Diciamo che arrivo a casa e la prima cosa che faccio è lanciare il download della 3×07. Diciamo che stanotte ho dormito poco perché ho fatto le ore piccole su Lostpedia per riprendere le fila del discorso e godermi qualche anticipazione. Diciamo che grazie all’Adunanza il file viene giù che è un piacere. Lo apro per fare un controllo, anche perché nell’icona di anteprima c’è una tipa sospetta seminuda. E infatti è un porno amatoriale, nemmeno troppo pessimo con tanto di cambio di posizioni ogni cinque minuti, divano con granfoulard Bassetti per evitare macchie indesiderate e culetti ruspanti con i segni dell’abbronzatura. Ora, non so chi possa essere tanto esibizionista da mettere in rete 30 (trenta) minuti di amplesso ripreso in piano sequenza senza stacchi con tanto di tempi morti per evitare il raggiungimento del punto di non ritorno. Fate bene, fate tutto quello che volete, ma non rompete i coglioni agli spettatori di Lost, bramosi di vedere ben altro che un paio di tette!!! Per queste cose c’è Xtube, dove i video di questo tipo sono molto bene accetti… Il file si chiama Lost 3×07 – Not in Portland Sub Ita by Mom.avi e pesa 326.73 Mb, non fatevi ingannare!
CHINATOWN BLUES (IL DURO DEL TAKE AWAY)
Sbuffi di vapore dalla bocca. I giorni più freddi dell’anno. I giorni peggiori per questo tipo di affari.
Solo Tom Waits per riscaldarmi le orecchie con un massaggio ruvido.
Il posto non è lontano, ma sembra un’eternità che metto un passo davanti all’altro. Niente macchina, certo. Mantenere un profilo basso.
Ripercorro con la mente ogni singolo momento che mi ha portato a questo.
E’ una questione di necessità. Quando arrivi a non avere più nulla, puoi accettare qualsiasi cosa.
Ecco, è qui a destra. Poi nel vicolo. Se possibile il gelo è aumentato. Cerco di sfuggire alla luce cruda dei lampioni, di evitare i fari delle rare macchine che passano. Profilo basso. In questo quartiere c’è poco da scherzare.
Inosservato, apro la porta del locale. Il cinese è là, in fondo, dietro una cortina di birre. Gli occhi fissi su qualche spazzatura televisiva. Finge di non notarmi.
Poi, senza staccare lo sguardo dallo schermo:
– Sei tu?
– Sì. Ti hanno avvertito.
– Non è una cosa immediata.
Il suo italiano è quasi perfetto, ma va a singhiozzo, come una voce in una rete senza campo.
Continua su casaizzo > fiction…
SIAMO UNA SETTA DI GEEK AUTOREFERENZIALI?
Di recente leggo su blog di amici e conoscenti un buon numero di considerazioni sul "pericolo autoreferenzialità" di tutte le iniziative sociali legate ai fenomeni più evidenti del web 2.0. In sintesi, mi pare che il punto sia: "stiamo diventando una setta di geek che se le suona e se le canta in totale autonomia e isolamento dal mondo reale", laddove il mondo reale molto spesso non ha idea che esistano i blog, i wiki, Flickr, LinkedIn, le reti sociali, le licenze Creative Commons, Technorati, Ruby on Rails, AJAX, i BarCamp, etc. O meglio, ne ha idea nel momento in cui questi fenomeni "emergono" (nel bene e nel male) sui media tradizionali – ma tornerò più avanti su questo. Ora, mi concentrerei sul concetto di autoreferenzialità che spesso ricorre nelle discussioni sui blog. Se proprio vogliamo essere precisi, un blog autoreferenziale non è un blog che parla di me o dei fatti miei: è un blog che parla di blog. E ci sono blog autoreferenziali di tutto rispetto, come quello (purtroppo chiuso, i neofiti lo apprezzavano molto) di Sergio, quello di Andrea o quello di Giuseppe. Una volta che è stata fatta la scelta (un blog che parla di blogging), va da sé che il risultato è coerente con gli obiettivi. Ma chi leggerà questi blog? I geek ossessionati dai social network i quali, pur essendo l’argomento di notevole interesse generale e – appunto – sociale, sono comunque relativamente pochi. Poi va considerato come ognuno vede il proprio spazio di blogging: io ad esempio non mi azzardo quasi mai a spingermi su questo terreno di riflessione e se lo faccio uso lo spazio dei commenti dei suddetti blog "tematici". Altrimenti mi sembrerebbe (come forse è in questo caso) di scrivere veramente post autoreferenziali. Il problema è diventato più sentito dopo i primi BarCamp, che hanno raccolto entusiastiche adesioni di… un buon numero di geek affascinati dalle mille facce del web 2.0! Nulla di male, almeno ci si conosce tra di noi e si sperimentano quelle carrambate tipo "Maddai, tu sei [nickname]? Finalmente ci conosciamo di persona!"… Peccato però che alla fine, riflettendo a freddo, venga fuori il tipico senso di colpa: al BarCamp c’eravamo solo noi, non c’era nessun "curioso", nessun non-geek, nessun "uomo della strada". Ma non si può avere tutto da un BarCamp: ditemi chi ha voglia di uscire di casa per andare a sentire un gruppo di geek che si parla addosso? A parte gli scherzi, il concetto di BarCamp è eccezionale, il BarCamp divulga ma divulga tecnico e divulga ai già "iniziati". Buona la proposta di Axell che per fare proselitismo, per raggiungere quella che si definisce la "massa critica" degli utenti di reti sociali in Italia, suggerisce di trascinare gli ignari (e gli ignavi) ai vari BarCamp con la promessa che si parlerà anche di argomenti non iniziatici, ma alla fine, secondo me, poco fattibile. Basti dire che il 60% dei lettori di questo blog avrà saltato a piè pari il post perché comprende parole esoteriche come "geek", "BarCamp", "social network" e "massa critica". La gente usa le applicazioni che le fanno comodo nel determinato momento (Flickr, Wikipedia, Twitter, YouTube), senza porsi troppo il problema del loro senso o del loro contesto d’uso. Certo, ci sono blogger influenti (almeno, influenti su di me) ma la loro influenza è limitata a chi legge effettivamente il loro blog, in un circolo vizioso difficile da rompere. Se veramente vogliamo diffondere il verbo, l’unica è comparire in televisione o gestire rubriche su settimanali e quotidiani "nazionalpopolari". Che io divulghi determinati concetti su una testata "tecnologica" non ha alcun senso per il lettore medio. Se invece riesco a parlare di certe cose in un programma TV seguito, la cosa è molto differente. Pensiamo al caso YouTube: tra le varie applicazioni cosiddette 2.0 è la più nota al pubblico, soltanto a causa del video dei liceali che picchiavano il compagno disabile (ovvio: le nuove tecnologie nei vecchi media sono sempre viste come il demonio). Qualcuno spiegherà mai in TV le vere potenzialità di YouTube? Ehm, forse ho scelto il caso sbagliato… :-)) Ad ogni modo, questa può anche essere una provocazione (o un "meme" – ma eviterei di continuare a usare questo gergo geek se vogliamo farci capire da tutti), però alla fine io la vedo così: non è questione di codice o messaggio, è soltanto un problema di canale… tanto per fare una bella semplificazione jakobsoniana!
Tag: blog, wiki, barcamp, media, divulgazione, geek, autoreferenzialità, web_2.0