Ora che siamo entrati definitivamente nell’autunno, che è scemata un po’ la fotta di Oppenheimer e il prodotto audiovisivo più visto e chiacchierato è la Pesca dell’Esselunga, posso dirvi che sì, quest’estate è stata per me devastante ma non è che ho smesso di vedere film, anzi. Ho solo smesso di scriverne.
Ma adesso ho ricominciato. Perciò vorrei mettermi in pari con voi e raccontarvi di qualcosa che magari avete visto anche voi ma magari vi siete persi.
Partiamo da Armageddon Time di James Gray, un film che è stato poco in sala ma che secondo me spaccava. Il genere è “coming of age” e il protagonista è il giovane Banks Repeta, quello che adesso fa Percy Jackson… ah, no, quello è Walker Scobell, diamine questi attori pubescenti si assomigliano un po’ tutti. Scherzo, Repeta è molto bravo e gli auguro una carriera luminosissima. Duetta alla grande con il nonno Anthony Hopkins e soprattutto scopre il razzismo sistemico vivendo avventure un po’ alla Truffaut con il suo amico di colore. Dolceamaro, a me è piaciuto assai, se volete recuperarlo.
Poi ho visto Sisu, un meraviglioso film di Jamari Helander (finlandese, probabilmente, per citare il titolo di un bel libro del mio amico Stefano Boni). Immagina John Wick nella tundra e durante la seconda guerra mondiale. Anzi no, immagina Inglorious Basterds di Tarantino però muto. Anzi, no… Immagina Iron Sky ma invece che sulla luna in Finlandia. Insomma, avete capito. Sisu è un cercatore d’oro lappone detto “l’immortale”. I nazisti gli rubano l’oro. Lui non la prende bene. Godimento assicurato.
Nimona su Netflix, chevvelodicoaffà: tra Spider-Man nuovo e i TMNT questo è stato il film d’animazione più bello di mezza estate. Tratto dall’ottimo e spigoloso graphic novel di ND Stevenson e adattato da Nick Bruno e Troy Quane, Nimona si presenta come un urban fantasy più “arrotondato” rispetto all’originale ma senza perdere di efficacia. Il personaggio di Nimona, aspirante spalla del cattivo di turno è esilarante, l’animazione è perfetta e la scrittura approfondita il giusto per piacere a grandi e piccini. Dietro c’è anche una trama politica anti-inclusività, i protagonisti sono gay, insomma, dai. Ce n’è.
Indiana Jones and the Dial of Destiny, oh, a me è piaciuto. Cioè, mi sono divertito assai, pur nella consapevolezza che il film è stato appositamente studiato per far divertire me, cinquantenne che da piccolo sbavava dietro all’Arca perduta e al Tempio Maledetto. Se è tutto un fan service, è un fan service fatto maledettamente bene, mai noioso, forse un filo prevedibile (ma il colpo di scena finale è comunque da applauso). Harrison Ford è sempre lui, sia vecchio che ringiovanito digitalmente e anche Phoebe Waller-Bridge non stona per nulla.
Elemental, subito in sala mi ha lasciato un po’ perplesso (pur amando molto Peter Sohn e il suo stile dai tempi di Arlo). L’ho rivisto pochi giorni fa su Disney+ in originale e mi ha convinto di più. La storia d’amore è bella, il world building è un po’ debitore del concept di Zootropolis ma regala comunque sequenze straordinarie, il sottotesto sull’immigrazione e il classismo è ben centrato. Quello che mi è mancato soprattutto alla prima visione è stata la mancanza di un villain, magari di un complotto per diffondere inondazioni a Element City, ma Peter Sohn è così, che ci vogliamo fare.
Ho visto anche Guardians of the Galaxy Vol. 3, e mi sono pure commosso, perché Rocket Raccoon è più figo di tutti e la sua storia malatissima è stata un bel viaggio. Quello che mi piace del terzo film di James Gunn è il caleidoscopio di riferimenti pop che si nota proprio nelle scenografie o nei costumi, che in più di una sequenza mi hanno fatto pensare a Barbarella, o alla reinterpretazione di Moebius via Luc Besson nel Quinto elemento. Un po’ lungo, come tutti i film Marvel, ma accettabile.
Poi vabbè, ho visto Barbie e Oppenheimer ma questo ve l’ho già detto.
Ho recuperato Fast X di Louis Leterrier. Beh, ormai i film del franchise di Dominic Toretto li si guarda un po’ per affetto, un po’ per completezza enciclopedica. Motivo campanilistico in più per guardarlo: diverse scene della “missione a Roma” sono in realtà girate a Torino ed è buffissimo vedere il ponte sul Po che sbocca a Città del Vaticano e la bombona infuocata che rotola in corso Fiume spaccando a metà un bus della GTT. Per il resto, sempre uguale, macchine veloci, esplosioni, familia, mazzate, ritmo accettabile, cattivo esecrabile (Jason Momoa in modalità smodata), cliffhanger finale con Gal Gadot e The Rock, quindi nel 2025 avremo pure loro, in Fast X parte 2. Allegria!
E infine ho finalmente visto un film che tenevo lì a invecchiare dal 2016, Moonlight di Barry Jenkins (uno dei pochi film A24 che mi mancavano). Tutti gli Oscar e i premi che ha vinto sono meritatissimi e ovviamente il mio disagio nel guardarlo era solo che temevo l’effetto Boys Don’t Cry – cioè, io i film queer li guardo a manetta, ma se scoppia il drammone mi sento malissimo. Invece qui – in un contesto total black – il protagonista Chiron viene mostrato per un terzo del film da piccolo, poi da adolescente e infine da uomo adulto vivere le contraddizioni di un afroamericano di famiglia disagiata alle prese con la sua sessualità ancora tutta da scoprire. Nell’ultima parte il film si trasforma in un mélo sorprendente e luminosissimo – sicuramente uno dei migliori film del decennio. E poi c’è Mahershala Ali.