SPIDER PORK SPIDER PORK IL SOFFITTO TU MI SPORK

E così, pur se ritardato dai miei calcoli renali, alla fine sono riuscito a vedere il film dei Simpsons. Che poi intendiamoci, io seguo i Simpson da poco più di quindici anni, ma non sono mai stato un fan ossessivo (anche se ho il poster di Homer in mutande che incombe sul WC). Li guardo con gusto quando posso, mi piacciono, ma non ne faccio una malattia. Il film mi attirava per il suo attaccamento all’animazione tradizionale 2D (che poi non è nemmeno del tutto vero) e per il suo status di "episodio lungo". E in effetti non è nient’altro che questo: un divertente episodio maxi che vai a vedere al cinema, con relativa presa per il culo della contaminazione tra i due media rivali. E a dire il vero tra i due media litiganti, il terzo (Internet) gode, perché la cosa più intrigante è muoversi sul sito dedicato al film, a Springfield e alla famiglia più gialla del mondo. Comunque è ovvio, non si può non rimanere agganciati dalle scene ultra-idiote tipo quella citata nel titolo… Eppure d’altro canto c’è una sottile inquietudine nel vedere una certa vena di sentimentalismo strisciante (Flanders un personaggio positivo? Andiamo…) bilanciata da uno spostamento della psicologia Homeriana dall’idiota bonaccione all’idiota cattivo (in certi passaggi è decisamente da brivido, degno del miglior Bush). Deprecabile a mio avviso l’ennesima scena di citazione disneyana (i Simpson non sono Shrek e non devono esserlo), ma per tutto il resto c’è solo la parola "MITICO"… D’Oh!

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IL PLAID, LA BORSA DELL’ACQUA CALDA E IL DVD

In questi giorni di mutua sono stato anche un po’ assente dal web. Ma è stato per un buon motivo. Era dai tempi dell’università che non mi capitava di poter vedere tanti film al giorno (una volta ne vedevo in media tre), e la mia videoteca personale pullulava di DVD acquistati e mai visti, quasi tutti classici risalenti all’epoca dei miei studi di cinema e quasi tutti film improponibili dopo una giornata difficile di lavoro… Perciò, quando le coliche lo permettevano, immerso nell’umore sonnacchioso favorito dagli antidolorifici e dai fidi compagni messer plaid e madonna borsa dell’acqua calda (lo so, sono vecchio dentro), sono riuscito a smaltire un po’ di arretrati, di cui ho piacere di parlarvi. Perché sono film che possono cambiare la vita. Mica per altro.
L’amore fugge di Truffaut (trailer). Per chi non lo sa, è la parte finale di un percorso filmico durato vent’anni e cinque film in cui il maestro francese segue le evoluzioni del suo personaggio chiave, Antoine Doinel (interpretato da Jean Pierre Léaud) dalla pubertà alla maturità. Certo, bisogna aver visto anche i film precedenti e quantomeno soprattutto il capolavoro d’esordio I 400 colpi, ma anche così L’amore fugge rispetta quel balletto così francese di rapporti sentimentali che Truffaut riesce sempre a far interpretare ai suoi personaggi. La cosa geniale, poi, è l’utilizzo di spezzoni originali tratti dai film precedenti a mo’ di flashback. Un’esperienza unica.
Questa è la mia vita di Godard (tableaux 11). Un po’ meno digeribile, ma affascinante. Soprattutto se pensate che ci sono intere sequenze di dialogo coi personaggi ripresi di spalle o cose così. Ma è Godard, gente, e non ci potete fare niente. La vita della prostituta per caso Nanà viene rappresentata (non narrata, non sarebbe esatto) in dodici quadri – quasi una via crucis. Flipper e swing, chewing gum e banditi, sesso e pistole per un quasi-documentario tinto di noir e ricco di primi piani di Anna Karina che fa sempre la sua porca figura.
Professione: reporter di Antonioni (trailer). Uno dei classici degli anni ’70 del mio amatissimo Antonioni. Palloso, certo (diciamolo pure subito), vagamente inconcludente ma geniale nel riprendere una realtà che chissà come è sempre vuota, sempre priva di senso. Nicholson non gigioneggiava ancora, Maria Schneider è eccitante anche coi vestiti addosso (ma è sempre meglio senza) e poi c’è il mitico carrello fatale in avanti di dieci minuti che provoca orgasmi multipli ai cinefili!
Rashomon di Kurosawa (trailer). Lo ricordavo più noioso, e invece il classico giapponese che tutti dovrebbero avere in casa è un film potente, molto fisico (quasi pornografico, chiosa il commentatore) e ovviamente tanto tanto pirandelliano (per chi apprezza). La storia del samurai, della sua appetibile moglie e del bandito che la violenta è analizzata sotto tutti i punti di vista, anche se il migliore è quello del taglialegna… Grandissimo come sempre Toshiro Mifune.
Il posto delle fragole di Bergman (sequenza incubo). Sogni freudiani angosciosi, dibattiti sull’esistenza di dio e sul peccato, sensi di colpa, gran gnocche bionde per tutti i gusti: il classico Bergman d’annata. Ma, rispetto a Il settimo sigillo, sicuramente più noto al pubblico, in questo film c’è un’analisi dei personaggi molto più raffinata, e una malinconica riflessione sulla vecchiaia che fa scappare anche qualche lacrima. Pensare che Bergman aveva solo 40 anni quando ha realizzato questo capolavoro…
Playtime di Tati (trailer). Qui mi spiace ma l’obiettività del giudizio cade. Nessuno al giorno d’oggi parla più di Tati, ma lui è un genio. Anche un pazzo, ovviamente, che ha fatto 5 film in 25 anni perché li concepiva già troppo complicati da realizzare in partenza. E Playtime non fa eccezione, anzi è l’apoteosi della messa in scena complicata, in cui il corpo comico si frammenta in mille rivoli di gag in campo totale, senza primi piani, senza identificazione se non con il caos. Per Tati la vita è una giostra infinita, sempre uguale a sé stessa e sempre alienante, ma tutti vogliono comunque farsi un giro.
Riso amaro di De Santis (una scena di lavoro nelle risaie). Anche qui sono di parte. Per me questo è il miglior film italiano di sempre. (Neo)realismo sociale e sindacale innestato su una solida trama noir che non ha nulla da invidiare alla produzione hollywoodiana, con cattivi perfidi come Gassman (immenso) che fa una fine degna di Non aprite quella porta! Ma soprattutto, Riso amaro è per me il film più sexy mai realizzato, perché ci sono le mondine! La mondina è un archetipo fortissimo nel mio immaginario erotico: hot pants, collant un po’ strappati, forme giunoniche e sempre piegate a novanta! La Mangano resta per me l’icona dei turbamenti adolescenziali più segreti.
E adesso? Adesso la mutua è finita, si ricomincia a galoppare tra il lavoro, gli articoli e le incombenze, e a me non è rimasto altro da vedere che Resident Evil Apocalypse. Oppure l’opera omnia di Leni Riefenstahl, ma per quella temo ci vorrà come minimo un’ingessatura

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