…E se fossi salito io su quella macchina? Cosa sarebbe successo? Classico, potente e senza la minima sbavatura. Mystic River, finalmente nelle mie grinfie e sul mio lettore dopo che me lo ero stupidamente perso al cinema. Come dice l’immenso Clint nello speciale sulla lavorazione, non è niente di troppo moderno, di troppo "gonfiato". Solo un buon vecchio film solido. Dici poco! Il prologo è già agghiacciante di suo, con i ragazzini Sean, Jimmy e Dave, che sul cemento fresco non riesce ad incidere per intero il suo nome, segno visivo di una personalità spezzata sul nascere. Da grandi saranno il poliziotto, il gangster pentito e lo psicopatico devastato dalla violenza subita da bambino. E la tragedia incombe in ogni singola inquadratura. Quello che mi stupisce di Clint è come abbia assorbito il cinema classico, come non ceda mai, nemmeno una volta, ad un ghiribizzo formale, un movimento di macchina o uno stacco che non sia più che necessario. Ogni dissolvenza, ogni panoramica ha un senso narrativo ben definito. Per lo spettatore anestetizzato è una mazzata sulla nuca. Per altri, diciamo così "più avvertiti", una boccata d’aria pura in un panorama cinematografico spesso desolante. Bel lavoro, Biondo!
LA RESISTENZA DI BUTCH (PROLOGO)
Oggi (o meglio ieri). Quarta seduta. Attesa come sempre di un’ora e mezza. Ma io ero munito di DVD Magazine e Monster Allergy per far passare il tempo. Poi. Aghi nelle orecchie, come sempre. Piccoli sbuffi di Davidoff. "Signor Izzo, è alla quarta seduta, vero? Direi che è pronto per il lettino". Passo la mezz’ora seguente con le cuffie magnetiche vicino ad una cicciona smisurata ma simpatica assaporando nella mente il "lettino". Cerco di ricreare la sensazione di un altro me stesso che mi esce dagli occhi come un liquido denso e bluastro e si piazza davanti a me, un gemello siamese unito per gli occhi. Ma mezz’ora di campo magnetico non è sufficiente a far apparire l’altro. La dottoressa lo sa, la dottoressa non vuole più che lo veda. Ora è il mio turno, mi accomodo sul lettino, con i pantaloni slacciati. La dottoressa non fuma nei camerini, si limita a portare aghi più lunghi. "Vede, sono dello stesso diametro, ma più lunghi perché devono passare attraverso il derma e lo strato di adipe per raggiungere il tessuto muscolare sottostante". Szick! Beh, non si sente nulla… Szick! "Ma porca putt…!" – "Sente dolore?" – "Beh, un po’ sì… sa com’è, non sono abituato…". Szick! Hmmmmm… Szick! "Dottoressa, mi sa che il signor Izzo ha fatto una faccia brutta". Szick! "Signor Izzo, ce lo dica pure se sente dolore…. col dolore non si dimagrisce mica, ascolti il suo corpo… lo ascolti adesso. Sente dolore?" – "N-no…". Szick! Io sono rilassato. Io sono molto rilassato. Dopo tredici "szick", la mia pancia, il mio globo peloso dell’amore universale, sembra la testa del capo suppliziante di Hellraiser. Sono affascinato, vorrei toccare gli aghi, carezzarli. Li percepisco uno ad uno, percepisco il sottile corpo estraneo attraverso il grasso. E percepisco il grasso che, terrorizzato, non sa più cosa fare. La signora Sandra collega gli elettrodi ai tredici aghi. "Mi dica lei fin quando sopporta la tensione elettrica". Adesso. E mentre l’elettrostimolazione procede, io mi assopisco con la pancia sobbalzante…
"Presto! Presto! E’ incominciato!!!"
"Cosa?!? Cosa?!?"
"L’assedio, è incominciato! Hanno inserito gli aghi!"
"Preparate i rinforzi, dobbiamo contrastare l’attività muscolare!"
"Non è possibile, siamo a corto di riserva! Una settimana di dieta ha decurtato le nostre forze del 10%…!"
"Beh, trovatele le forze!!! Non possiamo stare qui a guardare il tessuto adiposo che si distrugge! Muovetevi, non vedete che sul fianco c’è uno smottamento?"
"Ha messo troppi aghi, ne ha messi più di… ahhhhhhggghhh!!!"
"Cosa succede? Cosa? Radunate tutto l’adipe, voglio ogni particella di grasso qui! Non devono vincere!"
"Signore, il muscolo addominale…."
"Cosa?"
"Signore, sta salendo in superf… aaaghhhggg!!!"
