PENSIONE COMPLETA

PENSIONE COMPLETADa quando la Creatura riempie le nostre giornate, anche le vacanze devono contemplare le sue esigenze. Da qui la pensione completa in riviera adriatica. Non mi nascondo dietro a un dito: è verissimo che in Romagna c’è una cultura della famiglia e del bambino che fa spavento per quanto è efficiente, ma il punto vero è che per noi adulti ormai la vacanza consiste nel non dover possibilmente fare un cazzo a parte controllare che l’erede non affoghi. E dunque. Dieci giorni contati di mare in un posto così (di più no, ché i prezzi sono un po’ alti) fanno veramente la differenza in termini di relax. Purtroppo c’è un rovescio della medaglia. Come ce l’hai tu questa idea balzana di scialarti sulla spiaggia con la birra in mano, ce l’hanno anche altri 60 milioni di italiani. E se ti guardi intorno tra gli ombrelloni, o ai tavoli vicino, ci sono loro. Gli italiani veri, quelli che di solito vedi solo in TV.

Per cominciare, al primo giorno di mare capisco come mai l’attività di tatuatore/piercingatore tira sempre tantissimo (lavoro in Camera di commercio, e lasciatemelo dire, i tatuatori sono una delle poche attività in costante crescita). In pratica, non esiste un essere vivente sopra i 15 anni che non sia tatuato. I più discreti – una minoranza, di cui peraltro faccio parte anche io, non è che mi fanno schifo i tatuaggi, eh – hanno una scritta, un glifo, un qualcosa in parti del corpo anonime. La stragrande maggioranza ha gambe, braccia, collo, schiena, fondoschiena, mani, piedi, cuoio capelluto (per i rasati) completamente intessuto di creazioni a inchiostro nero dalle più trash a quelle decisamente inquietanti.

Io comincio lì a sentirmi a disagio, parte di un’umanità con la quale ho in comune giusto il fatto di avere un bambino piccolo che tenta di arare gli spazi sabbiosi con la bocca o di rubare qualsiasi gioco veda snobbando senza pietà i suoi. A parte quello, mi tengo in disparte e osservo. Le code all’italiana, quelle dove non esiste un ordine preciso e tutti hanno diritto a dirti che c’erano prima loro, che tizio ha tenuto il posto, quelle dove se non sei arrogante e furbo anche tu, passi per ultimo. Il modo in cui viene trattato il personale di servizio (camerieri, personale delle pulizie, bagnini), della serie “ho pagato e devi fare il tuo lavoro” – un concetto che sulla carta non ha niente di male, ma che si risolve in sigarette ciccate ovunque, dita schioccate, maleducazioni infinite, abitudine a dare del “tu” a tutti i lavoratori che hanno un nome straniero, e via dicendo. (Di questo se n’è accorta persino mia moglie, nel momento in cui una ragazza che puliva le stanze al piano ci ha guardato con terrore perché quando siamo arrivati dal mare lei non aveva ancora terminato di pulire la nostra stanza e si profondeva in scuse. Noi sabaudamente abbiamo detto “Ma si figuri, finisca con comodo che noi aspettiamo un po’ nella hall, ci leggiamo un giornale” – e intanto avevamo il magone per il modo in cui la tipa si era rivolta a noi).

Anche nello stile pedagogico notiamo spesso delle sottili differenze, che ci fanno sentire un po’ mosche bianche. La Creatura, non diversamente da altri bambini, generalmente aspetta il momento dei pasti per sfogare tutta la sua frustrazione e la sua rabbia articolando le frasi più complesse che conosce (in genere “NO PAPÀ NO MAMMA BARBAPAPÀ” che vuol dire “Non me ne frega un cazzo di mangiare io voglio che cacciate due euro per il distributore di Barbapapà gonfiabili che sta nella hall dal lato opposto al ristorante”). Ecco, in questo caso a noi genitori old skool “monta il cristo”, come si suol dire: prendiamo la Creatura da parte – fuori dal ristorante – e cerchiamo di spiegargli prima con tono calmo, poi con tono fermo, infine con tono sibilante e minaccioso a volte accompagnato da uno o due scapaccioni, che quando è ora di pranzo è buon garbo non urlare BARBAPAPÀ a pieni polmoni. Ecco, questo è solo un esempio, per dire: gli altri genitori no. Lasciano urlare i bambini per ore ignorandoli e/o li lasciano correre e scalmanarsi in giro per il ristorante. D’accordo, è un hotel/ristorante per famiglie. E tuttavia a me non sembra un motivo valido per abdicare alla funzione genitoriale (poi chiaro, se c’è la crisi nera si tira fuori un’app su uno smartphone e improvvisamente qualunque bambino resta ipnotizzato e muto).

