ANATOMY OF A FALL: TRA HITCHCOCK E TRUFFAUT

Uscito anche su Mubi da pochissimo, Anatomy of a Fall è un film di quelli che – magari inaspettatamente – finiscono per ossessionarti. Un dramma processuale francese di due ore e mezza? Naa, mi dicevo

E invece Justine Triet (che col marito Arthur Harari ha anche vinto l’Oscar alla miglior sceneggiatura originale, oltre che la Palma d’Oro a Cannes), riesce a tenerti inchiodato grazie a un modo di raccontare la storia per accumulo di dettagli e suggestioni, e uno stile registico quasi dimesso, con camera a mano, spesso incollato al volto dei personaggi o dietro la loro nuca.

Sandra (Sandra Hüller) è una scrittrice tedesca di successo, che vive col marito francese Samuel in una baita vicino a Grenoble. Hanno un figlio quasi completamente cieco, Daniel (Milo Machado Graner, inspiegabilmente escluso dalla cinquina degli Oscar come miglior attore non protagonista, sinceramente la miglior performance vista da un attore bambino negli ultimi 10 anni).

Samuel cade dalla soffitta e muore, viene trovato dal figlio e viene denunciato l’incidente. Ma si è trattato veramente di un incidente? Il ragionevole dubbio c’è, e Sandra viene incriminata. Comincia un processo in cui la verità è estremamente difficile da portare a galla, e in cui la figura di Sandra e il suo matrimonio con Samuel vengono vivisezionati sotto gli occhi (o meglio le orecchie) di Daniel, che oltretutto è uno dei testimoni chiave del processo.

Sandra è una donna assertiva, bisessuale, la metà “dominante” della coppia, non la tipica donna della porta accanto, e perciò viene messa in croce dal pubblico ministero. Emergono litigi, bassezze, zone di luce e di ombra di lei e del marito morto. Alla fine sta alla corte (e prima ancora al piccolo Daniel) decidere sulla colpevolezza o meno di Sandra in assenza di prove decisive.

Quando non si può stabilire il “come”, dice Daniel, forse è meglio provare a stabilire il “perché”. Un film destabilizzante e molto coinvolgente, a Truffaut e Hitchcock sarebbe piaciuto.