COME HO IMPARATO A NON PREOCCUPARMI E AD AMARE SNAPCHAT

COME HO IMPARATO A NON PREOCCUPARMI E AD AMARE SNAPCHATCome molti quarantenni-e-qualcosa, ho installato la app di Snapchat più per curiosità mediatica che altro. È noto che nella vita di una persona arriva un’età in cui, come diceva Douglas Adams, tutte le innovazioni tecnologiche immesse sul mercato da lì in poi sono “contro l’ordine naturale delle cose“. E Snapchat ha tutte le caratteristiche di uno strumento del demonio. Interfaccia poco comprensibile, curva di apprendimento apparentemente molto lenta, una generalizzata percezione di “strumento che i teenager usano per mandarsi le foto porno che si autodistruggono dopo tre secondi“. Al quarantenne medio rimangono in testa le parole “porno” e “autodistruzione”, et voilà: il giudizio finale (in positivo o in negativo, a seconda di quanto siate attratti dal porno e dai gadget alla James Bond) è servito.

Invece no: il giudizio va rivisto, e vi voglio spiegare perché (mi rivolgo qui ai miei amici matusa, perché ai gggiovani c’è ben poco da spiegare). Ci sono diversi motivi che rendono Snapchat l’applicazione più interessante degli ultimi anni, quella “da tenere d’occhio”. Hanno a che fare con la fruizione dei contenuti, con il futuro del giornalismo, con la percezione del video on line, con la conoscenza del mondo intorno a noi e solo marginalmente con l’evoluzione della comunicazione interpersonale. Ma per capirlo, dobbiamo vedere insieme l’interfaccia di Snapchat, così non avrete più scuse per ignorarlo.

Appena aprite l’app ci troviamo nella finestra di scatto della foto. Si può, ovviamente, scattare una foto usando il pulsante intuitivo in basso. Un tocco scatta, una pressione continua gira un video di massimo 10 secondi. In alto a sinistra il controllo del flash, mentre in alto a destra l’icona della fotocamera permette di passare dall’obiettivo posteriore a quello frontale, per decidere se scattare o meno un selfie (scusate, lo so che ai quarantenni la parola selfie causa un rientro automatico della testa tra le spalle, ma dobbiamo accettarla, almeno in questo contesto). Se si decide per il selfie, un tocco prolungato sulla vostra facciona attiverà il riconoscimento 3D di Snapchat e vi verrà mostrata in basso una serie di “filtri” tra cui scegliere per truccarvi da zombie, da unicorno che vomita arcobaleni, da alieno con gli occhi a palla e via dicendo. Qualunque foto abbiate scattato – un selfie normale, un selfie “potenziato” in 3D, una foto di ambiente – approderete ad una schermata di controllo sulla foto stessa.

Qui potreste scorrere il dito a destra o a sinistra per applicare qualche filtro sui colori (stile Instagram) o qualche disegno predefinito (es. indicazioni di data, temperatura, o un “tag grafico” della vostra città). Oppure potete usare uno dei tre tasti in alto per:

  • aggiungere un emoji ingrandibile e posizionabile in un qualsiasi punto della foto (sui video è molto interessante perché si può posizionare “agganciandolo” a determinati oggetti)
  • aggiungere del testo (tipicamente su Snapchat il testo è una semplice frase di massimo due righe, o – se toccate un altra volta il tasto “T” – un testo più personalizzabile in colore, dimensione e posizione)
  • aggiungere dei disegni tracciati col dito sulla foto stessa (personalizzando il colore).

Altrettanto importanti i tre tasti in basso a sinistra, che permettono di: impostare il tempo di autodistruzione (default 3 secondi), salvare l’immagine nel proprio album foto su smartphone, aggiungere la foto (o il video) a “La mia storia” (ci arriviamo tra poco, giuro). L’ultimo tasto in basso a destra, quella freccia animata, serve per mandare la vostra foto direttamente ad uno dei vostri contatti di Snapchat.

[A margine, se siete di quelli che cercano in Snapchat essenzialmente l’ultimo ritrovato alla moda per mandare i selfie agli amici, vi dirotterei su questo ottimo tutorial di Salvatore Aranzulla che spiega tutto, anche il temibile uso degli screenshot che sono un po’ lo “specchio riflesso senza ritorno” del concetto di autodistruzione.]

