L’INSOSTENIBILE IRRAZIONALITA’ DELLA DONNA

S – Ciao!
P – Ciao, come va?
S – Io bene! Mi hai cercato?
P – Sì, ho fatto squillare un po’ al tuo interno, poi ho provato anche sul cellulare ma come al solito era spento…
S – Ah, ecco… volevi dirmi qualcosa?
P – Ma no, soltanto sentire come va
S – Sei strano.
P – No, scusa, perché io non posso telefonarti per sapere come va? Tu lo fai sempre…
S – E’ successo qualcosa?
P – Ma niente, ma perché deve essere successo qualcosa?
S – Sei strano, hai un tono strano… Non puoi parlare?
P – Ma porca puttana sono in ufficio, logico che non mi posso mica mettere ad urlare…
S – Cosa dici? Parla più forte non ti sento…!
P – HO DETTO CHE SONO IN UFFICIO, MICA MI POSSO METTERE AD URLARE!!!
S – Ah, ecco! Quindi non puoi parlare.
P – Ma sì che posso parlare, soltanto che… ma poi, cazzo, volevo solo sapere come va…!
S – Secondo me c’è qualcosa che non mi vuoi dire.
P – Ma no, che palle…
S – Va bè senti ci vediamo dopo – io adesso vado a fare la spesa.
P – Ascolta, quando arrivi a casa guarda la posta, ti ho mandato una mail.
S – Allora lo vedi che c’è qualcosa?
P – MA CI HO SOLO SCRITTO DUE CAZZATE E UN ‘TI AMO’!
S – Io non ti capisco.
P – Comunque guarda la mail.
S – OK.
P – E ricordati di prendere il caffé, che manca.
S – OK.
P – Ciao.
S – Tu mi preoccupi.
P – …
S – Va be’, ciao.

IL PEZZO DI CARTA

La segreteria dell’università: il solito girone infernale? Alla Camera di Commercio serviva il certificato di laurea. Ovviamente io, stordito come sempre, credevo che si riferissero a quello in carta legale (in carta libera ne ho un tot in casa, per ogni evenienza – ho anche quello in carta libera con esami, ottimo per assorbire le perdite del sifone sotto il lavandino). Mi dirigo dunque con piglio marziale nel mio vecchio ambiente, dove trovo lo stesso tristissimo impiegato che mi ha accompagnato nel corso di studi dal 1989 al 1994. Ma non c’è la solita coda. Come mai? Ne approfitto intanto per fare qualche foto all’Alma Mater. Mentre faccio rifornimento di certificati (io adoro i certificati) mi viene in mente di chiedere quello in carta legale (SOLO 10,33 EURO! AFFARONE!). “Lei quando si è laureato?” – “Nel 1994” – “Ma allora ce l’abbiamo di certo! Ecco, si figuri, ce lo abbiamo qua dal 2001!!!” (N.B.: 7 anni per produrre uno di quei mostri ingombranti da appendere in salotto con cornice in legno scuro). Ma sono contento così, con il “pezzo di carta” finalmente in mano dopo tanti anni. Mi sento come se mi fossi appena laureato.

LE NEVROSI DELLA MAMMA

P – …bene, allora ci sentiamo presto.
A – Aspetta, mi sa che la mamma vuol dirti qualcosa…
P – Ah, OK…
A – Prendi…? No, qui, prendi il cordless [rumori soffocati]
M – Ciao Pietro, come va?
P – Non c’è male, come dicevo a papà stavo qui – fuori piove, ci stavamo guardando un paio di film…
M – Ah, ecco.
P – Sì…
M – Senti, te lo ricordi il fasciatoio di quando eri piccolo? Di quando ti cambiavo il pannolino?
P – Mamma… come faccio a ricordarmelo?
M – Eri troppo piccolo, forse non te lo ricordi… era giallo…
P – …
M – Lo mettevo sul tavolo, poi ti toglievo il pannolino – era sempre pieno, facevi sempre un sacco di cacca…
P – Capisco… me la cavo anche adesso comunque.
M – Allora non c’erano mica i pannolini come adesso, sai? Buttavi il pannolino ma la mutandina si conservava, andava lavata e riutilizzata.
P – Sì, mamma, ma non capisco cosa…
M – Allora io andavo a lavare la mutandina in bagno, e ti lasciavo da solo sul fasciatoio, sul tavolo, in cucina…!
P – E?
M – Beh… potevi cadere!
P – Ma non sono caduto.
M – Ma potevi – e se fossi caduto? Saresti morto, sarei andata in prigione e…
P – Mamma, non sono caduto!
M – Lo so, è che mi sento in colpa – sono stata una madre attenta?
P – Ovviamente sì! E poi non puoi avere anche il senso di colpa retroattivo!
M – Eh, lo so… va bene allora… ci sentiamo poi tra qualche giorno…
P – Va bene —
M – Ciao, ciao… [rumori di tasti] Non si spegne…!
A – Il tasto rosso, premi il tasto rosso!
M – Quale tasto rosso, qui non c’è nessun tas– [linea libera]