COME DIFENDERSI DALL’EFFETTO PEYOTE

Dice che sale come l’effetto del peyote. A tratti, quando non te lo aspetti più. Mentre lavori, o quando ti svegli, o quando stai facendo qualcosa che magari non c’entra nulla. Il peyote, tanto per dire, è una cosa che mi affascina ma mi fa paura. C’è qualcosa di veramente autodistruttivo nell’idea che di punto in bianco vai fuori anche mesi dopo che l’hai preso. La stessa cosa con l’angoscia e la depressione. Salgono a momenti. E si vede un casino. Vedo i miei amici e penso ai bioritmi, quelle simpatiche onde che rappresentano l’andamento delle facoltà fisiche, emotive, intellettuali e di intuizione. Ho persino la sveglia coi bioritmi, io. Li guardo una volta ogni morte di papa, ma son simpatici. Ecco, ci sono io, coi bioritmi completamente sotto zero, in tutte le manifestazioni intellettive emotive e fisiche. C’è l’amico coi bioritmi tutti su, al picco massimo della zona positiva. E c’è l’amico che ha i bioritmi tutti intersecati con la linea mediana, quella di passaggio dal positivo al negativo (o viceversa), quel punto che lo studio dei bioritmi definisce "crisi". Una complementarità curiosa, direi. Peraltro, ho capito che non serve più la corazza. In effetti non mi devo più difendere dalle mazzate che arrivano dall’esterno. Dovrei difendermi dall’effetto peyote, ma mi devo ancora attrezzare.

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