UN POMERIGGIO COL DENTISTA

Se questo blog deve servire anche da valvola di sfogo per esorcizzare i miei traumi… beh, eccone uno. Questa storia si potrebbe intitolare "Un pomeriggio col dentista". Quando io decido di andare dal dentista, di solito è perché ho un certo fastidio ad un dente. Non vado spesso, anche se il dentista è un amico, perché lo ritengo piacevole come l’olio piccante sul pene (non so se vi capita, quando cucinate all’arrabbiata e poi andate in bagno distratti e… va beh). Comunque anche stavolta, come tre anni fa, gli dico "Henry…" (il mio dentista si chiama Henry, sì) "avrei un po’ di fastidio sull’incisivo inferore quando sento il freddo o il caldo". No. L’incisivo inferiore non ha nulla. Anzi, i miei denti sono sempre tutti belli e sani (ancorché storti e arruffati). Ma… c’è una carie che non sospettavo. Dove?… Ma non è ovvio? Sul dente del giudizio! Il dentista detesta il dente del giudizio per principio. Sono tante le parti di me che ho già dovuto donare alla scienza. Prima le tonsille e le adenoidi, poi il prepuzio, poi l’altro dente del giudizio. Fortunatamente per me ho rimosso completamente tutte queste operazioni, che naturalmente sono sempre state svolte in anestesia locale, per permettermi di rendermi conto di tutto. Ma Henry sostiene che il dente è veramente cariato, e che in dieci (10) minuti l’operazione sarà fatta. Decido per il sì. Non ho intenzione di prendere un appuntamento e passare il weekend a figurarmi i possibili sanguinosi scenari per la settimana successiva. Bavaglino, tovagliolo, sciacqua-sputa, luce, aspiratore. Cinque punture di anestetico sulla gengiva intorno all’ottavo molare.
"Gurgggglll…"
"Fa male?"
"Arggglllll…"
"Adesso cerco di scalzarlo facendo leva, poi lo estraiamo"
"Wrrrrllllll…"
Naturalmente il mio dente del giudizio non è come quello di tutti gli altri. Prima lastra. Una delle due radici è ritorta e avvitata nell’osso. Henry comincia a sudare. L’aspiratore gorgoglia. Il dente va prima spaccato in due.
"Passami il trapano da cinque"
"Ma non è meglio se provi con la pinza radicale?"
"No, bisogna spaccare"
"Wwwrrggggrrrlllrrglll!"
Henry capisce che sento ancora male.
"Passami l’ago grosso"
"Quello da quarantacinque?"
"No, no, prendi quello da quarantasette"
L’anestesia da cavallo ci mette un po’ a fare effetto. Henry mi parla di suo figlio, di come sta gattonando in giro per casa. Poi mi chiede se sento la lingua gonfia. L’aspiratore gorgoglia. Inizia a trapanare. Pezzi di dente si spaccano. Sciacqua. Sputa. Pezzi di dente. Ora che il dente è diviso, si possono estrarre le due radici come fossero due denti differenti. La prima è quella ritorta. Ma non esce.
"Puttana bastarda, eppure ti muovi, cosa cazzo devo fare per farti uscire? Portami un’altra lastra"
Quando Henry comincia ad imprecare, è il caso di agitarsi. Le mie nocche sono bianche, le mani strette alla poltrona come in un giro su un ottovolante maledetto. Le chiappe mi fanno male talmente le sto stringendo. Henry posiziona la leva sul dente e con un altro attrezzo comincia a martellare con colpi decisi, scalpellandomi la radice.
"Aaaarrrrgggggggghhhhhlllllllll!!!!"
"Non mi dire che senti male…"
"Wwwrrrr…"
"Ah, ecco, volevo ben dire… Esci, puttana, esci!"
Esce. E’ ritorta come un corno scaramantico, e altrettanto rossa. Sciacqua. Sputa. Pezzi di dente. Ora tocca all’altra radice. Nemmeno quella ha la minima intenzione di uscire. Trapano. Aspiratore. Tampone. La mia mascella, come la parodia di una vagina dentata, si dilata fino all’inverosimile. Ma la radice non esce. Lastra. Trapano. Martelletto. Entra lo zio di Henry, dallo studio adiacente.
"Questa bastarda non vuole uscire"
"Dio, non ho mai visto una cosa così"
"Wwwwrrrrggglll???"
Lo zio di Henry non è delicato. Sa che c’è una sola cosa da fare prima che l’anestesia scompaia. Martellare. I suoi colpi sono decisi, rimbombano su tutta l’arcata dentale. Posiziona lo scalpello il più possibile sotto la gengiva e poi picchia, picchia, picchia. Lo sento ancora, anche adesso che scrivo.
"Aaaaaaaaaawwwwssshgblghsh!!!!!!!!!!"
"Non ti preoccupare, lo zio va giù deciso ma è bravo"
"Wwaashnculohhh…!"
"Prendimi la tenaglia da otto"
Eccola. Alla fine anche lei esce. Completamente sbarellato sciacquo, sputo, sciacquo, sputo. Henry mi mostra la carie brutta e cattivona – arrivava fino alla polpa. Sono stato coraggioso.
"Devo pisciare"
"Sì sì, guarda, seconda porta a destra"
Henry… caro, vecchio Henry. L’intervento di dieci minuti è durato in tutto ottanta minuti. Ottanta lunghi minuti con le mani di tre persone in bocca, con la mascella allungata, con l’aspiratore gorgogliante e con quel merdoso sapore metallico di sangue e medicinale che mi accompagnerà per tutto il weekend.

6 risposte a “UN POMERIGGIO COL DENTISTA”

  1. Ah, il dentista. Vecchio incubo collettivo.
    Mi hai davvero messo i brividi. Spero di non doverli mai togliere, i dannati denti del giudizio..

  2. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHH !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

I commenti sono chiusi.