro parlavano di un horror metaforico sul lockdown, mentre il mio The Harbinger (sempre 2022) è un horror per modo di dire su una catena di suicidi misteriosi dove c’entrano il Diavolo e il folklore nativo americano, scritto e girato male e recitato mille volte peggio.

Abbiamo il topos della bambina posseduta che fa brutto, il padre che ha firmato un misterioso contratto con non si sa bene chi (questo per dire che nella prima mezz’ora di film non si capisce un cazzo, ma potrebbe anche essere intrigante se non fosse che sono tutti dei cani maledetti), la madre che non si capisce bene che ruolo abbia in tutto ciò.

Poi c’è la comunità di ficcanaso in cui cominciano a suicidarsi le persone, poi sembra che arrivi lo spiegoneTM, poi non si capisce più un cazzo di nuovo e alla fine parte la locura con Satana in corna e zoccoli, anime di morti nella guerra civile, talismani magici, sacrifici umani, le cavallette. In tutto ciò, la sottotrama della sciamana nativa americana stranamente esperta di esegesi biblica è decisamente qualcosa.

Sembra di vedere un brutto horror anni ’80, tipo un sequel di Phantasm di Coscarelli, per dire, ma senza la deliziosa consapevolezza trash di questi ultimi. Terrificante. E comunque dovrebbero mettere una legge per cui non puoi nello stesso anno intitolare due film esattamente nello stesso modo.

SMILE: SORRIDI E ANNUISCI

Smile di Parker Finn è un thriller con elementi soprannaturali che alla fine vorrebbe essere un horror vero e sbraca, con creature improbabili ed effetti speciali approssimativi. E vabbè, vi ho rovinato il finale. O forse vi ho salvato. Comunque, trailer.

La trama indubbiamente è abbastanza intrigante: la protagonista è una psicoterapeuta che viene a contatto con una sorta di entità malvagia che “sorride” (da cui il titolo del film) e che prende possesso delle persone portandole a suicidarsi in modi fantasiosi e grandguignoleschi. Chi assiste ad uno di questi suicidi viene a sua volta perseguitato dall’entità che “assume le sembianze di amici e conoscenti” facendoti prendere gli spaventoni e dopo 4, massimo 5 giorni entra dentro di te e ti spinge al suicidio creativo. Sempre però avendo cura di farlo davanti ad un testimone, che a sua volta assisterà al suicidio e diventerà la nuova vittima, che vedrà l’entità per 4 o 5 giorni e poi dovrà suicidarsi male… in un ciclo continuo che è già in odore di sequel.

Quello che non è male di questo film è la parte investigativa, sui cold cases rivisitati, e anche la parte psicologica (considerato il mestiere della protagonista) non fa cadere le balle. Dove cade tutto è sulla Creatura MalvagiaTM che sembra uscita da un brutto film anni ’80, non saprei nemmeno descriverla senza scoppiare a ridere. Anche il modo in cui la creatura “prende possesso” del malcapitato è un po’ ridicolo – o meglio, sarebbe figo se alla regia ci fosse Brian Yuzna, per dire. 

Purtroppo quindi Smile resta un horror che non fa paura… e posso apprezzare che non sia l’ennesimo remake, sequel o prequel, ma il fatto che comunque ne genererà non promette nulla di buono.

FORCELLA PARTY TIME

Mixed by Erry di Sidney Sibilia (2023) è il piccolo grande fenomeno commerciale del cinema italiano del momento, prodotto da Groenlandia e Netflix, come anche l’ultimo film di Sibilia sull’Isola delle Rose, a dimostrazione che l’internazionalità e lo stile (due concetti che tornano a mo’ di sfottò nel film) Sibilia e i suoi ce l’hanno di sicuro.

Il film racconta la storia (abbastanza nota ai cinquantenni di tutta italia) dei fratelli Frattasio: Giuseppe, Antonio e soprattutto Enrico/Erry, l’aspirante DJ sognatore che dallo sgabuzzino del negozio di dischi dove fa le pulizie a Forcella comincia a produrre mixtape per la gente del quartiere e a poco a poco costruisce un impero che fa diventare il marchio “Mixed by Erry” la prima casa discografica italiana all’alba degli anni ’90.

Come ha praticamente sempre fatto, anche qui Sibilia racconta il più tipico “sogno italiano”, quello del fuorilegge romantico che si muove ai limiti della legalità e che alla fine (qui già all’inizio) viene fermato dalle forze dell’ordine. Il sogno anarchico e libertario che solletica la pancia di qualsiasi italiano e che trova ovviamente nella Napoli anni ’80 di Maradona e delle guerre di camorra la sua apoteosi, tra whisky falsificato con il tè e cassette duplicate.

Lo stile internazionale (che mancherebbe a Enrico per fare il DJ “serio”) non manca a Sibilia, che – complici attori giovanissimi e tutti perfettamente in parte e un Fabrizio Gifuni da urlo nella parte del CEO bauscia – confeziona una classica gangster story di ascesa e caduta con toni da commedia, senza spargere (troppo) sangue perché in fondo che sarà mai, stiamo parlando solo di contraffazione, mica di omicidi.

Se dovessi trovare un problema al film è che verso la parte centrale confonde un po’ le acque, altalenando un po’ film e riprese d’archivio con l’uso della voce narrante di Enrico (che è simpatico, ma in alcuni casi la scorciatoia dell’odìmo è dietro l’angolo) e calcando un po’ la mano con battute un po’ ovvie sul televideo, la musica latina e via dicendo.

Tutto sommato il film si fa amare, soprattutto perché ha quella patina di nostalgia anni ’80 che fa presa da sempre sul pubblico italiano (e la ricostruzione è perfetta) e ha anche una colonna sonora giustamente da urlo: il brano di Liberato che è anche il tema portante del film lo sto ascoltando a nastro da stanotte).