THE KILLER O DELL’ANTICLIMAX

The Killer di David Fincher – il tesissimo thriller uscito da poco su Netflix dopo essere passato a Venezia – è un film tratto da un fumetto francese. Ma di certo non è il vostro classico cinecomic.

La trama è solida e classica al tempo stesso: un killer a pagamento sbaglia bersaglio e deve affrontare le conseguenze del suo incarico non compiuto. Fincher lo declina – insieme al suo complice Michael Fassbender che interpreta il protagonista in modo assolutamente glaciale e straniante – alternando lunghe inquadrature di attesa in cui il killer fa yoga, smonta e pulisce le armi, cancella meticolosamente le sue tracce, ripete ossessivamente le “regole” del killer di successo.

Ecco, la voce off è una scelta che normalmente trovo fastidiosa ma che qui ha la motivazione ben precisa di volerci far entrare nella mente del protagonista. Tutto è filtrato dal suo punto di vista: il killer è appassionato della musica degli Smiths e li ascolta costantemente negli auricolari; noi sentiamo quello che sente lui, ma quando l’inquadratura passa da soggettiva a oggettiva gli Smiths si interrompono per lasciare spazio ai rumori d’ambiente o alla colonna sonora molto “concreta“ di Trent Reznor & Atticus Ross.

Ogni capitolo potrebbe essere un cortometraggio a sé (e difatti corrisponde ad un albo della serie di bandes dessinées): l’incarico mancato, la fuga a Santo Domingo, l’incontro con l’avvocato a New Orleans, il combattimento con il primo sicario a Miami, l’incontro con il secondo sicario a New York, il confronto finale con il cliente a Detroit. Tutto costruito per arrivare ad un finale che definire anticlimatico è poco – è uno sberleffo del regista allo spettatore.

Fincher dirige con la consueta maestria un thriller che sulla carta potrebbe essere estremamente noioso e che invece tiene incollati alla poltrona dall’inizio alla fine. Per me consigliatissimo, poi vedete voi.