FORCELLA PARTY TIME

Mixed by Erry di Sidney Sibilia (2023) è il piccolo grande fenomeno commerciale del cinema italiano del momento, prodotto da Groenlandia e Netflix, come anche l’ultimo film di Sibilia sull’Isola delle Rose, a dimostrazione che l’internazionalità e lo stile (due concetti che tornano a mo’ di sfottò nel film) Sibilia e i suoi ce l’hanno di sicuro.

Il film racconta la storia (abbastanza nota ai cinquantenni di tutta italia) dei fratelli Frattasio: Giuseppe, Antonio e soprattutto Enrico/Erry, l’aspirante DJ sognatore che dallo sgabuzzino del negozio di dischi dove fa le pulizie a Forcella comincia a produrre mixtape per la gente del quartiere e a poco a poco costruisce un impero che fa diventare il marchio “Mixed by Erry” la prima casa discografica italiana all’alba degli anni ’90.

Come ha praticamente sempre fatto, anche qui Sibilia racconta il più tipico “sogno italiano”, quello del fuorilegge romantico che si muove ai limiti della legalità e che alla fine (qui già all’inizio) viene fermato dalle forze dell’ordine. Il sogno anarchico e libertario che solletica la pancia di qualsiasi italiano e che trova ovviamente nella Napoli anni ’80 di Maradona e delle guerre di camorra la sua apoteosi, tra whisky falsificato con il tè e cassette duplicate.

Lo stile internazionale (che mancherebbe a Enrico per fare il DJ “serio”) non manca a Sibilia, che – complici attori giovanissimi e tutti perfettamente in parte e un Fabrizio Gifuni da urlo nella parte del CEO bauscia – confeziona una classica gangster story di ascesa e caduta con toni da commedia, senza spargere (troppo) sangue perché in fondo che sarà mai, stiamo parlando solo di contraffazione, mica di omicidi.

Se dovessi trovare un problema al film è che verso la parte centrale confonde un po’ le acque, altalenando un po’ film e riprese d’archivio con l’uso della voce narrante di Enrico (che è simpatico, ma in alcuni casi la scorciatoia dell’odìmo è dietro l’angolo) e calcando un po’ la mano con battute un po’ ovvie sul televideo, la musica latina e via dicendo.

Tutto sommato il film si fa amare, soprattutto perché ha quella patina di nostalgia anni ’80 che fa presa da sempre sul pubblico italiano (e la ricostruzione è perfetta) e ha anche una colonna sonora giustamente da urlo: il brano di Liberato che è anche il tema portante del film lo sto ascoltando a nastro da stanotte).