SIAMO UNA SETTA DI GEEK AUTOREFERENZIALI?

Di recente leggo su blog di amici e conoscenti un buon numero di considerazioni sul "pericolo autoreferenzialità" di tutte le iniziative sociali legate ai fenomeni più evidenti del web 2.0. In sintesi, mi pare che il punto sia: "stiamo diventando una setta di geek che se le suona e se le canta in totale autonomia e isolamento dal mondo reale", laddove il mondo reale molto spesso non ha idea che esistano i blog, i wiki, Flickr, LinkedIn, le reti sociali, le licenze Creative Commons, Technorati, Ruby on Rails, AJAX, i BarCamp, etc. O meglio, ne ha idea nel momento in cui questi fenomeni "emergono" (nel bene e nel male) sui media tradizionali – ma tornerò più avanti su questo. Ora, mi concentrerei sul concetto di autoreferenzialità che spesso ricorre nelle discussioni sui blog. Se proprio vogliamo essere precisi, un blog autoreferenziale non è un blog che parla di me o dei fatti miei: è un blog che parla di blog. E ci sono blog autoreferenziali di tutto rispetto, come quello (purtroppo chiuso, i neofiti lo apprezzavano molto) di Sergio, quello di Andrea o quello di Giuseppe. Una volta che è stata fatta la scelta (un blog che parla di blogging), va da sé che il risultato è coerente con gli obiettivi. Ma chi leggerà questi blog? I geek ossessionati dai social network i quali, pur essendo l’argomento di notevole interesse generale e – appunto – sociale, sono comunque relativamente pochi. Poi va considerato come ognuno vede il proprio spazio di blogging: io ad esempio non mi azzardo quasi mai a spingermi su questo terreno di riflessione e se lo faccio uso lo spazio dei commenti dei suddetti blog "tematici". Altrimenti mi sembrerebbe (come forse è in questo caso) di scrivere veramente post autoreferenziali. Il problema è diventato più sentito dopo i primi BarCamp, che hanno raccolto entusiastiche adesioni di… un buon numero di geek affascinati dalle mille facce del web 2.0! Nulla di male, almeno ci si conosce tra di noi e si sperimentano quelle carrambate tipo "Maddai, tu sei [nickname]? Finalmente ci conosciamo di persona!"… Peccato però che alla fine, riflettendo a freddo, venga fuori il tipico senso di colpa: al BarCamp c’eravamo solo noi, non c’era nessun "curioso", nessun non-geek, nessun "uomo della strada". Ma non si può avere tutto da un BarCamp: ditemi chi ha voglia di uscire di casa per andare a sentire un gruppo di geek che si parla addosso? A parte gli scherzi, il concetto di BarCamp è eccezionale, il BarCamp divulga ma divulga tecnico e divulga ai già "iniziati". Buona la proposta di Axell che per fare proselitismo, per raggiungere quella che si definisce la "massa critica" degli utenti di reti sociali in Italia, suggerisce di trascinare gli ignari (e gli ignavi) ai vari BarCamp con la promessa che si parlerà anche di argomenti non iniziatici, ma alla fine, secondo me, poco fattibile. Basti dire che il 60% dei lettori di questo blog avrà saltato a piè pari il post perché comprende parole esoteriche come "geek", "BarCamp", "social network" e "massa critica". La gente usa le applicazioni che le fanno comodo nel determinato momento (Flickr, Wikipedia, Twitter, YouTube), senza porsi troppo il problema del loro senso o del loro contesto d’uso. Certo, ci sono blogger influenti (almeno, influenti su di me) ma la loro influenza è limitata a chi legge effettivamente il loro blog, in un circolo vizioso difficile da rompere. Se veramente vogliamo diffondere il verbo, l’unica è comparire in televisione o gestire rubriche su settimanali e quotidiani "nazionalpopolari". Che io divulghi determinati concetti su una testata "tecnologica" non ha alcun senso per il lettore medio. Se invece riesco a parlare di certe cose in un programma TV seguito, la cosa è molto differente. Pensiamo al caso YouTube: tra le varie applicazioni cosiddette 2.0 è la più nota al pubblico, soltanto a causa del video dei liceali che picchiavano il compagno disabile (ovvio: le nuove tecnologie nei vecchi media sono sempre viste come il demonio). Qualcuno spiegherà mai in TV le vere potenzialità di YouTube? Ehm, forse ho scelto il caso sbagliato… :-)) Ad ogni modo, questa può anche essere una provocazione (o un "meme" – ma eviterei di continuare a usare questo gergo geek se vogliamo farci capire da tutti), però alla fine io la vedo così: non è questione di codice o messaggio, è soltanto un problema di canale… tanto per fare una bella semplificazione jakobsoniana!

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: blog, wiki, barcamp, media, divulgazione, geek, autoreferenzialità, web_2.0

10 risposte a “SIAMO UNA SETTA DI GEEK AUTOREFERENZIALI?”

