È difficile parlare di un film come Trap. Me lo avevano detto in tanti, “non guardarlo che poi ti incazzi”. E in effetti. Trap è il più recente film di M. Night Shyamalan, con un bravo Josh Hartnett (che fine aveva fatto?) nel ruolo di un premuroso papà di una dodicenne che la accompagna al concerto della popstar da lei adorata. Senonché, questo adorabile papà è anche il pericolosissimo serial killer noto come “il macellaio”.
Ora. La premessa è bellissima, c’è spazio per una prima ora di film magistrale, di scimmiottamento hitchcockiano, ma scimmiottamento fatto bene. Sorvoliamo sul fatto che la popstar è la figlia di Shyamalan e che lui si ritaglia un cameo dallo screentime esagerato, e la prima ora di Trap sembra un film fighissimo.
Poi sembra che Shyamalan abbia deciso di aprire il manuale “Come mandare in vacca un film” a pagina 1 e che voglia farci vedere tutti i modi in cui può alienarsi lo spettatore negli ultimi 40 minuti. La sospensione dell’incredulità diventa impossibile nel momento in cui il protagonista riesce a sfuggire alla “trappola” tesa dalla profiler dell’FBI sempre continuando a fare il papà modello.
Tutta la scena con la cantante a casa sua è assolutamente ridicola e mal costruita e da lì in avanti il film semplicemente si accartoccia su sé stesso come un castello di carte poco stabile. Dopo una risoluzione banale e una inquadratura finale ancora più banale, c’è persino spazio per una scena mid-credit che dovrebbe far ridere. Dio mio, come siamo caduti in basso.