"Merda, dobbiamo assolutamente tracciare una mappa degli aghi!"
"Signore, stanno distruggendo un’area adiposa pari a un centimetro di diametro, provocano scosse telluriche nel tessuto!"
"Bastardi, hanno trovato una strategia nuova, dobbiamo cercare di studiare la loro arma!"
"Le perdite sono ingenti, signore… i liquidi si stanno trasferendo in vescica!"
"No! Non possiamo perdere anche i liquidi! Che alleato ci resta contro la fascia muscolare?"
"Ho paura che questa sia la fine…"
"No… è appena cominciata… e ricordati, loro hanno vinto solo una battaglia. Non è detto che vincano anche la guerra".
IGGY POP L’HANNO CONSERVATO NEL FREEZER
Ho capito che non sono solo e non faccio parte di un’elite di ascoltatori scoppiati: a vedere Iggy Pop e gli Stooges c’erano all’incirca 30.000 persone da ogni parte d’Italia. Andare ai megaconcerti estivi a Torino è sempre una pacchia, soprattutto se sono gratis. La prima cosa che puoi fare è osservare le persone: alcune categorie di "ggiovani" sembra che li tengano in naftalina per farli uscire solo durante i festival. Parlo ovviamente di quelli vestiti e pettinati come gli Strokes, che fanno tanto moda. Poi ci sono i tipi e le tipe sbarazzini con magliette attillate del Brasile (che non so perché ma va un casino quest’anno). Poi ci sono i punk (parlo proprio di quelli con creste colorate lunghe un metro e spille da balia ovunque, che escono di casa solo per Iggy). Poi ci sono i reduci dei ’60, fricchettoni che ondeggiano il capello bianco a ritmo di musica. Poi ci sono i supercannati che a concerto nemmeno iniziato si sono già sparati tre chilum. Poi ci sono i metallari che pogano anche quando non è ancora iniziata la musica. Poi ci sono i normali, categoria nella quale ci inseriamo io e Stefi, che al Traffic Free Festival si sentono in assoluto i più strani del gruppo. Ma andiamo con ordine. Intanto, rispetto agli anni passati, una presenza di cui si poteva sinceramente fare a meno: l’esaltata presentatrice della serata (accolta con cori di "vaffanculo", "nuda, nuda", e "faccela vedere o vattene") che è riuscita a dire una frase trashissima come "Questa sera sarete bruciati uno per uno dal sacro fuoco del rock"!!! A parte questo, si inizia con i Dirty Americans, che spaccano le casse con un suono durissimo ("uno stoner rock con influenze garage", come un metallaro urla ad un punk alla mia sinistra). I Dirty Americans sanno però che il pubblico è tutto per Iggy, e dopo una trascinante versione di Heartbreaker dei Led Zeppelin si fanno da parte per permettere ai roadie di sistemare il palco per lui. Io e Stefi nel frattempo ci siamo sistemati in una posizione ideale, né troppo nel pogo, né troppo indietro – buona visuale, insomma. Ma quando arriva Iggy non c’è posizione che tenga. Iggy è l’unico che si può permettere di fare le stesse cose di trenta anni fa: perché lui è sempre identico (se non più iguanoso ancora) e perché gli Stooges spaccano adesso come trenta anni fa. L’emozione di avere sul palco Ron Asheton e Steve McKay è fortissima, e manco a dirlo Iggy attacca con una scaletta che ripercorre proprio i primi due album degli Stooges. Si parte con 1969, poi I Wanna Be Your Dog (riproposta anche in bis), No Fun (Iggy viene raggiunto sul palco da una ventina di pogatori seminudi), TV Eye, e vari altri pezzi – compresi un paio di hit dall’ultimo album ma nessun pezzo del periodo Bowie (niente Search and Destroy, The Passenger e Lust for Life, insomma). Attorno a noi il delirio di tutte le categorie di persone, nessuno escluso. Un supercannato mi passa uno spino pesissimo, un reduce dei ’60 mi abbraccia e mi urla "I wanna be your dog" nelle orecchie, mentre Stefi si aggrappa per non essere trascinata dalla folla, ma sorride conquistata da quel demonio a torso nudo che agita la chioma lunghissima in mosse assurde – un fascio di muscoli, nervi e rock. A volte ci saranno anche periodi di merda, ma quando ai festival estivi puoi vedere Iggy Pop o Patti Smith (l’anno scorso), l’estate si illumina. L’unico problema è uscire dalla Pellerina circondato dai profumi di panini alla porchetta e alla salsiccia… una tortura improba, specie intorno a mezzanotte.
