LUNGO I BORDI

La piscinaL’altro giorno mi è venuta in mente questa cosa (io ogni tanto ho le epifanie in particolare su alcuni aspetti della mia coscienza): che io vivo ai margini. Anzi più precisamente: non è che vivo ai margini, ma quando posso mi ci trovo bene. Cioè, sono ben poche le cose che mi spingono a mettermi in gioco direttamente, a scendere nell’arena dell’azione, o dell’espressione. L’amore, gli amici, la famiglia. Nel tempo, per non diventare un soggetto autistico, ho imparato ad estendere di qualche metro la sfera di quello che conta.

Ma al di là di questi tre elementi fondamentali (e a volte anche in relazione a questi, quando agitano troppo le acque) mi mantengo quasi sempre lungo i bordi. Sono uno che trae più godimento nel veder agire qualcuno bravo nel suo campo piuttosto che provare io in prima persona a cimentarmi nell’azione.

Immagina questa piscina: dentro c’è molta gente che nuota, qualcuno bene, qualcuno annaspando. Ai bordi della piscina c’è altra gente che osserva. Io sono uno di quelli. Gli osservatori di norma sanno nuotare benissimo, ma preferiscono di no. Sono contenti di studiare quelli che nuotano, magari di aiutarli, incitarli o conversare con loro in un momento di pausa. Ma se possono, non si bagnano.

Aspettano, riflettono, esplorano ogni angolo della piscina, compresi gli spogliatoi, le docce, gli spalti. Poi improvvisamente ci si tuffano, si impegnano a fare quattro o cinque vasche a grandi bracciate, ma appena possibile escono di nuovo, quasi disgustati da ciò che hanno appena fatto.

Ecco, a volte mi devo buttare anche io. La vivo sempre come una forzatura: fosse per me vivrei una vita molto contemplativa. Mi piace iniziare le cose e lasciare che siano gli altri a finirle, magari con il mio aiuto fornito dall’esterno.

Più che un eroe, sono un mentore.
Peccato che quelli di solito fanno una brutta fine.