IL SEQUEL DEL REBOOT DEL REMAKE

Ciao, sono in ritardo con le consegne, ma ci metto a buon prezzo un sacco di recuperi horror di stagione che per la maggior parte sono remake, reboot, sequel, remake di sequel di reboot, reboot di remake di sequel, forse c’è un prequel o un midquel non saprei, di sicuro c’è poco di originale. A parte Triangle of Sadness che merita la cover image del mese essendo essenzialmente più rivoltante di Terrifier 2 (il film che ha fatto vomitare gli spettatori in sala ha ha vabbè quanto a vomito se la giocano alla pari).
E niente, incominciamo.

TRIANGLE OF SADNESS (Ruben Õstlund, 2022)

Un consiglio che mi sento di dare a tutti quelli che vanno a vedere Triangle of Sadness è questo: non sedetevi troppo vicino allo schermo. Chi lo ha già visto capirà, chi lo deve vedere… capirà dopo.

Triangle of Sadness (la ruga triangolare “di tristezza” che ti viene sulla fronte se sei uno degli sfortunati che non può mettere le mani su una dose di botox) è un film ruffianissimo e sopra le righe che però indubbiamente si fa ricordare. Una volta si chiamavano “film a tesi” (dove la tesi sarebbe “guarda quanto fanno schifo i ricchi”, o nella migliore delle ipotesi “guarda come la lotta di classe è ancora alla base delle interazioni umane”). Oggi, non so. La si può definire una satira grottesca della condizione umana.

Un po’ Lars von Trier, un po’ Monty Python (Mr. Creosotos, anyone?), un po’ Marco Ferreri, totalmente Ruben Õstlund – di cui a questo punto urge (per me) recuperare The Square. Lo sguardo è quello dell’entomologo, i tempi quelli dilatati di dialoghi che a poco a poco, per un non detto o uno sguardo in tralice fanno scivolare personaggi e spettatori nel disagio totale.

Carl e Yaya sono due modelli slash influencer che nella prima parte del film litigano a lungo per questioni di soldi, nella parte centrale partecipano ad una crociera di lusso con un ensemble di gente schifosamente ricca, un capitano alcolista (Woody Harrelson) e un equipaggio pronto a tutto. Dopo un plot twist che non svelo, alcuni di loro si trovano a naufragare in un isola dove i rapporti di potere si invertono.

Õstlund procede per accumulo, disagio su disagio fino ad un’apocalisse di disgusto che dura tantissimo e porta la definizione di “grottesco” a livelli altissimi. Poi dopo devo dire che la parte sull’isola sembra un po’ più sfilacciata e soprattutto emerge più chiaramente quel discorso del “film a tesi” che un po’ disturba.

Tutto procede verso un finale aperto di quelli che alimentano le discussioni fuori dal cinema e oltre. Mi ha ricordato un po’ l’effetto che mi fece Parasite, tutti fuori dalla sala a commentare le varie scene. Anche in questo caso, devo dire, attori in stato di grazia che hanno dovuto sopportare parecchie cose.

Non lo eleggerei mio film preferito dell’anno, ma è sicuramente memorabile. #recensioniflash

BARBARIAN (Zach Cregger, 2022)

Allora, ho visto Barbarian su Disney+, ché da noi non ce lo fanno uscire in sala. Prima di tutto devo dire che non ho capito perché si intitola “Barbarian”, io lo avrei intitolato “Non prenotare quell’AirBnb” o “Be My Baby” o al limite “Patriarcato e barbarie”.

Comunque sia, è indubbio che Barbarian è uno degli (se non “il”) horror dell’anno. Perché è onesto ma allo stesso tempo ti spiazza, perché non è virtuosistico o serioso ma segue invece la traccia dei grandi film di genere anni ’80-’90 (vengono in mente a più riprese soprattutto Wes Craven, Tobe Hooper, John Carpenter).

Barbarian non è un film troppo splatter (oddio, un po’ sì, se vi disturbano crani sfondati, occhi cavati e braccia strappate meglio evitare), ma è un film soprattutto di tensione. Tensione giocata magistralmente e classicamente tra campo e fuori campo, tra primo piano e sfondo, veramente con pochi mezzi ma in modo efficace.

