CHINATOWN BLUES (IL DURO DEL TAKE AWAY)

Sbuffi di vapore dalla bocca. I giorni più freddi dell’anno. I giorni peggiori per questo tipo di affari.
Solo Tom Waits per riscaldarmi le orecchie con un massaggio ruvido.
Il posto non è lontano, ma sembra un’eternità che metto un passo davanti all’altro. Niente macchina, certo. Mantenere un profilo basso.
Ripercorro con la mente ogni singolo momento che mi ha portato a questo.
E’ una questione di necessità. Quando arrivi a non avere più nulla, puoi accettare qualsiasi cosa.
Ecco, è qui a destra. Poi nel vicolo. Se possibile il gelo è aumentato. Cerco di sfuggire alla luce cruda dei lampioni, di evitare i fari delle rare macchine che passano. Profilo basso. In questo quartiere c’è poco da scherzare.
Inosservato, apro la porta del locale. Il cinese è là, in fondo, dietro una cortina di birre. Gli occhi fissi su qualche spazzatura televisiva. Finge di non notarmi.
Poi, senza staccare lo sguardo dallo schermo:
Sei tu?
– Sì. Ti hanno avvertito.
Non è una cosa immediata.
Il suo italiano è quasi perfetto, ma va a singhiozzo, come una voce in una rete senza campo.
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4 risposte a “CHINATOWN BLUES (IL DURO DEL TAKE AWAY)”

  1. 😀 mi diletterei a scrivere un romanzo, ma non ho la necessaria costanza quindi mi limito a trasfigurare quando capita la realtà quotidiana. L’idea se riesco è di fare una serie di post alla calvin e hobbes, non so se mi spiego. con Calvin(io) che si fa i film più assurdi e poi arriva la madre o il padre e vien fuori che era una situazione normalissima

  2. Molto carina, all’inizio il mio pensiero è stato: “Ha una malattia grave e sta andando dal medico” poi ho pensato ” SI diletta a scrivere storie brevi?” alla fine ho pensato: ” Come trasformare un viaggio al ristorante cinese teke away in un affare di mafia”

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