BUSSANO A QUEST’ORA DEL MATTINO: CHI SARÀ MAI?

No, non è il Conte Dracula, purtroppo. Invece è Dave Bautista in versione insegnante delle superiori sudaticcio e piagnucoloso. Avrete capito che sto parlando di Knock at the Cabin, l’ultimo film di Sciamalayan, Shalamayan… Shyamalan, maledizione! Trailer per voi.

E allora com’è questo ennesimo “ritorno” di Shama… del regista indiano? Sulla carta, interessante. Prende il genere home invasion, lo ibrida con la sua personale ossessione per l’apocalisse e soprattutto lo ribalta radicalmente presentandoci gli “invasori” come personaggi con cui empatizzare.

Ma andiamo con ordine. Il film ha un attacco strepitoso, con la bambina Wen che gioca nel prato davanti alla sua casa delle vacanze e un gigantesco Dave Bautista che si avvicina a lei suadente e tenta di fare amicizia (ma si capisce che dietro c’è qualcosa di ambiguo). Superata l’impressione che di lì a poco la bambina possa dire qualcosa come “Ora più niente restare, cosa possiamo ancora gettare?” (insieme, i due fanno persino m’ama non m’ama con i petali di un fiore), arriva la terribile rivelazione. Bautista non è solo, di lì a poco arrivano Rupert Grint sempre un po’ Ron Weasley e altre due tipe dall’aspetto di pazze tranquille.

I quattro per farla breve irrompono in casa di Wen e dei suoi due papà, li legano e gli spiegano che non faranno loro del male ma che per fermare l’apocalisse già in atto loro dovranno sacrificare un membro della famiglia, non vale il suicidio, serve proprio un sacrificio umano in grande stile, altrimenti Dio onnipotente scatenerà tsunami, cavallette, pestilenza e fulmini incendiari.

Ora, capirete anche voi che le premesse sono un po’ assurde, ma questo è Scialam… vabbè.

Lati positivi: una regia che riesce comunque a tenere alta la suspence trattando in pratica una stanza chiusa come una location in cui fare sfoggio di cambi di fuoco, inquadrature angolate in modo inedito e interessanti movimenti nello spazio; Dave Bautista che recita in sottrazione; il fatto che ci sia una coppia gay e che non tutto giri morbosamente sulla loro sessualità.

Per il resto, sangue poco (ce ne sarebbe a fiumi, ma viene deciso di non farcelo vedere); scrittura sciatta e da costante machecazzo; addirittura ti buttano lì una potenziale importantissima sottotrama per poi non risolverla assolutamente (l’identità di uno dei quattro autoproclamati cavalieri dell’apocalisse potrebbe essere già nota ai due padri).

Finale assolutamente prevedibile e moscio come in tutti i più recenti film di Shyamalan, a parte forse The Visit e Split che restano i suoi unici thriller che funzionano – almeno secondo me.

E niente, tutte le volte ci casco. Pensare che i titoli di testa sono belli.