Basta poco: una casa affittata dalla protagonista su AirBnb in un quartiere degradato, una notte buia e tempestosa, il disguido inquietante iniziale che consiste nel fatto che la casa in realtà è già stata affittata anche a un giovanotto ambiguo (Bill Skargard, cioè, ha fatto IT, tutto urla maniaco stupratore lontano un miglio).

E invece poi. E invece poi? Non vi dico nulla, perché per 45 minuti (metà film) assisterete all’evolversi di questa situazione un po’ cringe, un po’ creepy, un po’ uncanny, e dopo 45 minuti BUM il film diventa un’altra cosa. Molto, ma molto più spaventosa.

Basta, vedetevelo. #recensioniflash

SLUMBERLAND (Francis Lawrence, 2022)

Ieri sera ho visto Slumberland su Netflix: il mio parere è sì, ma no. È un film per famiglie ben confezionato con un Jason Momoa che fa la sua migliore imitazione di Johnny Depp scoppiato, ma è anche un adattamento tragicamente insulso di uno dei fumetti più belli e importanti di tutti i tempi.

Quindi, intendiamoci. Se siete appassionati di fumetti e amate Winsor McCay (e come potrebbe essere altrimenti) questo Slumberland vi farà cagare a spruzzo. Se siete dei bambini o non avete mai sentito parlare di Little Nemo in Slumberland, potrebbe anche piacervi. Al netto di una CGI molto convenzionale e poco emozionante e di una sceneggiatura talmente da manuale da risultare un po’ una raccolta di cliché.

Ma Umberto Eco, non ricordo dove, diceva che due cliché fanno sorridere, cento cliché fanno commuovere, perciò…

Vabbè comunque la bambina che fa Nemo è brava, il Flip di Jason Momoa vale tutto il film e poi c’è una trama (bimba orfana viene affidata allo zio anaffettivo e per affrontare il lutto entra nel mondo dei sogni alla ricerca di un ricordo del padre morto, accompagnata da uno strano personaggio clownesco e da un maiale di peluche vivente).

Il fatto della trama secondo me è un problema, nel senso che certo funziona, è una raccoltona di cliché che magari commuove anche, ma il vero Little Nemo non ha trama, è surrealismo puro. Paradossalmente sarebbe stata mille volte meglio una versione animata affidata per esempio a Pendleton Ward (nell ‘89 ne uscì una versione animata estremamente orribile di Masami Hata, dimentichiamola velocemente).

Va beh comunque se avete bimby guardatelo. Anche se avete bimbi. #recensioniflash

AMBULANCE (Michael Bay, 2022)

Michael Bay ha fatto un film che si svolge tutto su un’ambulanza. Questa è la prima cosa che mi viene in mente quando apprendo di Ambulance (peraltro remake di un film danese omonimo).

In realtà no, non è che si svolge tutto su un ambulanza, anche se potrebbe. Ma Michael Bay prende un high concept di solida serie B e lo gonfia all’inverosimile producendo un film stordente di due ore secche che comunque per lui è l’equivalente di un progettino low budget rispetto ai suoi standard.

C’è Los Angeles, ci sono i paramedici, c’è adrenalina, c’è un protagonista ex militare in crisi perché non riesce a pagare le spese mediche della moglie malata e quindi si rivolge al suo fratello adottivo bianco (Jake Gyllenhaal che tenta la carta Nicolas Cage) che GUARDA CASO è un capoccia della malavita locale che lo coinvolge OVVIAMENTE nella rapina del secolo.

La rapina manco a dirlo va in vacca ma loro riescono a scappare, su cosa? Ma certo, sulla AMBULANCE, dove la paramedica più cazzuta di LA viene presa come ostaggio. Insomma, roba adatta a spegnere il cervello, MA – se non vi fanno venire il mal di mare le continue riprese in plongée coi droni – abbastanza godibile nel suo essere a rotta di collo, esplosiva, sopra le righe in un modo quasi tenero.

Come finisce non vi sto a dire tanto è prevedibilissimo, ma posso assicurare che è un po’ come un giro sull’ottovolante. Una di quelle cose divertenti che poi ti dici “non farò mai più”, come diceva quello. #recensioniflash

BULLET TRAIN (David Leitch, 2022)

Cos’è un film derivativo? Si tratta di quei film che ti fanno dire “Ah, ma questo è tipo Kill Bill con un protagonista maschile” o “ma qui si prende a piene mani dal cinema di Hong Kong degli anni ’80”. Poi certo, il maestro indiscusso del cinema derivativo è proprio Tarantino, ma lui ci ha costruito una carriera e dietro le sue derivazioni c’è anche una certa idea di cinema.