Fino a qui tutto bene? OK. In fondo le funzioni descritte finora sono uno strano mix tra Instagram, Vine, MSQRD e l’aggiunta di foto su Facebook, tutte racchiuse in un’interfaccia mimimal. Vi sarete resi conto, però, che ho tralasciato tre tastini fondamentali nella schermata di scatto della foto. Il fantasmino in alto al centro e i quadratini di notifica in basso, a destra e a sinistra del pulsante di scatto.

Il fantasmino – che è anche il logo di Snapchat – apre la schermata di configurazione più prettamente “social”, dove impostare il nostro Snapcode (un simpatico selfie animato in timelapse dietro la maschera del fantasmino), vedere chi ci ha aggiunto come amico, aggiungere noi stessi gli amici, vedere la rubrica contatti e perché no controllare i nostri “trofei” (icona della coppa in alto al centro). Il quadratino di notifica in basso a sinistra, invece, ci porta alle funzioni di chat – l’unica schermata veramente intitolata “snapchat”, invero –  in cui interagire con qualcuno dei nostri contatti inviando chat testuali, video, fotografie, emoji o chiamandoli al telefono via VOIP. Tutto molto bello, se non fosse che queste funzioni le avete già su Facebook Messenger, Whatsapp, Telegram, Skype (se lo usate ancora). Inoltre anche le chat si autodistruggono e non sembra esistere uno storico.

Se mi avete faticosamente seguito fin qui, vuol dire che siete di quelli che vogliono veramente capire, e quindi arriviamo insieme al cuore di Snapchat, e al motivo per cui questa diventerà presto l’app su cui passerete i vostri 30 minuti di smartphone-dipendenza quotidiani. Parlo del quadratino di notifica in basso a destra, che ci porta nella sezione “Storie”. Le “Storie” di Snapchat ridefiniscono il modo in cui guardiamo i video, leggiamo le notizie, seguiamo le vite degli amici, scopriamo cose. In questa schermata troviamo prima di tutto “La mia storia”: questa sezione si autodistrugge ogni 24 ore e comprende tutte le foto e i video che abbiamo deciso di aggiungere a “La mia storia” (ricordate, poco sopra?). Possiamo vederla noi come possono vederla tutti i nostri amici, che sulla base dei nostri clip possono decidere di inviarci una chat. In fondo troviamo le storie dei nostri amici, organizzate esattamente come la nostra.

Ma, al centro, troviamo “Discover” e “Live”: le due funzioni che per il quarantenne medio che si occupa di comunicazione on line, di video, di fotografia e di giornalismo 3.0 veramente spaccano.

In “Discover”, una serie di editori che dovrebbero farvi squillare più di un campanello (Buzzfeed, Mashable, Vice, Vox, ma anche Cosmopolitan, People, National Geographic, CNN, MTV, Daily Mail) propongono contenuti ritagliati apposta per Snapchat. Come? Semplice: alternando immagini e video di 10 secondi a tutto schermo con scritte animate in sovraimpressione, scorribili dall’utente con il dito (a sinistra e a destra cambi articolo, dal basso in alto approfondisci e leggi il pezzo). Non si tratta sempre di articoli brevi, ma si tratta sempre di articoli “virali”, o di brevi stacchi – pubblicitari e non – animati allo stesso modo (e salvabili su rullino foto, come fossero un contenuto prodotto da noi). In “Live”, invece, troviamo una selezione tematica che cambia di giorno in giorno di contributi video realizzati da utenti Snapchat e “curati” dal team stesso di Snapchat, che aggrega i contenuti in base alla località o a specifici temi di attualità: per farvi un esempio, oggi è disponibile un montaggio di una serie di video girati a Lagos in Nigeria che presentano la città, le attività commerciali e la vita quotidiana dei nigeriani con riprese fatte da dentro un taxi, nei negozi, con la voce diretta dei cittadini.

Ancora una volta potreste dire: nulla che non avessi già su Flipboard, Feedly, Periscope, Facebook Live. Sì e no.

