FARE LA CACCA NEL BAGNO DELL’UFFICIO

Andare in bagno in ufficio può essere un’esperienza dolcissima. Arrivi, e il locale (angusto ma salubre) è appena stato pulito da qualche inserviente. Tutto è lindo e splendente, non ci sono rumori (salvo quelli eventuali di propria produzione) e si può staccare per qualche minuto dal frenetico mondo del lavoro. Ti abbassi i pantaloni, ti siedi (meravigliosa sensazione di frescura sulle natiche) e magari estrai il tuo cellulare per mandare SMS, farti degli autoscatti o meglio ancora giocare a un solitario. Passi nell’estasi fino a 10 minuti (di più è troppo, i colleghi si chiederebbero dove sei). Ma andare in bagno in ufficio può trasformarsi in un’esperienza molto inquietante e poco piacevole. Come oggi. Fatto tutto quello che dovevo fare, mi appresto ad estrarre una striscia di carta igienica dal distributore (quello tipo torta gigante applicato al muro). Ci metto qualche secondo a realizzare con orrore che non c’è carta igienica, né nel distributore, né misericordiosamente posizionata sul bordo del lavandino o in un angolo per terra. Panico. Fazzoletti di carta manco a parlarne, è già tanto se in tasca ho il cellulare. Valuto rapidamente diverse opzioni: usare l’asciugamani comune (ma dovrei estrarne diversi metri per arrivare comodamente al WC); un bidet sommario nel lavandino (ma potrebbe peggiorare la situazione); i copriwater di carta. Opto per i copriwater. Ne restano giusto due. Peccato che la carta con cui sono fatti è dura, crepitante e poco assorbente. Poco male, cerco di usare tutta la superficie possibile. Ovviamente, mentre sono impegnato nella complicata operazione, qualcuno entra nell’antibagno e comincia a scuotere la porta del cesso tentando di forzare la maniglia. Maledetti, non capiscono che se la porta è chiusa il bagno è occupato? Un sospiro di sollievo: concludo vittoriosamente e mi rivesto. Nella tazza restano i copriwater appallottolati. Tiro distrattamente l’acqua e mentre mi lavo le mani intuisco che qualcosa non sta andando per il verso giusto. I copriwater non sono così biodegradabili, evidentemente. Esco repentinamente dal bagno prima che l’acqua inizi a traboccare dal WC. Andare in bagno in ufficio… Un assaggio di paradiso che può trasformarsi in un’inferno!

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1978 – LA CARICA DEI SARDI

1978. Tutti in riga. L’interno cupo e desolante di un fabbricato di periferia fa da sfondo al rito. Spogliati, i nostri vestiti raccolti in sacchi di plastica che verranno restituiti solo alla fine del soggiorno. Qualcuno trema. I più piccoli piangono già. Quello davanti l’hanno già strillato. Non ha il cognome ricamato sulle mutande. Ci restano solo quelle, del resto. In fila, con i piedi gelati per il contatto sulle mattonelle fredde. Ci controllano i capelli, per vedere se ci sono pidocchi. Ci spingono in un corridoio illuminato da un neon bluastro e abbagliante. Ci spruzzano di polvere bianca. Ci danno la divisa. Siamo pronti per le colonie FIAT. A Marina di Massa si può solo correre su e giù per i corridoi a spirale della torre littoria. In divisa, i maschi da una parte e le femmine dall’altra. Per vederle devi sporgerti in bilico sulla parete divisoria dei bagni. La notte, le luci spente. Mentre le responsabili di camerata passano cantando canzoni tristi, i più piccoli piangono sommessamente. Io mi difendo leggendo Stevenson con una pila, sotto le coperte. Non sono qui, sono sull’isola del tesoro. La mattina, svegliati dal fischietto, tutti al mare con lo stesso costume da bagno. Tutti in acqua nello stesso momento, nello stesso luogo. Passati dieci minuti, ancora il fischietto: fuori dall’acqua. In spiaggia, gli aghi di pino marittimo si mescolano con la sabbia bollente. Il gruppo dei sardi passa il tempo facendo acrobazie e capriole a mezz’aria poco più in là. Mi vedono. Mi accerchiano. Io li osservo in silenzio. Uno di loro si buca una guancia con un ago di pino, per dimostrare la sua insensibilità al dolore. Vuole che io faccia lo stesso. Ma io ho paura. Partono i calci e i pugni. Prima, però, mi tolgono gli occhiali e li calpestano. Perché uno con gli occhiali non lo picchi. Quando finisce, è una liberazione. Si aprono i cancelli e una macchina ti aspetta. Loro non sanno, non potranno mai sapere. Anche la posta è censurata. Il segreto te lo puoi solo portare dentro.

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DONNA ANSIOSA CON BAMBINO, INCIDENTE IN MOTORINO

Che gioia! Che gaudio! Sono qui che devo prendere la patente per la moto e medito di acquistare un 500 per viaggiare un po’ più comodo (è il motivo per cui devo prendere la patente) e cosa ti va a succedere, tanto per affrettare l’acquisto? Un bell’incidente in motorino, di quelli classici miei. Scena uno, via Madama Cristina. Donna ansiosa con bambino piccolo si butta da una traversa senza guardare mentre pietroizzo arriva a manetta. Donna ansiosa guarda paralizzata mentre pietroizzo non riesce a frenare e le piomba direttamente dentro la portiera. Bambino piange mentre donna ansiosa si ferma e guarda pietroizzo che è riuscito a non cadere e sta borbottando una sfilza di bestemmie. Scena due, parcheggiati pochi metri più in là. Donna ansiosa e pietroizzo osservano i rispettivi veicoli constatando che miracolosamente non c’è alcun danno né alla portiera né al motorino. Pietroizzo fa per reclamare comunque qualcosa, ma poi pensa: "Corbezzoli! Le ultime volte che ho tamponato ho preteso di aver ragione e ho costretto i co-incidentati a fare un CID quando poi avevo torto io! Questa donna ansiosa con bambino veniva da destra. Vuoi vedere che ha ancora ragione lei? Stai calmo, pietroizzo, non alzare la cresta. E’ andata bene così, nessuno si è fatto nulla". Donna ansiosa e il bambino guardano pietroizzo con aria interrogativa. "E’ andata bene così, nessuno si è fatto nulla", dice pietroizzo. Scena tre, sulla via di casa. Rimasto solo sul suo motorino, pietroizzo comincia a notare che la ruota davanti va zigzagando e che il motorino tira alternativamente verso destra o verso sinistra. Fortunatamente Iorda il meccanico è a pochi metri. "Ti è rientrata la forcella, non val la pena cambiarla. Ti si è storto il manubrio, fai così, metti la ruota vicino ad un palo e dalle delle botte nel senso opposto a quello dove tira". Sicuro? Sicuro. Sto ancora picchiando i pali adesso. Stefi non mi dà fiducia. Oltretutto pare che avessi comunque ragione (e precedenza) io. Mi demoralizza. Sostiene che non prenderò mai la patente. E se fosse vero?

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