LE CAPOCCETTE DE PAPERINO

Il prodotto editoriale è una di quelle rare cose che posso pensare di acquistare a rate. Forse perché le edicole mi abbagliano, i giornalai mi affascinano e qualunque cosa i gruppi editoriali tentatori mi propongano “in più volumi” ha un indiscussa presa sulla parte più antica e animale del mio cervello. In particolare quando si parla di fumetti. E ancora di più quando si parla di Carl Barks, e della ristampa della sua opera completa. Mi vedo perciò costretto, fin da gennaio, ad acquistare ogni settimana La dinastia dei paperi proposta dal Corriere. Il problema è che non se ne vede la fine!

Non che sia spiacevole, ma sto cominciando a sognarmi le capoccette de Paperino pure quando vado in trance… Adesso le risposte dall’inconscio me le dà direttamente Zio Paperone. Ma sento che devo farlo. Barks per me è Dio. Da piccolo, per me c’erano Barks e Floyd Gottfredson, e poco altro. Poi, siccome faccio parte della schiera degli ammiratori incondizionati dei paperi, e Topolino mi è sempre sembrato un po’ puzzone (del suo mondo salvo solo Pippo perché è uno sballato ed Eta Beta perché mangia la naftalina) è rimasto solo Barks.

Potreste chiedervi se sono stato ragazzino negli anni ’50. Ovviamente no. Solo che – a fronte di una dieta equilibrata di Topolini dei miei anni d’oro (1977-1982) tuttora conservati a casa dei miei – ho sempre fatto scorpacciate di storie pubblicate tra il 1959 e il 1964 (mio padre curiosamente i suoi Topolini li leggeva a vent’anni) e di Super Almanacchi Paperino e Classici di Walt Disney che ripubblicavano spesso e volentieri il mitico Zio Carl (oltre alle “grandi parodie” molto apprezzate dal sottoscritto). Poi ovviamente c’erano Giovan Battista Carpi, Romano Scarpa e Luciano Bottaro, al cui lavoro nell’ambito del Disney Program andrebbero dedicate altrettante serie superlusso a volumi commentati. Mettiamoci anche Giuseppe Perego (grande copertinista) e Giorgio Cavazzano (l’unico dei “grandi” ancora in vita), e abbiamo ricostruito il mio personale olimpo disneyano. Ah, no: dimenticavo Don Rosa, il cantore di Zio Paperone che si ispira dichiaratamente a Barks nello storytelling e nei disegni.

La dinastia dei paperi merita, è molto filologico, ricco di apparati e di chicche impensabili, tipo riproduzioni dei quadri a olio di Barks, storyboard, tavole iniziate e mai concluse (o concluse dall’amorevole Don Rosa). Non potrebbe essere altrimenti, quando in redazione c’è l’immenso Luca Boschi. Siamo a quota 23 volumi, e la mia libreria sta già implorando pietà. Ci vorrà pazienza fino al numero 40. Ma ne vale la pena. Paperino è trasversale. Piaceva anche a Peppe Er Pantera, responsabile dell’espressione romanesca del titolo.

Rileggendo il post vedo che potrebbe essere usato come una mini enciclopedia dei paperi… Non ho questa presuzione, ovviamente, ma se siete incuriositi dalle mie ossessioni catalogatorie, potreste dare un’occhiata al progetto InDucks (c’è anche in italiano) che è una manna per i ricercatori disneyani e per i fan un po’ ossessivi come me.

2 risposte a “LE CAPOCCETTE DE PAPERINO”

  1. E allora la nostra formazione sessuale è analoga. Anche io Lamù!!! E per quanto riguarda l’educazione sentimentale il più sottile Maison Ikkoku… Tra i mangaka la Takahashi è la mia preferita, sopra Osamu Tezuka, persino!
    Ora capisco i motivi profondi della scelta della tua partner! 😀

  2. Ti capisco. 50 DVD di Lamu (senza contare i film e gli OAV). D’altra parte, per il cartone animato che mi ha formato sessualmente, andava fatto.
    Pollice su per Barks, tutta la vita. E anche per tutti gli altri che hai citato, ovvio. Una volta o l’altra io e te si deve andare a mangiare da U Giancu a Rapallo.

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