LITTLE MISS SUNSHINE, PICCOLE ILLUMINAZIONI

Ci sono quei periodi in cui veramente non ce la fai più. Periodi di sfiga in cui te ne succedono di tutti i colori: anche piccole cose, ma estremamente fastidiose. Sono i periodi in cui magicamente anche i problemi sul lavoro si moltiplicano, le scadenze puntano tutte su un determinato giorno e per di più sei costretto a passare le giornate in interminabili ed inutili riunioni. La congiunzione astrale fa sì che anche la genitrice sia preda di un tornado di ossessioni, disperazioni, depressioni e sensi di colpa di ogni razza e genere. In questi casi cosa fai? Non riesci nemmeno ad alzare la testa, non puoi. L’unica cosa da fare è sorridere e pensare che la vita è così, un tornado che ti sbatacchia da una parte e dall’altra senza alcuna speranza, ma tu la ami perché è vita, e perché ogni tanto il tornado ti porta anche un fiore. Questo è il senso di Little Miss Sunshine, il film che ho appena visto per aiutarmi a sorridere alla vita. Incuriosito anche dai due Oscar, che però (consentitemi) sono i classici Oscar lavacoscienza del tipo “dai, diamo il premio all’outsider che nessuno si aspetta”, un po’ come un premio della critica a Silvestri. Comunque sia, tipica commedia acida e geniale un po’ stile Me, You and Everyone We Know (meno acida) o Sideways (più acida) o Election (più o meno acida uguale). Con una famiglia messa quasi peggio della mia quanto a disfunzionalità: nonno eroinomane e satiro, papà fastidiosamente e fintamente all-american, mamma disperatamente white trash, zio gay studioso di Proust con tendenze suicide, figlio nietszchiano e muto per scelta e figlioletta ancora non (troppo) contaminata dalla follia e dalla vita. Nella struttura del road movie tutti soffrono e tutti gioiscono, qualcuno muore, qualcuno ritrova sé stesso e la bambina riesce a partecipare con un numero (veramente a sorpresa, vale tutto il film) all’orribile concorso “Little Miss Sunshine” e a infilare una scheggia di follia nel cuore marcio della società dello spettacolo. Penso che lo rivedrò anche domani, per evitare Sanremo. Tanto c’è Suz che lo guarda, e mi bastano i suoi reportage… 😛

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