ZIO BONINO AIR

Stanza buia impersonale. Entra la tipa. “Eccone un altro che non si toglie i boxer“. Cazzo vuole, penso. “Come gliela faccio l’ecografia ai testicoli se non si toglie i boxer?”. Nell’ombra, a destra del letto, un gruppetto di persone ridacchia. Ma che cazzo, penso. Intanto la tipa mi ha già tolto i boxer e mi ha spalmato una roba freddissima sulle palle. “Ecco vede nello schermo? Va tutto bene”. Da un monitor grigio fa capolino il mio testicolo sinistro. Quello più grosso. Sembra un vecchietto curvo su sé stesso. Sorride. Fa ciao con l’epididimo. Quelli nell’ombra escono, sono amici. Dobbiamo andare. Se va tutto bene, è inutile restare.

Nel parco fa caldo, ma si trovano facilmente zone d’ombra. Zio Bonino è tutto vestito di lino chiaro. Tinta corda, tinta sabbia, una roba così. Non parla molto, ma è pieno di attenzioni. Ad esempio nota subito che i miei Levis hanno ancora l’etichetta sul retro. Me la stacca (i Levis hanno sempre etichette enormi) e la getta verso un gruppo di bambini. Non facciamo in tempo ad arrivare alla panchina sulla scogliera che mi ha rivelato di essere in realtà Nicolas Godin degli Air. Io mi affanno a dirgli quanto Moon Safari, insieme a Mezzanine dei Massive Attack sia stato per me l’album chiave dei secondi anni ’90.

Zio Bonino inclina la testa e mi sorride compiaciuto. Ci alziamo per tornare al parco. Dopo pochi passi ho una folgorazione. “Cazzo, ma tu… tu hai certamente toccato Sofia Coppola!“. Lui sorride ancora, e i suoi occhi brillano. L’ha toccata. E chiunque abbia toccato Sofia Coppola deve essere trattato come una reliquia. Distolgo lo sguardo da lui, resto a un passo di distanza. I bambini di prima giocano attorno a un cassonetto, alzano lo sguardo. Hanno tutti la faccia di Zio Bonino. Come to Zio. Non importa. Chiamo tutti a raccolta “Ehi ragazzi! Lui ha toccato Sofia Coppola!”. La gente arriva di corsa. Dopo pochi minuti di Zio Bonino non rimane più nulla.

La sera, tutti in un auditorium molto elegante. Luci soffuse. Alle pareti, touch screen per giocare a Biotronic mentre si attende lo spettacolo. Stranamente, vinco e passo di livello dieci, dodici volte. Poi ci sediamo. Io in prima fila, spostato verso sinistra. Gli amici di fianco a me. Solo che non c’è nessuno spettacolo. L’auditorium è in realtà qualcosa tipo un aula universitaria. Ad ognuno di noi vengono assegnati dei progetti di ricerca. Il mio è su Timo Maas. Da svolgere in collaborazione con la tipa della quarta fila. Mi giro. Mi sorride. Mi mostra una sonda a scansione lineare per ecografie.

Mi sveglio grugnendo.
È un nuovo giorno.