Frankie Hi-NRG vs. Caparezza… è lo scontro di titani che anima il sottobosco web degli amanti dell’hip-hop. Ora, posto che da smodato amante del genere, quando si parla di hip-hop preferisco decisamente guardare al passato (Sangue Misto) e a qualcosa del presente (DJ Gruff), non posso negare che gli ultimi lavori dei due rapper siano di livello abbastanza alto. Mi spiego: Frankie continua con Ero un autarchico a fare il sapientone un po’ girotondista un po’ cabarettista sonoro che riesce a intrugliare in un solo album Antonio Rezza (geniale), Paola Cortellesi e Franca Valeri. Il suo obiettivo è spingere un groove con qualcuno che semplicemente reciti un testo pregnante (o non pregnante, a seconda dei casi) in sovrapposizione. Ti dà il contentino funky con Chiedi chiedi (niente male ma poteva risparmiarsi l’ennesimo rifacimento del video delle Vibrazioni) e poi fondamentalmente ripete sé stesso, seppure in modo piacevole e intelligente. Capa, invece, è Capa. Spero di vederlo dal vivo venerdì sera, pare sia trascinante. Il suo problema è che è divertente. Anche lui parte con Nessuna razza e prende la via del sociale, ma poi è ovvio che uno che definisce i suoi pezzi "suppomusica" non ha grandi ambizioni di cambiare il mondo. Benissimo. Musicalmente è decisamente migliore e più trascinante di Frankie, ma il tormentone di Fuori dal tunnel lo sta uccidendo. Finire sulle suonerie dei cellulari è pur sempre un’arma a doppio taglio. Non dimentichiamo che quello che Caparezza fa oggi lo faceva già qualcuno altrettanto bene dieci anni fa. Tolte le riserve, comunque, due album simpa (come direbbe il mio caro Lorenzo) che sto facendo girare un tot…
DOWN ON CYPRUS AVENUE…
Ci sono dei momenti in cui non c’è nulla da fare: senti l’esigenza di dedicare un po’ di tempo a te stesso. Per me questi momenti si risolvono in genere in un bagno bollente attrezzato con palle aromaterapiche a base di bicarbonato e candele disseminate intorno alla vasca. Di fondamentale importanza è l’avere almeno 45-60 minuti a disposizione per stare a mollo. Condizione opportuna, anche se non necessaria, l’assenza di persone in casa e il silenzio generale. Può entrare in bagno soltanto la gatta, che al limite fa le fusa e gioca con la schiuma. Una volta a mollo diventa imperativo diffondere una musica che metta dell’umore giusto. Io di solito uso Satie, a volte mi spingo su Mingus, Parker o Coltrane (ma devo ammettere che il jazz non è sempre così rilassante, a quel punto sarebbe meglio la bossa nova o una qualsiasi compilation stile Café del Mar). Ieri ho ascoltato Van Morrison. Ammetto che ho dormito in vasca da bagno, il che è anche pericoloso. Ma nel dormiveglia cosa ti può cullare di più di Astral Weeks o Moondance? Il soul appena appena ad alta voce di Morrison, le piccole incursioni jazzate, i fraseggi musicali da proletario raffinato del rock… un ossimoro che difficilmente si trova in altri autori. Potevo anche ascoltare Elvis Costello o Leonard Cohen, ma no. Uno è troppo intellettuale per la vasca da bagno e l’altro potrebbe far venire strane idee contemplanti un rasoio e l’acqua calda. Dopo un’oretta di sognante galleggiamento, da Van Morrison sono passato agli Who – Who’s Next è da sempre in cima alla mia classifica dei migliori dischi di ogni tempo. Alla partenza squillante di Baba O’Riley risorgo dalle acque, mi sciaquo con doccia bollente a getto mirato con Behind Blue Eyes e quando arriva il momento di Won’t Get Fooled Again ho già alzato il volume a palla, ed è tornato il momento di agire nel mondo.
FREE VOICES GOSPEL CHOIR
Io sopporto poco il gospel. Lo dico perché sono partito prevenuto da questa idiosincrasia. Siamo andati a vedere la Raffa che cantava. Io più che altro per controllarla e vedere se si muoveva bene in mezzo alle altre 70 persone del coro. Invece, è stato piacevole. Mi spiego, io odio il gospel stile Sister Act, quello dei melensi Oh, Happy Day – insomma, il gospel da pubblicità televisiva tirato fuori dal cappello nazional popolare del Natale allegro e scintillante. Però mi rendo conto della bravura e della fatica, e dell’impegno delle persone. Al concerto c’era il coro dove canta Raffa (il Free Voices Gospel Choir) e un altro coro di Firenze (il Joyful Singers Gospel Choir). I primi vestiti con i classici tuniconi scintillanti (un particolare che non mi va molto giù, ma fa folklore), parecchio trascinanti e diretti molto bene. I secondi più contenuti come numero, tecnicamente più bravi. Entrambi i cori hanno un ottimo stile, fanno pezzi non troppo conosciuti (e se li fanno li arrangiano in modo originale) e tutto sommato si fanno applaudire alla grande. Lo dico nel caso venissero in concerto nella vostra città. Meritano. Unico scivolone il finale proprio con Oh, Happy Day, che di tutti i pezzi gospel è quello che sopporto di meno (lo supera forse solo Chariot, che mi ricorda il faccione inquietante di Whoopi Goldberg). La Raffa però non ha ancora imparato a fare i gesti tipici del gospel, quella maniera un po’ esagerata di portarsi la mano al cuore, di agitare le dita in aria e in sostanza di fare la scena di quello che "ha visto la luce" – in questo è ancora troppo piemontese, e quindi sottotono. Gliel’ho detto mentre lei ci spingeva ad imbucarci alla festa con rinfresco finale dei cori uniti… saremo anche stati in molti, ad essere imbucati, ma ho avuto la netta sensazione che la direttrice dei Free Voices mi guardasse con sospetto mentre mi ingozzavo di panini al salame e torta di ricotta…