  1. A proposito ora al Poli oltre agli anglicismi è arrivata anche la gnocca.:))

    AlbertoB

  2. Perfettamente giusto, e in linea anche con Axell. Ottimo spunto da cui partire soprattutto la frase “a me interessa quello che è utile”. Non pensare più in termini di “condivisione della conoscenza” o di “tecnologie innovative” (che a noi sembrano i punti chiave a seconda se veniamo da facoltà umanistiche o scientifiche) ma di “criteri di utilità”. Guarda che è grandiosa la frase che hai buttato lì per caso. Allora se vogliamo ci sono servizi utili a tutti (Wikipedia ad es.), servizi utili a fasce specifiche di utenti (Flickr o YouTube per chi è un fanatico di fotocamere o videocamere) e servizi pressoché inutili o solo “divertenti” (Twitter, WAYN, etc). Peraltro WAYN me lo ero completamente dimenticato, ormai siamo invasi dal 2.0 ovunque ti giri e secondo me occorre scremare (ma questa è un’altra storia).

    Sul geek te la passo, ma era + che altro per ridere e fare “il post autoreferenziale” che castiga ridendo i costumi.

    Comunque anche “I fissati 2.0” è bello, anzi potrebbe essere il nome di una band… Fissati 2.0!

  3. Mi verrebbe da dire: Wikipedia è rock Twitter è lento. Flickr è rock, mettere duecentocinquanta tag per ogni foto è lento. A me interessa quello che è utile. Ma robe tipo WAYN o altre che mi hai girato, io sinceramente non le capisco. E ancora, sempre nell’ottica dell’evangelizzazione, perchè invece che scrivere geek e poi aggiungere un collegamento a Wikipedia non metti “tutti noi fissati (quelli che in gergo chiamano geek)”. Mi pare che ci sia troppa voglia in giro di parlarsi addosso giusto per ascoltare come risuonano certe parole. Oh ma del resto niente di nuovo sotto il sole, se già il mitico Gianluigi Beccaria parlava nel 1992 di LINGUAGGI SETTORIALI.

  4. Alberto, la tua traduzione è evocativa ancorché inesatta… comunque i nerd sono loro… spesso hanno i dentoni! Però i geek non sono quasi mai nerd, anche se è vero che tutti i nerd di solito sono anche geek! :-DDD

  5. mmm sì… potrei fare un post, ma di sicuro non lo leggerebbe il gagnu o il guidatore dell’autobus… per fare questo dovrei salire sull’autobus, beccare il ragazzino o il guidatore e parlargli di youtube. Ammesso che abbiano voglia di starmi a sentire…

  6. Acc… Cosa cavolo sono i nerds? Ho studiato al Politecnico negli anni 80 ma non ho mai sentito parlare di questo popolo, forse è stato introdotto dopo. Quelli che parlavano sempre di Ram e di Rom li chiamavamo i “dentoni”… Gli anglicismi all’epoca erano meno diffusi.

    AlbertoB

  7. Iniziamo a parlare con semplicità e dedichiamo del tempo anche ai non geek.

    Se no, siamo in un mondo di fumo…

    Axell

    Fai un bel post spiegando cosa è YouTube… al tuo fratellino o al guidatore dell’autobus…

    Ax

  8. Ecco, ma visto che sei un “evangelizzabile”, dimmi: alla fin fine ti interesserebbe capire un po’ di più il senso di questo mondo o te ne fotti e vivi benissimo lo stesso? Perché mi pare che il punto alla fine sia quello :-))

  9. Concordo in pieno con il tuo post: leggendolo rimane la sensazione che ve la suonate e ve la cantate. Geek, barcamp, podcastare…non sò. La sottile irritazione sotto pelle che sento mi ricorda i nerds che vedevo salire sul tram alla fermata del Politecnico di Torino: ingegneri con l’ormone a palla che sublimavano l’assenza totale di gnocca contandosela su quanti mega di ram avevano i loro pc o delle strabilianti novità dell’ultimo Windows. Solo che loro se la contavano tra loro su un tram, mentre gli esperti di WEB 2.0 affittano strutture apposite per conferenziare e contarsela. Però penso anche che ognuno di noi ha bisogno di trovare un posto nella società. Poter dire “sono un esperto web” significa dare un senso alla propria vita e concretizzare una passione che si è sempre coltivata per il web. Da lì a parlare di divulgazione però siamo ancora lontani. Ma poi non è manco colpa vostra santo Dio: è che vivete una realtà che non è quella del 90% delle persone medie. Quanti hanno tempo di giocare con Twitter, di mettere le foto su Flickr con scrupolo maniacale per i tag? La risposta è pochi. Sono giochini, a volte utili a volte meno, che fanno pensare alle pippe mentali di certi critici cinematografici che parlano dei film, in modo incomprensibile ai più.

  10. Vorrei aggiungere che conosco un blogger che parla di web 2.0 su una nota rivista nazionale dedicata a ragazzi tra i 6 e i 12 anni… Quella è divulgazione come la intendo io. Ma che lo dico affà, quelli sono il futuro del mondo… e come disse qualcuno su un commento a un qualche post che ora non ritrovo, per loro tutto il mondo che noi studiamo con passione è parte naturale della vita come per noi la televisione, le automobili o il camembert…!

    P.S.: me le scrivo e me le commento da solo… Gosh, quanto sono autoreferenziale! :-DD

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