In generale, osservando la gente intorno a noi, viene naturale l’illuminazione che ci porta a capire il motivo per cui la classe politica italiana è quello che è. La vediamo in filigrana attraverso i suoi elettori, gente che sotto l’ombrellone parla di scie chimiche e invasioni rettiliane (giuro! Anche se quello dei rettiliani mi è rimasto subito simpatico), gente che critica l’amministrazione pubblica persino del luogo dove va in vacanza sindacando sulla tenuta delle strade comunali e concionando sul fatto che la spiaggia è privata ma la riva è demaniale, gente che parla sostanzialmente quasi sempre di soldi, quanti ne hai fatti, quanti te ne hanno rubati (sic!) in tasse, quanti sei riuscito a farne in nero, quanto hai pagato una cosa (e sanno sempre il posto dove la paghi di meno), di tatuaggi (ça va sans dire), di ricette col pesce che loro sanno sempre cucinare meglio dei cuochi dell’albergo, etc.

Poi, va da sé, ci sono degli aspetti curiosi anche nel personale che lavora in questa rodatissima industria del divertimento. Riprendo giusto due impressioni annotate a suo tempo su Facebook, la prima sugli animatori, la seconda sui camerieri.

6 agosto – L’animatore è un mestiere infame, io gli animatori li guardo con stima da lontano, perché fortunatamente la Creatura è ancora piccola per subire il loro fascino e io proprio sono fuori target totalmente. Però qui c’è Sasha, un’animatrice che insomma, porta tipo la quinta coppa D, un culo che come si dice dalle mie parti “fa provincia”… In due parole il mio tipo. Fa bene al cuore vedere quanto si dimena per il “risveglio muscolare” al mattino o per l’aquagym. Ecco, però un bravo animatore può cadere sul più bello dalle stelle alle stalle. È successo a Sasha quando alla serata karaoke le hanno fatto cantare “Almeno tu nell’universo” introducendola come una “gran voce”. Purtroppo come potete immaginare ha assassinato la canzone. Ora non riesco più a guardarla negli occhi. In compenso c’è Gennaro, il cuoco pugliese gay che ogni volta che mi avvicino al buffet mi guarda e mi dice assaggia questi ravioli al branzino / spaghetti allo scoglio / penne melanzane e sgombro, mi riempie il piatto, lo annusa prima di darmelo e con sguardo estatico manda un bacino, non ho capito se a me o al piatto da cui si deve separare. Comunque: la vita qui è intensa. Molto intensa.

7 agosto – L’hotel dove stiamo ha due ristoranti annessi. Uno si trova davanti al nostro ascensore, l’altro devi uscire e fare venti metri di strada, ma è meno claustrofobico. I camerieri però hanno uno strano modo di invitarti a mangiare da loro, e solo da loro. Tipo che ti guardano con misto disprezzo e pietà dicendoti “Ah… Vai a mangiare di là…” (come a sottintendere non sai cosa ti perdi a non mangiare da noi). In particolare c’è Lionela, che da quando mi ha detto il nome ogni volta che la vedo mi parte un pezzo di Lionel Richie a caso tra Hello e All Night Long – gli unici due che conosco. Lionela, dunque, carica il suo sguardo colpevolizzante di un qualcosa in più. Qualcosa di veramente inquietante, che ti spinge a mangiare da lei non foss’altro che per evitare il bruciore di QUELLO sguardo tra le scapole. Seduti a tavola, Lionela ti fissa mentre mangi, sempre con QUELLO sguardo, salvo poi sorridere di colpo e chiederti “È buono, VERO?”. Da ieri ha preso a fissare la Creatura e pretendere bacini a ogni passaggio accanto al tavolo, pena la sottrazione del cibo (un’opzione genericamente non praticabile nella nostra famiglia). Insomma, c’è una vaga inquietudine nell’aria. Oggi ci siamo assentati per qualche ora per fare una gita a Rimini. Ho immaginato Lionela, il signor Armando e il bagnino Paride che si messaggiavano via walkie-talkie: “Non sono venuti a pranzo” – “Nemmeno in spiaggia si sono visti” – “Maledetti, sono fuggiti, fuggiti…!”. Ma forse è solo la dimensione dell’hotel a pensione completa che ci fa andare un po’ fuori di testa.

Ma ripeto: nulla è comparabile all’osservazione della clientela, sempre un passo avanti nello stupirti con (brutti) effetti speciali.

Allora è chiaro che la prossima estate ci troveremo di fronte ad una scelta epocale: tornare a immergersi nel paese reale, optando per la pensione completa e i suoi vantaggi ma subendo la vicinanza di quelle persone che ci piace tener fuori dalle nostre amicizie e dai nostri profili social perché non hanno nulla in comune con noi e anzi ci fanno orrore, oppure ritornare al concetto della vacanza come fuga dalla realtà – vuoi all’estero, vuoi in luoghi dell’Italia assolutamente non frequentati da italiani?

Noi abbiamo abbastanza chiaro cosa faremo.
Il problema sarà arrivare carichi di energia per fare noi da mangiare / le pulizie / l’animazione serale. Il tutto sempre facendo attenzione che il pupo non anneghi.