Bullet Train invece è un film derivativo senza troppe pretese. Derivativo di Tarantino, diranno i miei venticinque lettori? No. Derivativo piuttosto di Guy Ritchie, che a sua volta ho sempre visto come un wannabe Tarantino senza altra qualità se non quella di essere un simpatico cazzone cockney.

Tratto da un romanzo giapponese che già di base era considerato merda, Bullet Train procede nell’ordine a: agitarci davanti lo star power di un Brad Pitt in versione killer sornione rintronato; presentarci due personaggi come Tangerine e Lemon, coppia di killer “simpatici” uno dei quali cita sempre il trenino Thomas (divertente le prime due volte poi anche basta); presentarci una serie di altri personaggi pulp tutti strettamente connessi tra loro e tutti presentati con il loro nome a caratteri cubitali su schermo.

La trama sembra incasinatissima poi si risolve in una classica storia di vendetta in cui tutti vorrebbero/dovrebbero/potrebbero ammazzare tutti e un deus ex machina che è il più cattivo tra i cattivi del mondo collega tutti i personaggi tra loro. Meglio non dire nulla, per lasciare almeno qualche sorpresa se non lo avete ancora visto.

Insomma, il film è abbastanza divertente, e del resto da David Leitch mi aspettavo qualcosa di esaltante. Paga il fatto di svolgersi tutto su uno shinkansen da Tokyo a Kyoto (e non è che ti puoi inventare chissà quali scontri e lotte in uno spazio così angusto), di essere forse un po’ lunghetto e di voler essere a tutti i costi “simpatico”. Tra virgolette, proprio.

Meno simpatia e più cattiveria avrebbero secondo me giovato. Ah, alla fine c’è Sandra Bullock. #recensioniflash

NOPE (Jordan Peele, 2022)

Nope di Jordan Peele era ovviamente uno dei film che attendevo maggiormente quest’estate e poi mi son perso. Quindi con aspettative altissime l’ho recuperato e boh, forse le mie aspettative erano troppo alte. O forse la contaminazione col western non è cosa per me.

Sta di fatto che – pur riconoscendo a Peele una padronanza incredibile dello spazio filmico (fotografia di Hoyte Van Hoytema) e della gestione del fuori campo, della tensione, etc – io ho trovato Nope moscio. Cioè, un po’ Shyamalan (che per me è un mezzo insulto).

Nope ha la sua ragion d’essere in un richiamo al primo Spielberg (ma – appunto – filtrato da Sciamalaia), nelle atmosfere che ibridano l’horror contemporaneo con la fantascienza quasi anni ’50 dei dischi volanti, nei grandi spazi aperti del western, insomma: è un film profondamente americano.

In più, è un film a tesi. Anche Get Out e Us lo erano, ma in modo meno cervellotico. Qui la critica sociale sta in un gioco di scatole cinesi, dallo sfruttamento dei neri a quello degli animali, dallo sfruttamento delle tragedie personali allo sfruttamento dell’alieno, tutto per nutrire il mostro omnifagocitante che è la Società dello Spettacolo.

Intendiamoci, i film brutti sono altri (Hellraiser nuovo, ad esempio), e tutto è ben costruito, gli attori sono bravi, i personaggi convincenti. Ma sono rimasto un po’ perplesso. #recensioniflash

TERRIFIER 2 (Damien Leone, 2022)

A me fanno sempre molto ridere le recensioni in cui dicono “metà degli spettatori ha vomitato” o “ci sono stati svenimenti in sala” o “le donne incinte hanno partorito per lo spavento vedendo questo film”. Tutte (o quasi) frasi usate per descrivere Terrifier 2, il nuovo film di Damien Leone.

Terrifier 1 è un film del 2016, vogliamo dire da cestone DVD a 2 euro al supermercato? Diciamolo. Ma ha stabilito questa icona horror dei nostri anni che è Art the Clown, un misto tra Freddy Krueger, Jason Voorhees, Michael Myers e Chucky. Terrifier è uno slasher puro, dove Art il clown arriva, ammazza in modi ultrasplatter e se ne va, senza spiegare nulla.

