NESSUN APPIGLIO PER L’IDENTIFICAZIONE

Ho finito stanotte le ultime cinquanta pagine di Noi saremo tutto, l’ultimo romanzo di Valerio Evangelisti. Ammetto che partivo un po’ prevenuto, sapendo che si trattava della storia di un gangster con ambientazione portuale. Da bravo fan di Eymerich diffido dei nuovi personaggi. Ma mi fido ciecamente del talento narrativo di Evangelisti, che infatti non delude assolutamente. Anzi. Mi spingo a dire che Noi saremo tutto è il suo romanzo che mi ha colpito di più dai tempi di Cherudek! Scordatevi la mescolanza di piani temporali di Eymerich, scordatevi il fantastico che irrompe nella storia di Pantera. Eddie Florio, il protagonista di questo romanzo, è qualcosa di più (di peggio) di un antieroe, la categoria di personaggi che Evangelisti sa dipingere così bene. Eddie Florio è il male, è un antagonista assoluto. Schifoso, amorale, vigliacco, untuoso, stupratore, pedofilo, coprofilo, omicida, delatore, spia: sono tutti aggettivi che gli calzano come un guanto. Difficile, quindi, per il lettore, riuscire a trovare un appiglio per l’identificazione. Ed è così che Noi saremo tutto diventa un oggetto da interpretare con distacco quasi brechtiano. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato (e che è fondato su solide basi di ricerca storiografica, come sempre in Evangelisti) eppure un romanzo disturbante, che a tratti vorresti riporre per non doverlo più leggere. Un po’ come American Psycho di Ellis, con il quale condivide il modo di brutalizzare il lettore e di impedirgli una sana e comoda identificazione con il protagonista. Florio attraversa il Novecento come una malattia cronica della Storia. Il bello (o il brutto) è che siamo perfettamente consapevoli che sono i Florio della situazione a mandarla avanti (la storia, e anche la Storia). Sullo sfondo, l’evoluzione della sinistra americana e del movimento operaio e sindacale, dal 1919 al 1959 (e oltre, con propaggine desolata nel 1999). Evangelisti reinventa come sempre dall’interno le convenzioni del genere (stavolta il noir) e spiazza con continue ellissi temporali ed esplosioni di furia cieca. Gli squarci di luce che la narrazione proietta su una vita "in ombra" svelano scene che – decisamente – non sono per tutti gli stomaci. Noi saremo tutto, come ha scritto qualche giornale, è un po’ il C’era una volta in america di Evangelisti. Ma c’è da scommettere che non sarà portato al cinema con facilità…!