IL COSTANTE SUCCESSO DI C’È ANCORA DOMANI

C’è ancora domani di Paola Cortellesi sta sbancando sulle piattaforme così come aveva sbancato al botteghino nell’ultimo trimestre 2023. Le ragioni di questo successo per me sono molto chiare

È innegabile che sia un film che coglie pienamente lo spirito del tempo, e non dico solo perché è uscito più o meno in concomitanza del femminicidio di Giulia Cecchettin che ha fatto da “volano” agli incassi (sarebbe ingiusto nei confronti dei meriti del film), ma perché tocca tutta una serie di temi attualissimi (violenza di genere, violenza economica, gender pay gap, patriarcato, relazioni tossiche, familismo amorale) che risuonano con il pubblico.

Visivamente molto interessante nel suo richiamarsi al mélo degli anni ’40 di Raffaello Matarazzo innestando elementi da commedia all’italiana e dal cosiddetto “neorealismo rosa”, il film della Cortellesi è sicuramente un film pop, popolare senza essere nazionalpopolare, postmoderno quanto basta, con diverse ingenuità e sequenze secondo me non molto riuscite che però appartengono, ricordiamoci, ad un’opera prima.

La storia personale si intreccia con la Storia repubblicana, la costruzione del racconto è buona (salvo il pezzo della bomba al bar, assolutamente non preparato e poco credibile), l’uso di una colonna sonora contemporanea a far da contrappunto alle immagini del passato è altalenante (mi sono sembrate un po’ gratuite le sequenze con Concato e Dalla, mentre necessaria alla narrazione quella con Silvestri alla fine). La scelta di innestare elementi di musical soprattutto sulle scene di violenza è un po’ azzardata, molto straniante ma interessante.

Ma C’è ancora domani non è solo un esercizio di stile, ovviamente. Una volta si sarebbe detto che è un film “con un messaggio”. A me non garba molto in generale l’idea di mostrare il passato per parlare del presente perché mi sembra sempre una forzatura. Senza dubbio però, in questo caso, data l’aderenza al modello “di una volta”, Cortellesi è riuscita ad evitare l’effetto fiction RAI che avrebbe funestato una storia simile ma ambientata nel 2023. 

Perché il vero problema è che noi siamo ancora quelli lì, quelli che “i fascisti sì che erano dei signori” e che “le donne le devi menare fortissimo una volta ogni tanto, non sempre”. E infatti il nonno per me è il personaggio chiave del film.

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