Damien Leone è un tecnico di effetti speciali prostetici di quelli di una volta, probabilmente abbonato di lunga data a Fangoria che vive tra lattice e sangue finto. Nel 2016 ha fatto il passo forse più lungo della gamba diventando regista, ma (e qui arriviamo al dunque) Terrifier è piaciuto. Molto.

E quindi Damien Leone fa il crowdfunding per girare Terrifier 2, al quale arriva dopo 6 anni di produzione e (probabilmente) più di 4 ore di girato, che riduce a 150 minuti prima di distribuirlo. Sì, avete capito bene, due ore e mezza di slasher in cui il sangue, le budella, gli occhi cavati, il cervello spiaccicato e la carne lacerata appaiono dal minuto uno e non smettono di stare in scena fino al delirante minuto 150 (vi giuro che c’è una scena post credits che fa impallidire i film Marvel).

Terrifier 2 è talmente demente (ma non demenziale) da essere un’esperienza quasi trascendente. Confermo che non va visto mentre si mangia (come del resto ho fatto io) e che i malcapitati che incontrano Art muoiono male in vari modi (armi da taglio ma anche mazze chiodate, fruste con uncini, acido, soda caustica, lanciafiamme, martelli e quant’altro).

L’esilissima trama mette in scena due teenager, fratello e sorella che in qualche modo (tipo che il padre morto conosceva in qualche modo non specificato Art il clown?) sono connessi al killer e devono sfuggirgli mentre in torno a loro muoiono tutti malissimo.

Agli horror fan consiglierei certamente di vederlo, anche perché Leone a quanto pare è riuscito addirittura a candidare il film agli Oscar 2023 (LOL), per tutti gli altri forse è meglio soprassedere. #recensioniflash

HELLRAISER (David Bruckner, 2022)

Non so perché ogni tanto mi metto a guardare i remake o i reboot di saghe horror anni ’80. Più che altro è la curiosità di vedere se hanno fatto un minimo di aggiornamento – per dire, a me gli Halloween di David Gordon Green non dispiacciono mica.

Hellraiser nuovo no, Hellraiser nuovo è una merda assoluta. Inizia in modo promettente a Belgrado, tra uno squallore urbano e un cubo demoniaco, prosegue nel corso di un’orgia all’acqua di rose, ma vabbè. Poi il cubo viene manipolato e arrivano gli uncini e tu ti aspetti, beh, Hellraiser.

Invece è una risciacquatura di piatti con protagonista femminile in lotta con una o più dipendenze che manipola il cubo (o meglio lo manipolano i suoi cari) e arrivano dei supplizianti molto glamour e lucidi, quasi tutte femmine (che di per sé non è male, anche Pinhead col gender swap è curioso), ma si vedono pochissimo e c’è pochissimo splatter.

A meno che non mi sia addormentato per noia proprio nelle parti splatter. Comunque, è un decisissimo no. #recensioniflash

HALLOWEEN ENDS (David Gordon Green, 2022)

Hallowen Ends: ma finisce veramente o è il solito scherzone? No, a quanto pare vedendo le immagini finali del film sembrerebbe essere finita veramente. Eppure.

Vabbè, ormai mi sto facendo un punto d’onore di vedere tutti i remake/reboot/sequel di remake di reboot che sono usciti quest’anno, direi che mi manca ancora il nuovo Scream e poi ho finito. Questo ultimo Halloween è… un po’ moscio, diciamolo subito.

Il punto è che non puoi accozzare a un archetipo, a un babau delle fiabe, un’allegoria sociale e portarla avanti per più di un film. Già Halloween Kills era giocato sull’anima nera degli abitanti di Haddonfield che bramavano linciaggi. In Kills c’è addirittura la trasfigurazione di Michael Myers in Pennywise, quasi uno spirito nero che abita nelle fogne e contagia la città con il Male.

Capirete anche voi che è un po’ pasticciato. Peccato perché Halloween Kills ha una scena iniziale sorprendente e cattivissima che presenta il nuovo personaggio di Corey, che purtroppo poi si evolve in una sorta di allegoria personificata di come una persona può accogliere il male dentro di sé.

Poi bon, di gente che muore male ce n’è (molto notevole il DJ della radio) e il combattimento finale tra Batman e Jok… ehm, tra Laurie e Michael è molto brutale. Dai, diciamo che è così così. #recensioniflash