APATIA PORTAMI VIA

Se non è la pioggia è il secco, se non è il freddo è la caldazza, sta di fatto che io non riesco a fare altro che vagare come uno zombi in ufficio e passare dal letto al divano alla vasca da bagno quando sono in casa… che apatiaaaaaa!

PRIGIONIERO DI AZKABAN: IL FILM

Quando guardo un film di Harry Potter, la sensazione costante è quella di assistere ad un bignami velocissimo del libro corrispondente. La cosa è straniante, ancora di più per Il Prigioniero di Azkaban, che tra parentesi continua ad essere il mio romanzo preferito della serie. Il film dura 142 minuti, eppure (come sempre) mi alzo borbottando "potevano ben farlo 30-40 minuti più lungo, no?"… Ma questo è un mio problema da potterholic, e non c’entra con la visione degli spettatori che non hanno letto i libri. Di certo PoA anche come film incontra maggiormente il mio gusto: Alfonso Cuaròn ha un’occhio migliore di Columbus, e anche se lo mettono in croce perché Hogwarts è troppo dark o perché i ragazzi vestono da Babbani per metà film (a volte noi fan riusciamo a fare polemiche veramente sterili) direi che ha fatto un ottimo lavoro. L’attenzione al passare delle stagioni vissute sulla pelle del Platano Picchiatore, i momenti di humor ben dosati e non necessariamente idioti (anzi, in certi casi talmente "inglesi" da essere pythoniani), un certo tipo di uso classico delle dissolvenze a iris in apertura e chiusura di scena. E’ ovvio, sempre di più la serie tende a soddisfare il lato visivo (peccato però che per un Dissennatore magnifico ci fosse un lupo mannaro veramente deludente). Il lavoro dei decoratori è ottimo, per non parlare del gioiello grafico della Mappa del Malandrino. Gli attori stessi sono sempre più bravi e hanno raffinato la tecnica. Ma c’è sempre un "ma"… Steve Kloves, uno sceneggiatore peraltro da me venerato, ha questo ingrato compito di sfrondare. Sfronda che ti sfronda, secondo me si è lasciato alle spalle qualche particolare decisamente importante. A parte il fatto che si capisce quanto sia attratto più dal personaggio di Hermione che da quello di Ron (noi del partito di Ron ci opponiamo fieramente a questo affronto!), dov’è finita la fondamentale backstory di Lunastorta, Felpato, Codaliscia e Ramoso? Non mi sembra intelligente omettere il fatto che proprio Lupin, Sirius, Peter Minus e James Potter erano stati i creatori della Mappa del Malandrino! Proteso nella sala buia, aspettavo una domanda del tipo "Professor Lupin, ma lei… come fa a conoscere l’incantesimo per disattivare la mappa?"… Bah! E poi Sirius ha poca umanità: è un personaggio chiave, e gli togli tutte le scene migliori…?!? Come ha fatto a fuggire da Azkaban? Mi domando se chi non ha letto il libro se lo chiede! Perché è un Animagus? Perché non si spiega il motivo della forma a cervo del Patronus di Harry? Queste sono cose abbastanza fondamentali, difficili da ripescare in un prossimo film. Sirius non firma il permesso di Harry per Hogsmeade, non regala Leotordo a Ron. Particolari, certo, ma necessari alla narrazione. Comunque il film è decisamente coinvolgente, anche se come mi capita in questi casi più che guardarlo lo seziono (hehehe). Persino i titoli di coda sono tra i migliori visti ultimamente, animati benissimo e accompagnati da tutti i temi che John Williams ha scritto ex-novo (più dark, a volte medievali, sempre molto evocativi). Quando esco dopo aver visto un film di Harry Potter resta sempre un po’ di magia. Per esempio, uscendo dal garage, ho sentito profumo di gelsomini, ho visto una ragazza seminuda alla finestra e ho attraversato il cavalcavia senza rischiare di essere investito. Sono cose che fanno pensare…

BLUES, JAZZ, ROCK E POP… DA LEGGERE

Durante le giornate in spiaggia ho divorato, con alterne fortune, Blues, Jazz, Rock, Pop. Il Novecento americano di Assante e Castaldo – il volumone Einaudi dell’estate… Posto che le operazioni di questo tipo in genere sono di per sé lacunose, tendenziose, pallose e fumose, devo dare atto ai due amati/odiati critici di La Repubblica che hanno realizzato un’opera divulgativa notevole. Per uno che si comprava a rate le Enciclopedie Rock della Arcana di Bertoncelli e Campo (come me) il volume può anche sembrare fin troppo agile. Ma teniamo presente che si parla solo di musica americana, e qui scatta la novità: dal blues rurale a quello urbano, dal jazz delle big band al be-bop al free, dal rock’n’roll a Woodstock fino a Britney Spears e Justin Timberlake, tutto è adeguatamente raccontato, come in un enorme romanzo storico. Narrato, non catalogato. Questo mi pare il pregio maggiore del libro, che fa scoprire i generi musicali propri del Novecento a chi non vi si è mai avvicinato, e propone curiosi approfondimenti a chi dell’argomento ne sa già qualcosa. Per me, un libro da collezione… e poi è una simpatica lettura estiva!