Dato che siamo arrivati alla fine della semplice descrizione dell’interfaccia, vediamo insieme perché Snapchat ha tutta questa importanza. Intanto abbiamo citato già un buon numero di app che Snapchat frulla, rimastica e ripropone in un ambito esclusivamente mobile. Ricordiamoci infatti che da Instagram in poi, le app che fanno più successo sono quelle che nascono su smartphone e non escono da quell’ambito. Snapchat non ha una sua interfaccia web. Diamo due numeri (prendeteli con le pinze, come tutti i numeri): Facebook ha oltre un miliardo di utenti attivi al giorno, Snapchat 100 milioni. Ma Facebook (che pure punta moltissimo sul video, che è il vero driver della comunicazione on line oggi) ha “solo” 8 miliardi di visualizzazioni video al giorno, superato da Snapchat che ne conta 10 miliardi al giorno.

Facebook sta rivoluzionando il giornalismo on line con i suoi Instant Articles, ma sempre di giornalismo tradizionale si tratta. Snapchat promuove il “nuovo” tipo di informazione multimediale e nativamente mobile che proprio Buzzfeed – uno dei primi player a saltare sul treno del fantasmino – incarna tra critiche (aperte) ed elogi (nascosti: trovatemi un caporedattore che in segreto non infierisca sui suoi sottoposti chiedendo contenuti analoghi alla famigerata anguria con gli elastici). Sicuro, possiamo etichettarla come informazione per adolescenti, a basso livello di approfondimento (ma non è poi così vero). Però rappresenta un segnale forte per capire dove sta andando una parte di giornalismo. Quello che mi prefiguro è una polarizzazione sempre più netta tra il giornalismo stile Snapchat da un lato e l’approfondimento “serio” dall’altra, con la palude degli Instant Articles pescati dalle redazioni on line a fare da indistinto “giusto mezzo”.

Un’altra riflessione obbligatoria è quella sul formato dei video on line. Da quando esistono gli smartphone, quelli che riprendevano i video con il cellulare in verticale erano considerati dei poveracci, dei minus habens. Era ovvio (lo è tuttora, per noi matusa) che il formato corretto di un video dovesse essere quello orizzontale, preferibilmente in 16:9, le giuste proporzioni per rivedere lo stesso video sul cellulare ruotato, sul PC, in televisione, su YouTube, su qualunque device. Snapchat ribalta totalmente la prospettiva (è proprio il caso di dirlo) e forte dei suoi numeri legittima il formato verticale aborrito da tutti i puristi del video. Fabrizio Ulisse fa un’ottima e condivisibile analisi di questo fenomeno, legato ovviamente alla pervasiva diffusione dello smartphone come unico strumento di entertainment quotidiano.

L’ultimo pensiero va al modello di interazione sociale che Snapchat propone. Gli altri social media propongono timeline, diari, archivi, album, la metafora della conservazione. Snapchat – che, lo avrete capito, NON è precisamente un social media – propone il nulla. Il timer che controlla l’autodistruzione delle chat, dei video, delle foto, delle storie è la metafora dell’effimero, e anche in questo caso siamo di fronte a un ribaltamento del paradigma. Snapchat sta a Facebook come Spotify sta ad iTunes, come Netflix sta al media server che gestisce i miei film e serie TV scaricate. Stiamo passando dall’archivio digitale, dalla cura del passato, al presente costante. Snapchat è zen. Se accettiamo (e dobbiamo accettare) l’assunto di Mafe De Baggis che sta in quell’articolo che ho linkato all’inizio, e cioè che dobbiamo tutti superare il dualismo reale/virtuale, e capiamo che i social media sono in un certo senso almeno per alcuni uno strumento di “costruzione del sé”, diventa chiaro come Snapchat sia lo strumento migliore per “stare nel flusso”.

Poi certo, su Facebook ci sono tutti i miei amici, su Snapchat no.
Su Feedly leggo tutte le mie fonti, su Snapchat no.
Su YouTube vedo i video lunghi, su Snapchat no. Eppure…. Tenetelo d’occhio.
Con moderazione, però, perché come app ha un lato oscuro che può dare fastidio: è devastante per la batteria del vostro cellulare.

AGGIORNAMENTO DEL 19 LUGLIO 2016
Snapchat non è più tanto zen: ha aggiunto una sezione “Ricordi” in cui è possibile salvare i propri Snap per conservarli e mostrarli agli amici… a futura memoria. Anche il fantasmino, quindi, ha in un certo senso ceduto alla mania archivistica della società dei matusa. Colpa del governo Renzi? Colpa dei rettiliani? Più probabilmente colpa di un’indole cerchiobottista che purtroppo risulta indispensabile per massimizzare il successo. Vedremo cosa succederà ancora nel prossimo futuro.

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