DUE SUPEREROI E UN HORROR (PER TACER DEGLI SCOIATTOLI)

Ogni mese è sempre più una fatica. Una fatica immane. Riuscire a vedere qualche film, dico. A maggio quasi ogni sera ha funzionato così: 10 minuti netti di audiovisivo e poi occhi sversi, bava alla bocca e coma sul divano. Però ce l’ho fatta a vedere qualcosa, PERSINO in sala. Un grande traguardo. Perciò, andiamo a incominciare.

THE BATMAN (Matt Reeves, 2022)

The Batman, il nuovo Batman, con R-Patz, diretto da Matt Reeves. Non volevo (perché un po’ già sapevo), ma alla fine mi sono sottoposto a quelle tre ore di notte, pioggia e voice over. Con tutto che a me Pattinson piace e lo considero uno dei migliori attori della sua generazione. Ma tant’è. Questo The Batman è stato accolto o come un capolavoro o come un film inutile. Io propendo per… una via di mezzo. I film brutti sono altri, Matt Reeves ci ha messo tutto il suo impegno, la storia è complessa senza essere incomprensibile, la fotografia notturna tutta nera e arancione dà la cosiddetta “cifra stilistica” al film (anche se diobono, sembra di vedere The Crow, e più volte scatta il sospetto che come Joker voleva essere un tributo agli anni ’70, The Batman voglia richiamare gli anni ’90 in ogni inquadratura). Molto elogiata anche la musica di Michael Giacchino che a me però sembra sempre uno spinoff del tema della marcia imperiale di Star Wars. C’è un villain di spessore anche se poco utilizzato per tre quarti di film (il disturbante Enigmista di Paul Dano). Ci sono almeno un paio di scene iconiche (il finale dell’inseguimento col Pinguino, il combattimento al buio illuminato solo dagli spari, il Batman col costume da petauro*), ma… non basta. Se già il continuo richiamo all’estetica nineties dopo un po’ ha rotto la palle, il grosso problema, non so nemmeno bene come metterlo giù, è che non te ne frega un cazzo dei personaggi. Appaiono tutti come figurine bidimensionali, opache, che parlano e parlano (perché per fare un film di quasi tre ore devi alternare qualcosa alle mazzate) e alla fine ti fanno venire un sonno della madonna. Ecco, forse è solo questo. Superficialità assoluta.

X (Ti West, 2022)

X è l’horror che vogliamo. Pochi jump scares, una costruzione lenta, spiraleggiante, ma con la consapevolezza che moriranno tutti o quasi (le prime inquadrature ci mostrano già la fine, una sorta di macello sanguinolento scoperto dalla polizia), un terzo atto follemente sopra le righe. Ti West riprende in modo abbastanza filologico la lezione di Tobe Hooper e manda sei ragazzi che devono girare un porno nel 1979 in una cascina sperduta di proprietà di due vecchi ultra-creepy. Si capisce fin dall’inizio che finirà malissimo, ma la cosa super inquietante è lo sdoppiamento di Mia Goth, qui protagonista sia nel ruolo di vittima che di carnefice (dopo probabilmente quindici ore di trucco invecchiante). Già, perché il motore di tutta la questione è la follia della vecchiaia e la gelosia bruciante del corpo giovane, perfettamente rappresentata dalla sequenza più da brivido del film, in cui le due donne – la giovane pornostar Maxine e la vecchia Pearl – sono nel letto insieme. Non vorrei dire nulla di più perché X va assolutamente visto senza troppe informazioni. Nulla di trascendentale, ma io l’ho trovato molto azzeccato.

JUNIOR (Julia Ducournau, 2011)

Cortometraggio opera prima di Julia Ducournau, con la stessa attrice che in seguito ha fatto Raw (Garance Marillier), Junior è un concentrato di body horror sul passaggio dalla pubertà all’adolescenza. Una piccola storia di formazione a base di fluidi corporei, lacerazioni, ormoni, bullismo scolastico e primi baci. Come sempre, per stomaci forti. Sta su Mubi, per chi lo volesse vedere.

CHARADE (Stanley Donen, 1963)

Passa per essere “il miglior film di Hitchcock che Hitchcock non ha mai realizzato”… e io non lo avevo mai visto finora (grazie, Mubi)! Il film (di Stanley Donen) è del 1963. La Hollywood dei tempi d’oro sta tramontando, Kennedy è già morto, la nouvelle vague imperversa e Cary Grant sembra un monolitico reperto di un’era precedente. Eppure, ragazzi, i dialoghi scoppiettanti da screwball comedy, i vestiti di Givenchy, la colonna sonora di Henry Mancini, una Audrey Hepburn obliqua e non conforme ai soliti ruoli in cui tutti siamo abituati a vederla, Walther Matthau in un ruolo super ambiguo… che gran divertimento è questo film! Esplosioni di violenza impensabili all’interno di un frame da commedia sofisticata, colpi di scena che non vi sto a dire perché – ovviamente – non sono per nulla telefonati… Insomma, uno degli ultimi grandi film “classici” che vale la pena aver visto, e finalmente posso dire di averlo visto anche io.

DOCTOR STRANGE IN THE MULTIVERSE OF MADNESS (Sam Raimi, 2022)

Cosa posso dire che non sia già stato detto di Dr. Strange and the Multiverse of Madness? Che è un film di Sam Raimi, che pur tentando (lui) di “scomparire” nel classico canovaccio Marvel emerge pienamente qua e là con scene più o meno horror e personaggi più o meno “alla Evil Dead”. Che è intrigante il contrasto tra lui e Wanda Maximoff (pressoché obbligatorio aver visto almeno WandaVision prima del film), un’antagonista non bidimensionale (anzi, multidimensionale haha). Che ci sono un sacco di easter egg tra cui la comparsa di Mr. Fantastic, l’apparizione di Clea e il ritorno di Charles Xavier, solo per dirne tre. Che la giovane protagonista America Chavez è adorabile e l’interprete Xochitl Gomez tiene testa a Benedict Cumberbatch (anche in termini di impronunciabilità del nome). Che il Dr. Strange zombie è fichissimo. Che è meglio se non ci portate i bambini.

CHIP ‘N DALE: RESCUE RANGERS (Akiva Schaffer, 2022)

È difficile fare questo tipo di film. La pietra di paragone insuperabile resta sempre Roger Rabbit. Ma Chip ’n Dale Rescue Rangers ci riesce bene non cadendo nella trappola Space Jam. Siamo dalle parti di Detective Pikachu, e insomma, almeno c’è un esile canovaccio noir che spinge avanti la storia. Là era il mondo dei pokémon che si mischiava con quello degli umani. Qui è un gran casino di umani, cartoni tradìzionali, CGI, stop motion e pupazzi. Nonostante sulla carta possa sembrare una produzione senza senso, il film è godibile da grandi e piccini, è ricco di citazioni e strizzate d’occhio e presenta un villain assolutamente inedito (Sweet Pete è un Peter Pan cresciuto, ingrassato e incattivito che ha avviato una carriera nella produzione di film animati pirata). La trama prosegue come un buddy movie mentre Cip e Ciop (quest’ultimo ha fatto “l’intervento per la CGI”) devono ritrovarsi dopo aver vissuto per anni vite separate a seguito della chiusura della serie anni ‘90 in cui lavoravano (Chip ’n Dale Rescue Rangers, per l’appunto, anche quella come questo film disponibile su Disney+). Io lo consiglierei però in lingua originale (la maggior parte delle battute mi pare intraducibile e le voci sono interessanti: Seth Rogen, JK Simmons, Andy Samberg).