P – …bene, allora ci sentiamo presto.
A – Aspetta, mi sa che la mamma vuol dirti qualcosa…
P – Ah, OK…
A – Prendi…? No, qui, prendi il cordless [rumori soffocati]
M – Ciao Pietro, come va?
P – Non c’è male, come dicevo a papà stavo qui – fuori piove, ci stavamo guardando un paio di film…
M – Ah, ecco.
P – Sì…
M – Senti, te lo ricordi il fasciatoio di quando eri piccolo? Di quando ti cambiavo il pannolino?
P – Mamma… come faccio a ricordarmelo?
M – Eri troppo piccolo, forse non te lo ricordi… era giallo…
P – …
M – Lo mettevo sul tavolo, poi ti toglievo il pannolino – era sempre pieno, facevi sempre un sacco di cacca…
P – Capisco… me la cavo anche adesso comunque.
M – Allora non c’erano mica i pannolini come adesso, sai? Buttavi il pannolino ma la mutandina si conservava, andava lavata e riutilizzata.
P – Sì, mamma, ma non capisco cosa…
M – Allora io andavo a lavare la mutandina in bagno, e ti lasciavo da solo sul fasciatoio, sul tavolo, in cucina…!
P – E?
M – Beh… potevi cadere!
P – Ma non sono caduto.
M – Ma potevi – e se fossi caduto? Saresti morto, sarei andata in prigione e…
P – Mamma, non sono caduto!
M – Lo so, è che mi sento in colpa – sono stata una madre attenta?
P – Ovviamente sì! E poi non puoi avere anche il senso di colpa retroattivo!
M – Eh, lo so… va bene allora… ci sentiamo poi tra qualche giorno…
P – Va bene —
M – Ciao, ciao… [rumori di tasti] Non si spegne…!
A – Il tasto rosso, premi il tasto rosso!
M – Quale tasto rosso, qui non c’è nessun tas– [linea libera]
LATE NIGHT DOUBLE FEATURE PICTURE SHOW
28 giorni dopo e The Hours – mai scelta di late night double feature picture show fu più azzeccata (si sa… a me piacciono i contrasti). The Hours prima, giusto per evitare di andare a letto depresso. Del resto cosa aspettarsi da un film che inizia con il suicidio di Virginia Woolf? A parte gli scherzi, l’ho trovato costruito in modo geniale a livello di storia, sceneggiatura, montaggio parallelo e interpretazione. Un film di attrici – come è lecito aspettarsi quando in campo ci sono Meryl Streep, Julianne Moore e Nicole Kidman col naso finto. La cosa interessante è che il film parla di una scrittrice, di una lettrice e di un personaggio. Interessantissimi gli extra del DVD che mi hanno fatto tornare la voglia di leggere Mrs. Dalloway. Del resto, una volta letto Joyce, perché non cominciare anche la Woolf? Ho solo paura che dopo venga il turno di Proust. 28 giorni dopo – tutta un’altra storia… Girato in digitale, con riprese accelerate sul sangue che schizza copioso dai contagiati del virus che si comportano molto come i morti viventi di Romero. Geniale l’inizio, godibile il resto. Ma Romero è un’altra cosa. Va bene che nel ventunesimo secolo il messaggio politico va a farsi fottere, ma perché anche i film di zombi devono cominciare a somigliare a videogames? Ho una teoria: l’horror dovrebbe essere eversivo, non rassicurante. Per eversivo intendo: Romero, Carpenter, Cronenberg. L’horror con l’happy end è una fiaba morale, è la santificazione dell’ordine costituito. L’esorcista non ha un happy end. La notte dei morti viventi non ha un happy end. Martin non ce l’ha, persino Un lupo mannaro americano a Londra non ce l’ha. Mi domando dove siano i registi cattivi, oggi. Vorrà dire che affitterò Freddy vs. Jason… Divagazioni a parte, il film di Danny Boyle è interessante – vale la pena noleggiarlo per vedere Londra deserta!
