MICROBO E GASOLINA

MICROBE ET GASOILDa due anni a questa parte succede raramente che riesca ad andare al cinema (l’unica vera tortura dell’essere ggiovani genitori™, assieme alla frequentazione dei giardinetti). Quando ci vado vorrei sempre andare al Classico, dove guarda caso danno sempre i film più fighi del mondo. Come Microbe et Gasoil, che aspettavo con ansia dalla scorsa estate e che dovreste tutti andare a vedere. Tutti, dico, non solo gli appassionati di quel piccolo genio/folletto francese che risponde al nome di Michel Gondry. Anche perché è il suo film meno Gondry ma al tempo stesso probabilmente il più personale (e poi perché ormai c’è chi fa Gondry quasi meglio di Gondry, vedi Quentin Dupieux).

Gondry è noto per le sue atmosfere surreali, sognanti, per le scenografie deliranti, arrivate all’apoteosi (e allo schiacciamento totale del film) con L’écume des jours tratto da Boris Vian. Ora, chiaro che per tradurre Vian non si può non essere follemente accumulatori e costantemente alla ricerca del calembour visivo, però devo confessare, amici del cinema surreale, che quel film mi aveva stroncato. Se Gondry non esce da questa impasse, mi dicevo, non riuscirà più a colpirmi al cuore come prima. E invece no. Lui ti tira fuori Microbe et Gasoil, un film molto più “semplice” e diretto, una storia di adolescenti e di coming of age (ricordate, cari lettori? Ne avevamo parlato diffusamente qui, qui e qui). Un film chiaramente ammantato di autobiografia (lui stesso è nato e cresciuto a Versailles come i protagonisti del film) e forse meditato a lungo se è vero l’assunto celato nel titolo del suo documentario autobiografico I’ve been twelve forever (“ho dodici anni da sempre”, in pratica la mia anima gemella filmica).

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I MIGLIORI DEL 2015 (SECONDO ME)

I MIGLIORI DEL 2015I migliori cosa? Niente, il solito. I libri che fortunosamente son riuscito a leggere, i film che clandestinamente sono riuscito a vedere, la musica e le serie televisive che hanno accompagnato la mia vita attiva e quella spalmato sul divano (il mio negotium e il mio otium ahahahah se non faccio sfoggio di cultura qua, dove altro?)… Non prendetela come una lista “il meglio dell’anno” perché questo presupporrebbe che io in effetti riesca (cosa improbabilissima) a vedere più di 10 film, leggere più di 10 libri contando anche i graphic novel o assimilare più di 10 album nuovi in un anno. Però di una cosa vi posso assicurare: quello che riporto qui è roba che a me è veramente piaciuta, altrimenti non ve lo direi. Quindi, se vi fidate un minimo del word of mouth, ecco qua.

Partiamo subito dal lato letterario: i libri che ho letto con maggior piacere. Non è tutta roba recente, è ovvio. Tante volte recupero roba che sta sul comodino da secoli. Prevalentemente stiamo sul fumetto o illustrazione di qualità. Ma ci sono due fiumi di parole che mi hanno trascinato nel 2015: una è l’esplorazione sul cristianesimo delle origini di Carrère e l’altro, più easy per l’estate, la tetralogia di Stroud (un recuperone fantasy veramente di pregio).

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IO SONO TUO PADRE

originalA questo punto, dato il titolo e l’immagine di accompagnamento, penserete di leggere l’ennesimo post della giornata su Star Wars e su quanto era più fico Darth Vader rispetto a Kylo Ren, e via discorrendo. Invece no. Si tratta solo di un becero espediente cattura clic per portarvi a leggere una cosa completamente diversa. O quasi.

In realtà mi gira in testa da qualche giorno, questo post. È legato in qualche modo alla figura di mio padre. Riflettevo sul fatto che non è facile essere gli apripista nella vita. Cioè, essere il primo del giro di amici che va a convivere, il primo che si sposa, cercare di mantenere il passo con gli altri eventualmente ri-tarando molte relazioni. Una delle cose peggiori su cui sono stato apripista nella vita è stato restare orfano di padre prima del tempo.

In questi ultimi mesi diversi amici hanno perso un genitore. Chi dopo una lunga malattia, chi improvvisamente. Chi con grande dolore e chi quasi con un senso di sollievo. Chi con rabbia e chi con perdono. Quando una persona che mi è vicina a vario titolo perde un genitore, da un lato è come se si riaprisse un po’ una ferita vecchia ormai di quasi dieci anni. Dall’altro ho sempre una imbarazzante sensazione, come se improvvisamente un corridore rimasto parecchio indietro rispetto a me mi raggiungesse. Vorrei dire, in modo forse un po’ troppo leggero, una sensazione stile “benvenuto nel club” – un club che finora aveva come unico membro me stesso, un club di cui non avrei mai voluto far parte, ma che ultimamente si è un tantino ripopolato.

Ecco, questo post è per tutte le persone che sono entrate forzatamente in questo club. Accomodatevi, le poltrone sono comode, le pareti sono piene di trofei e si può bere un brandy e fumare un sigaro abbandonandosi ai ricordi. Perché alla fine è tutto quello che abbiamo per mantenerli vivi, questi genitori scomparsi. I ricordi nostri e quelli delle persone che li conoscevano, che spesso ai funerali o qualche tempo dopo vengono a raccontarti cose insospettabili che aggiungono sfaccettature nuove alla vita di una persona.

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