Lei è una che ci sta dentro, per dirla con noi giovani. Lei lavora qui, nella scrivania dietro alla mia. Lei è parte della schiera degli allegri precari, che a 27 anni sta tentando di “bucare” il mondo del lavoro. Si fa colazione insieme, si chiacchiera. Una tosta. Adesso è una settimana che la postazione qui dietro è vuota, perché lei si è fatta un controllo in ospedale e come niente deve fare un mese di chemioterapia. Quando entriamo in ufficio la sua scrivania ci guarda, come a dire “lei non c’è, ma occhio che tra un po’ torna”. Noi tiriamo avanti, ma il lavoro si trasforma in un teatro dell’assurdo. Non si fa colazione insieme. Al massimo si manda qualche SMS, sperando che leggerli possa farle sentire i nostri pensieri. E insomma, alla fine il lunedì è ancora più brutto del solito.
IL GOMITO DEL SEGHISTA
Non è il mio, non vi allarmate… Non sono ancora arrivato a quel livello! E’ che non ho potuto fare a meno di sorridere (anzi, in realtà di sghignazzare scompostamente) guardando Irina Palm accoccolato di fianco alla Stefi che ha contratto proprio in questi giorni il gomito del tennista (altrimenti noto come epicondilite omerale). Ghiaccio, infiltrazioni di cortisone nel gomito e riposo assoluto. Va bene. Però ad un certo punto anche la protagonista del film ha lo stesso problema, a causa dei… movimenti ripetitivi del suo lavoro. Da cui, il “gomito del seghista“. Farà ridere solo me, lo so… Non sono mancate le battute del tipo “Se almeno invece di sforzarti al tornio e in piscina ti fosse venuto male al gomito per motivi migliori…”! Sono un uomo di grande finezza, io.
In ogni caso, Irina Palm è un buon film inglese. Molto inglese. Un tocco di Mike Leigh qua, un tocco di Ken Loach là, visi surreali, commedia con esplosioni di rabbia, atmosfera generale molto alla “Erba di Grace” (donna di mezza età riscopre sé stessa e la sua individualità dedicandosi ad attività equivoche se non illegali). Marianne Faithfull regge l’intero film con un aplomb incredibile. Il MacGuffin di Irina Palm è noto (lei ha le manine d’oro e tutta Londra fa la fila per farsi masturbare attraverso un glory hole). Il coté melodrammatico è un di più motivazionale per evitare troppi scandali. Il tutto è risolto con fuori campo geniali, lavoro sul sonoro e sull’espressività dell’attrice. Da vedere nelle gelide serate di nebbia, con i kleenex a portata di mano.
LA MORBIDA MACCHINA
Mi sento molle. Come il protagonista di un vecchio film di Cronenberg. Che poi non è che siano “molli”, i protagonisti di Cronenberg, ma è quel tipo di scoperta che la tua carne sta mutando, che è pronta ad accogliere mutazioni metalliche, protesi, videocassette, parassiti, macchine da scrivere, joypad. Sì, lo so che il riferimento nel titolo è a Burroughs, ma in fondo Cronenberg ha fatto un film da Il pasto nudo, quindi sono autorizzato a mescolarli nel mio morbido cervello.
Tanto più che ieri ero in giro da FNAC con gli amici e i miei occhi hanno registrato nel giro di pochi minuti sia una nuova edizione del libro di Burroughs, sia una edizione de luxe del DVD di Cronenberg. Ma a parte questo, mi sento molle. E questa mollezza viene fuori in situazioni come ieri sera, in cui – complice una seduta di yoga un po’ troppo performante e una pizza assolutamente ingolfante – mi sono accasciato su un divano non mio con la bocca perfettamente funzionante ma con la parte superiore della testa ridotta ad un marshmallow rosa e pulsante. Perciò riuscivo perfettamente ad interagire nella situazione sociale e conviviale in cui mi trovavo, ma solo nella posizione del buddha dormiente e con gli occhi rovesciati all’insù.
Il che un po’ mi spiace, dato che da quando messer Marco si è trasferito stiamo ancora tutti cercando un nuovo equilibrio, in bilico come sempre tra casa lavoro amore amici progetti famiglia responsabilità. E chi non trova l’equilibrio, si sa, o precipita o fluttua. Io fluttuo. Morbidamente, come nel quadro del fumatore di hashish accoccolato su una nuvoletta. Quindi i piatti della bilancia oscillano fortemente, i miei denti diventano morbidi e gommosi, a volte rientrano nelle gengive, altre volte rimangono incollati tra loro, e io vado ai dieci all’ora convinto di essere ai cento. Attenzione, attenzione, non sono l’unico che va come un pazzo! Non sono l’unico. Bruciate i libri, uccidete i preti.