GHOSTFACE SI FA NEW YORK

Avete già visto Scream VI? O come viene astutamente presentato “SCREAIVI“? (Che poi è l’unica cosa originale del film, questa idea grafica così intrigante). Ecco, se lo avete già visto perché non mi avete detto che era assolutamente dimenticabile? Perché io confesso che dal trailer un po’ ero intrigato…

Scream V (SCREAV?) era figo, diciamocelo. Rivitalizzava una saga che non aveva bisogno di essere rivitalizzata ma insomma, aveva i suoi buoni momenti. Mescolava personaggi “storici” (quelli che nel delirio metacinematografico di Scream chiamano i legacy characters) con quelli nuovi, si permetteva di far fuori uno dei personaggi più amati e stabiliva le regole del requel (remake + sequel).

Bisogna battere il ferro finché è caldo, avranno pensato i malcapitati successori dell’immenso Wes Craven, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett. E bisogna richiamare tutti gli attori cani maledetti dell’anno prima (cui nessuno si era veramente affezionato) e soprattutto bisogna dare più spazio a Jenna Ortega dato l’improvviso successo di Wednesday.

Ovviamente ne approfittano per dettare “le regole della saga horror“, ma non c’è più nulla di nuovo per nessuno. Dal punto di vista dei practical effects, gli omicidi di Ghostface sono sanguinosissimi e violenti e l’opening con Samara Weaving e Tony Revolori è la cosa migliore del film – pur essendo la solita variazione sul tema di “qual è il tuo horror preferito”.

Per il resto, si passa da un agguato all’altro con scarso interesse, sappiamo che tutti sono sacrificabili eppure alla fine sono rimasti tutti vivi (almeno, i 4 di Woodsboro), segno che veramente stavolta hanno deciso di ribaltare le aspettative, e la motivazione dei killer (ovviamente più d’uno) è quantomai bizantina, sempre più simile alle agnizioni un tanto al chilo delle soap opera anni ’80.

Insomma, io la chiuderei qua. La saga, intendo.

PADRE AMORTH A FUMETTI

The Pope’s Exorcist di Julius Avery comincia con Russell Crowe nella parte di padre Gabriele Amorth, l’esorcista più famoso del west, che performa un esorcismo a Tropea nel 1987, parlando un italiano un po’ così e sfidando il demonio a possedere un maiale bellissimo invece del ragazzo calabrese che aveva preso.

Subito dopo questo cold open che ci dimostra che Amorth sa il fatto suo e piglia Satana a calci in culo, parte She Sells Sanctuary dei Cult. Voi capirete che dopo questi primi 10-15 minuti io mi vedrei tipo 10 film con le avventure di padre Amorth: per quanto sia ancora convinto che questo sarebbe stato un ruolo perfetto per Nic Cage, devo dire che anche Russell Crowe si è ritagliato un bel piano pensionistico con questo film. Vabbè, comunque, qui c’è il trailer (che ha suscitato scomposte reazioni tra i ranghi dell’IAE – International Association of Exorcists).

Insomma, avete capito. Metteteci che Avery esce da un film come Samaritan e prima ancora da Overlord, per cui è uno specialista del buttarla in vacca con stile. Ci sono intrighi vaticani: i cardinali non amano Amorth ma Amorth se ne fotte e fa gli scherzoni alle suore. Il papa (Franco Nero) invece stima moltissimo Amorth e gli affida il caso di un bambino indemoniato in Spagna.

Amorth prende la sua Vespa Lambretta (scusate, mi cospargo il capo di cenere) bianca con lo stemma della Ferrari (giuro), parte da Castel Sant’Angelo e nella scena dopo è in Spagna all’abbazia di San Sebastian, sempre in Vespa Lambretta! Con in sottofondo i Faith No More! Come cazzo si fa a non amarlo.

Esorcismo per esorcismo, il resto del film è abbastanza convenzionale fino a che non si scopre che c’è di molto peggio che soltanto il bambino indemoniato, c’è proprio una roba alla Dampyr / Dylan Dog, tipo un dungeon con un trono antichissimo, la porta dell’inferno, i cadaveri mummificati dell’inquisizione spagnola, le biblioteche vaticane con gli incappucciati neri che mormorano, i libri proibiti, i complotti della chiesa…

Insomma, alla fine è un pastiche tra L’Esorcista, Il Codice Da Vinci e Constantine, però almeno è divertente. Molto divertente. Ed è tratto dai libri del vero padre Amorth, che secondo me quest’anno sta ballando la giga nella tomba.

EVIL DEAD VA IN CITTÀ

Cosa c’è di più iconico, nel campo del cinema horror, della capanna nel bosco dove avvengono (almeno nei primi due film e nel remake del 2013) tutti i fattacci di Evil Dead? E cosa si poteva fare con Evil Dead Rising che aggiornasse almeno un tantino il franchise? Ma trasportare il tutto in un fatiscente condominio, ovviamente! Trailer (red band).

Eh, niente, la novità è questa. Dopo Ash vs. The Evil Dead, che ha sfruttato all’estremo la mitologia dell’eroe buzzurro fino al midollo di Bruce Campbell, rimaneva poco da dire… Perciò, vai col Necronomicon improvvisamente sepolto nei sotterranei di una vecchia banca trasformata in condominio che a sua volta deve essere demolito (ah, la gentrificazione) e con una serie di nuovi protagonisti, quasi tutti femminili.

Passo indietro: Evil Dead Rise parte con un cold open in una casa sul lago (inizio ingannevole assai), una intro che apparentemente non ha alcun legame con quello che accade dopo, ma poi si scoprirà che è tutto collegato. La promessa è quella di sangue a fiumi, splatter e smembramenti, che poi è quello che il fan di Evil Dead va cercando.

Poi siamo nel succitato condominio, dove Beth (una tecnica del suono che ha appena scoperto di essere molto incinta) va in visita alla sorella Ellie e ai tre nipotini. Parole, parole, parole, poi finalmente dopo una piccola scossa di terremoto, nipote 1 scopre il temutissimo libro sumero accompagnato da vinili d’epoca (!) e si mette a sfogliare/ascoltare il tutto con nipote 2. Inutile dire che il male si risveglia in men che non si dica.

Abbiamo quindi, se ben ricordo, ustioni di terzo grado, occhi “succhiati”, arti spezzati, insetti vomitati, motoseghe nel cranio, demoni spinti nel tritatutto e molte altre belle cose che non fanno rimpiangere la gloriosa stagione degli anni ’80. Da segnalare il sottotesto pulsante sulla maternità, che fa molto Aliens di Cameron.

Il problema secondo me è che proseguire i franchise nati negli anni ’80 (ma anche negli anni ’90, vedi Scream), ha un altissimo rischio cagatona. Evil Dead Rise si fa guardare con molto piacere, ma dopo anni di elevated horror, il ritorno allo splatter per quanto da festeggiare puzza sempre un po’ di stantio.

Edit – Scusate, ma questa è troppo gustosa: a Stephen King il film di Lee Cronin è piaciuto assai, e dice su Twitter “C’è persino un ascensore che vomita sangue“! Mi sembra quantomeno ironico, dato che l’altro film famoso con l’ascensore che vomita sangue l’ha sempre cordialmente detestato…!