Ma non ci posso credere, Floriana entra nella Fattoria…
Non c’è fine al trash!!! :-DDD
LA LENTA AGONIA DEI GENERI ITALIANI
Ma perché in Italia non ci sono più i film di genere? O meglio, perché quando ci sono vengono prontamente insabbiati e/o omologati al linguaggio paratelevisivo? Voglio dire, di grandi autori ne abbiamo avuti e ancora ne abbiamo, anche se si contano sulla punta delle dita. Eppure, mentre altre nazioni hanno un cinema popolare vitale, noi continuamo con i drammoni storici da camera o con i rimasugli putrescenti della commedia all’italiana. Sprazzi di cinema civile (l’unico "genere" che ci riesce ancora mediamente bene) e qualche farsa surreale. Niente più horror, niente più poliziesco, fantasy, fantascienza, western… Dove sono oggi i nuovi Umberto Lenzi, Sergio Corbucci, Lucio Fulci, Mario Bava (per citarne giusto quattro tra i più noti)? Il problema è la televisione che fagocita tutto, il prime time che costringe all’autocensura preventiva tutti gli autori? O il problema è la mancanza di storie e di scrittori popolari? Abbiamo visto che gli scrittori ci sono: Io non ho paura è un ottimo esempio di film di genere. Ma quando un Infascelli risulta più o meno normalizzato (Il siero delle vanità), e autori emergenti come Gianluca Sodaro o Nicola Rondolino restano in cartellone per soli tre giorni con i loro western (Cuore scatenato) e noir (3.6), io mi domando che cosa in effetti stia soffocando la rinascita del cinema italiano di genere. Voi avete una risposta?
JULES E JIM SOTTO LA MOLE
Davide Ferrario non sarà conosciuto come Muccino o Salvatores, ma fa parte di una cerchia di autori italiani che prosegue un percorso di cinema intelligente da anni, ovviamente con tutte le difficoltà produttive del caso. Dopo Mezzanotte, il suo ultimo film, è una vera sorpresa, soprattutto per gli spettatori torinesi (tantissimi) che come me hanno visto il film nella storica sala Massimo, sotto la Mole Antonelliana – sede del Museo Nazionale del Cinema. Per me che al Museo ho anche lavorato, selezionando le fotografie storiche che ora sono esposte nel meraviglioso allestimento della Sala del Tempio, ha anche un certo valore in più. Insomma: per i non torinesi il film diventa un modo per scoprire una città, personaggio principale del film (girato tra la Mole e il quartiere dormitorio della Falchera). Per i torinesi c’è la magia in più di uscire dal cinema e vedere incombere sulle loro teste la stessa scenografia appena vista nel film. Ferrario, che secondo me era già emerso alla grande con almeno tre film necessari (Anime fiammeggianti, Tutti giù per terra e Guardami), gira il suo Jules e Jim alla torinese, con dovizia di citazioni e ritorno al grado zero del linguaggio cinematografico. I suoi personaggi non sono mai banali (e i suoi attori sono bravi e in parte). Silvio Orlando racconta il film in voce off – una soluzione a tratti ridondante, a tratti molto azzeccata. Un omaggio al cinema e alla città che lo ha visto nascere, dedicato a Maria Adriana Prolo e Buster Keaton.