EASY RIDERS, RAGING BULLS
La scuola documentaristica americana fa scintille. Bowling a Columbine era solo la punta dell’iceberg. Al festival, di documentari di questo tipo se ne vedono un sacco. L’altr’anno quello su skate e surf culture dagli anni ’60 ai ’90 era eccezionale. Quest’anno è il turno di Easy Riders, Raging Bulls: How the Sex, Drugs, Rock’n’Roll Generation Saved Hollywood di Kenneth Bowser – un titolo che la dice lunga sul tipo di film… La sala è piena di addetti stampa e cinefili non troppo soddisfatti. Il film è infatti decisamente orientato al racconto delle vicende produttive più che creative della nuova Hollywood. Ma è un approccio comunque fondamentale per comprendere lo spirito di un’epoca e di un’industria (perché di questo ovviamente si tratta al di là della creatività dei singoli). Si parte con Roger Corman, – la figura chiave del cinema USA anni ’60. Solo lui aveva capito qual era il cinema che piaceva e come farlo risparmiando il massimo e guadagnando tutto. Sotto la sua ala Bogdanovich realizza Targets, Coppola Dementia 13, etc. etc. Le nuove leve reclamano il dovuto spazio alle major che semplicemente non capiscono film come Wild Angels o The Trip (due film di Corman con Peter Fonda). La chiave di volta della rivoluzione diventa allora Easy Rider di Hopper – un film realmente hippy che conquista il pubblico e la critica, sorprendendo tutti. I registi acquistano via via più potere. L’assunto del film è: in quegli anni i registi potevano dire agli executive "io SO come fare soldi con il cinema e voi NO". Ed ecco apparire Hal Ashby (Harold e Maude) e il cane sciolto Peckinpah (Il mucchio selvaggio), sempre pronto a litigare con gli studios. Ma le major cominciano a capire il gioco, e Un uomo da marciapiede di Schlesinger diventa il primo successo di uno studio di Hollywood ad inaugurare il nuovo corso "selvaggio". Intanto Hopper si perde dietro ai fallimenti di Last Movie – Fuga da Hollywood e la libertà comincia ad incrinarsi. Polanski, Warren Beatty, Altman, una girandola di vicende produttive che arrivano fino alla famosa spiaggia di Malibu dove abitavano Spielberg, Lucas, Milius, Coppola, De Palma, Scorsese, Keitel e De Niro – tutti amici e tutti a parlare di cinema e a fare cinema. Quando uno fallisce gli altri lo coprono – esemplare il caso di Friedkin che volendo aiutare produttivamente gli amici gira Il salario della paura che per le sue vicende produttive gli stronca la carriera. E mentre Scorsese fugge a New York cercando di fare il cinema che gli interessa l’epoca d’oro del dominio dell’autore tramonta: Lucas reinventa il cinema seriale con Guerre Stellari – De Palma lo prende ferocemente per il culo e l’unico a difenderlo resta Spielberg che, con fare un po’ odioso da "primo della classe" segna con Lo Squalo la fine dell’epoca iniziata con Easy Rider. Spielberg si piega davanti agli studios e diventa col tempo la più preziosa macchina per fare soldi di tutto il pianeta. Il cerchio si chiude, e gli studios ormai hanno imparato "come fare soldi con il cinema". Persino Corman se ne accorge: "hanno capito tutto, e adesso per me non c’è più spazio". La "serie b" realizzata con i soldi fa sì che non abbia tanto importanza la qualità di un film quanto la sua promozione e la sua attitudine alla serializzazione e allo sfruttamento. Scorsese dà un’ultima zampata con Raging Bull (Toro scatenato): "non mi hai messo al tappeto… non mi hai ancora messo al tappeto…!". Emozionante. Tanto per gradire, all’uscita gadget in omaggio da Studio Universal, che ha coprodotto il documentario…!