Negli ultimi giorni ho letto un libro che mi ha fatto un effetto strano.
Il libro è Ready Player One di Ernest Cline. Un tizio che intanto aveva già il mio massimo rispetto per aver scritto il film Fanboys e che si è guadagnato un sacco di punti in più quando ho scoperto che in garage ha una DeLorean. Cioè… Quella DeLorean. Che poi è anche l’unica, vabbeh.
Chi mi conosce sa che io sono un animale culturale onnivoro, leggo, guardo e ascolto veramente di tutto, apprezzando di più o di meno determinate cose. Ma sono pochi i prodotti culturali che mi toccano in quella zona oscura dove c’è il mio cuoricino di dodicenne che batte indomito e libero. Perché sulla carta siamo tutti molto intellettuali, apprezziamo il cool jazz, i romanzi postumi di Nabokov e i film di Terrence Malick. Ma in realtà ci sciogliamo per My Sharona, i film di John Hughes e libri come questo.
Ready Player One (egregiamente edito da ISBN, il mio editore preferito in Italia) è un’enciclopedia frizzante e postmoderna di tutto quanto fa(ceva) pop negli anni ’80, pur svolgendosi nel 2044. Lo potrei definire un incrocio tra William Gibson, Super Mario, Scott Pilgrim, Thx 1138, Matrix, George Orwell e una interminabile partita a Dungeons & Dragons. Essenzialmente il libro che avrei voluto scrivere io se il mio livello di nerditudine non fosse mille volte inferiore a quello dell’autore.
Anzi, facciamo attenzione. Non nerd, ma geek. La differenza sta tutta in questa meravigliosa infografica che ora fa la sua porca figura appiccicata vicino alla mia scrivania. Comunque sia, c’è il futuro distopico, la realtà virtuale, i visori e le tute aptiche, c’è il viaggio dell’eroe che è la struttura base di ogni storia d’avventura e di scoperta di sé che si rispetti (nonché di ogni buon videogame da SuperMario a Zelda). Il libro stesso si svolge come un enorme videogame (e a volte come un gioco dentro un gioco dentro un gioco, un po’ come Inception, se sostituiamo la parola ‘gioco’ alla parola ‘sogno’). Si gioca a Pacman, a Joust, a Galaga. Si rivive Wargames, Ladyhawke, Corto Circuito. Cosa ci può essere di più esaltante?
Essendo un libro scritto apposta per raggiungere quella zona di cui parlavo prima, mi ha coinvolto in prima persona con i suoi mille riferimenti ad abitudini e fissazioni tipiche del decennio in cui sono cresciuto. E adesso, pur avendolo riposto nel suo box cartonato (il libro è dentro un cofanetto, e per i più geek c’è anche la maglietta omaggio), subisco ancora gli effetti dell’immersione in quel mondo letterario a 8 bit.
Perciò vago compulsivamente su eBay per vedere se posso acquistare a un prezzo ragionevole l’Atari VCS 2600 che incautamente i miei avevano passato a chissà quale cuginetto nel momento in cui le mie attenzioni si sono rivolte al mondo di Windows 3.11. Perciò spulcio la cantina di mia madre alla ricerca di vecchi giochi Mattel Electronics della fine degli anni ’70. Perciò riscopro le origini del mio vivere da pioniere digitale (non posso definirmi nativo, ma ho cominciato a pasticciare con un Sinclair ZX80 a 10 anni). Anzi, vediamo se posso ricomprare ancher lo ZX80. E lo Spectrum, già che ci siamo.
In ogni caso nel 2014 vedremo il film. Prima di allora, leggete Ready Player One.
Ma solo se avevate tra i 10 e i 15 anni nel 1982.
O se siete irrimediabilmente geek.