Lo ha detto veramente. L’ho sentito con queste orecchie. Non è importante che con quella parola si riferisse a Luna Lovegood e che la volesse con sé ad uno stupido party natalizio. In quel momento mezza sala si stava consultando a mezza voce: “Ho sentito bene, ha detto ‘fica’?“. Voglio dire, è un po’ come quando Mary Poppins ha detto ‘cazzo’! Anche se in questo caso il buon Harry intendeva fare un uso aggettivante del termine.
Ma a parte questo, che ha costituito la maggiore sorpresa culturale di Harry Potter e il Principe Mezzosangue, il nuovo e tanto atteso film della saga è… così così. Per carità, Harry Potter si va a vederlo, punto e basta. Che si sia fan dal ’97 (come me) o meno, è un po’ lo Star Wars dei nostri giorni. E di base il film non delude.
E’ tornato Steve Kloves, c’è di mezzo Bruno Delbonnel (Amèlie) alla fotografia, le premesse per l’entusiasmo ci sono tutte. Ma in generale – e forse più di altri film della saga – sembra di assistere ad una rappresentazione di figurine bidimensionali in quadri ogni volta diversi, piuttosto veloci e tirati via. Insomma, l’impressione è sempre di più quella di vedere le illustrazioni del libro in versione animata – se ci fossero. Il libro in realtà non è illustrato, ma se lo fosse – e se fosse un libro del mondo di Harry Potter in cui le illustrazioni sono invariabilmente semoventi – otterremmo in un batter d’occhio il film.
Il punto debole connaturato del film è il suo essere un preludio al gran finale. La storia si sviluppa con tutti i suoi bravi colpi di scena al posto giusto, ma purtroppo lascia un senso di incompletezza. D’altra parte a suo tempo è successo così anche con il libro. Non ci si può lamentare, anche se – per i motivi di cui sopra – non c’è alcun approfondimento psicologico. La scelta è quella di concentrare tutto sul rapporto tra Silente e Harry, che del resto sono insieme per il 90% del tempo. La linea narrativa principale fagocita tutte le altre, è inevitabile.
David Yates è ormai uno specialista potteriano. Anche se a dire il vero un po’ mi manca l’idea di un capitolo finale diretto da Guillermo del Toro. Per dire. I ragazzi sono all’altezza, anche se Daniel Radcliffe, poverino, non si può vedere. E’ un problema, soprattutto quando fa il simpatico. E il povero Rupert Grint, decisamente più bravo e con una faccia più cinematografica, ha troppe smorfie imposte dal contratto. Sia lode alle ragazze (soprattutto a Bonnie Wright) per aver portato un minimo di sensualità a palazzo.
Il prossimo “I doni della morte” sarà diviso in due film diversi. Io avrei probabilmente spezzato in due film anche questo, pur di non dover sopportare facilonerie tipo “Sì, IO sono il principe mezzosangue (esce)” o simili. Prendi tutti questi grandi attori per recitare in ruoli di contorno e li butti via così… Una sopra le righe come la Bonham Carter la fai sogghignare un paio di minuti e basta? Il fatto è che ogni personaggio della saga meriterebbe lo stesso spazio concesso a Harry, tanto il mondo della Rowling è ricco. Ma non si può, e questo è il limite di tutta la serie.
Comunque ci sono ottime scene. Il Quidditch è (forse per la prima volta) coinvolgente, l’inseguimento nei campi di segale e la distruzione della Tana dei Weasley è visivamente interessante, tutte le parti col giovane Tom Riddle sono da brivido. Il clou del film (la grotta con gli Inferi) è un po’ poco horror e un po’ troppo “I dieci comandamenti“, ma si fa guardare.
E non dimentichiamo la scena in cui Harry Potter dice ‘fica’.
Quella da sola vale tutto il film.