VE LO MERITATE, IL CAIMANO

Premetto una cosa: parlando del film Il Caimano di Nanni Moretti non è assolutamente il caso di fare delle valutazioni politiche. Chi ha visto anche solo un altro film di Moretti sa che non avrebbe mai potuto fare un film "alla Michael Moore" o – per rimanere in ambito italiano – alla Viva Zapatero o alla Quando c’era Silvio. Tutti parlano del film "su Berlusconi", quando non si tratta in realtà di lui. Berlusconi è un simbolo sfuggente, non a caso interpretato da attori diversi (Elio de Capitani nell’immaginazione del produttore Silvio Orlando, Michele Placido nel dietro le quinte del "film nel film" e Nanni Moretti stesso nello spezzone del "film nel film" effettivamente realizzato). Di Berlusconi si sa tutto, non c’è bisogno di farci sopra un film (viene detto apertamente nella prima scena in cui Moretti compare, ovviamente cantando un successo degli anni ’60 con il suo proverbiale ghigno sardonico). Piuttosto si può fare un film sul berlusconismo, ovvero su come da circa 30 anni Berlusconi sia diventato l’Italia (o meglio, l’Italia sia diventata Berlusconi). In pratica, nel film di Moretti si dipanano quattro storie parallele: la prima è quella dell’uomo Silvio Orlando, in procinto di divorziare dalla moglie (Margherita Buy) – storia portata avanti con gusto e coerenza narrativa e con ottime prove d’attore. La seconda (con inserti trash-surreali tipo il matrimonio trotzkista) è quella del produttore di b-movies Silvio Orlando, che in crisi economica e creativa butta l’occhio sulla sceneggiatura consegnatagli dalla giovane regista Jasmine Trinca (intitolata appunto "Il Caimano"): qui c’è la nostalgia ironica per il vecchio cinema di genere, la riflessione sullo stato attuale dei teatri di posa (utilizzati solo più per le televendite), la consueta acidità nei confronti dei critici militanti (Tatti Sanguineti e i registi di genere come "anticorpi" al cinema d’autore). La terza è quella tutta mentale di Silvio Orlando che visualizza (grazie al talento di Elio de Capitani e altri attori tra cui il bravissimo Toni Bertorelli) la storia scritta da Jasmine Trinca: qui ci sono le invenzioni visive più memorabili e i tormentoni ("Tutti quei soldi… Da dove vengono?"). Infine c’è la storia della regista Jasmine Trinca e delle sue difficoltà di mettere in scena il suo film: Orlando le permetterà di girarne almeno il finale, in cui si immagina una condanna di Berlusconi e la conseguente guerra civile scatenata a colpi di molotov dai berluscones. Un finale che lascia basiti ma che ha la sua forza nerissima, e che Moretti deve aver goduto tantissimo a girare, per di più nella parte del "cattivo"… In questo mix di storie, immagini e parole c’è anche qualche contraddizione, come è giusto che sia. Sono abbastanza d’accordo con Ghezzi quando dice che Nanni Moretti vuole "resistere" ma in realtà, negli anni, il berlusconismo ha inevitabilmente contagiato anche lui (inteso come un appiattimento dell’invenzione visiva a favore di immagini in un certo senso "preparate" per lo schermo televisivo). Del resto, vedendola in questi termini, Moretti combatte il sistema dal suo interno. In un’epoca in cui il cinema (se lo si guarda) lo si guarda in televisione, tanto vale non farsi scappare il passaggio. E tanto vale andare da Fazio (già mi vedo i puri&duri che lo avranno tacciato di "vendersi") a promuovere il proprio lavoro. Ma per favore, non si dica che il film di Moretti è propaganda. Non c’entra nulla. Tant’è vero che non piace né a destra né a sinistra (se lo si vuole leggere in quel modo) – risultato ovvio del fatto che le critiche di Moretti sono sempre state rivolte sia alla destra, che ha permesso ad un’anomalia come Berlusconi di banalizzare e far incancrenire la propria visione della politica, sia alla sinistra, che non ha saputo fare altro negli anni che farsi ossessionare dal fenomeno Berlusconi. In questo senso Il Caimano è un film su 30 anni di berlusconismo. Se vogliamo, appunto, non ne è immune nemmeno Moretti (solita autoreferenzialità, ripiego sul privato). Non è un attacco diretto, è una constatazione di fatto. L’equivalenza Berlusconi=Italia fa paura, e fa ancora più paura dopo aver visto il film.

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LOSTMANIA: L’INIZIO DELLA FINE

E così alla fine ha preso anche me. La Lost mania finora aveva contagiato solo pochi, selezionati amici satellite e/o ADSL-dipendenti. Confesso che volendo avrei potuto scaricarmi anche io l’intera prima serie (cosa che comunque sto provvedendo a fare mentre scrivo), ma non ne ho mai sentito particolarmente l’esigenza. Poi, cominciano a trasmetterlo in chiaro su Rai 2. Allora penso: maddai, proviamo almeno a vederlo. Per idiosincrasia verso le pubblicità e anche perché Rai 2 a casa mia non si vede un gran che, comincio a scaricare il DivX delle prime due puntate. Tra orsi polari e labrador inquietanti, tra residui drogati del Signore degli Anelli e flashback adrenalinici, tra bestie invisibili che scuotono le palme, messaggi disperati in francese e misteriosi sfregiati che sussurrano viscidamente "Vuoi sapere un segreto?" credo di essere già sulla strada della dipendenza cronica. A occhio e croce è un bell’incrocio tra L’Isola dei Famosi e Il Prigioniero, con una bella spruzzata di Twin Peaks e una punta di Doctor Who. Sicuramente intrigante, vedremo come andrà a finire (ma se sarà troppo cerebrale so già che non riuscirò a seguirlo)…

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EASY RIDER SU VIDEOFONINO

Scoprire che sul mio cellulare di terza generazione, usatissimo per fare quattro cose (telefonare, mandare sms, fare foto stupide e giocare a solitario nei bagni dell’ufficio) è possibile vedere dei film interi non è più di tanto una sorpresa. Constatare che tra un Jumanji e un Last Action Hero, tra un Hitch e uno Spanglish è possibile vedere tutto Easy Rider, beh… quella è una storia molto più acida. Mi immagino nel ruolo di uno yuppie (si dice ancora così?) mentre viaggio su un treno in prima classe, col portatile acceso sull’ennesima presentazione in Powerpoint, annoiato e deluso dalla mia vita manageriale. E’ allora che, guardandomi intorno furtivamente, inserisco l’auricolare e faccio partire Capitan America e Billy the Kid. Goddamn the pusher! Mi spuntano i baffoni, il completo di Hugo Boss diventa uno sdrucito giaccone di pelle (con frange, grazie). L’apoteosi del sogno di libertà ad uso e consumo dei cellulardipendenti. Mi sembra un cortocircuito. No, aspetta… è proprio un cortocircuito! Sta per saltare la cor-

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