Non so a quanti di voi sia noto il concetto di “vacanza di lavoro“. A me purtroppo è ben noto da un paio d’anni a questa parte. Da quando, cioè, sono costretto a fumarmi quei cinque o sei giorni di ferie (sui 30 consentiti dall’amministrazione in cui lavoro) per scendere al sud e smazzarmi i problemi che la casa patriarcale ancora pone in termini di burocrazia, riparazioni, tasse e simili. La gente la fa facile, mi dice “beh, ma sta casa affittala… vendila… che aspetti”?
Ovvio. Affittarla è improponibile (troppi lavori da fare). Venderla sì, ma con juicio. Cioè… Intanto l’atto di acquisto della casa stessa l’ho reperito solo adesso. Era sepolto in mezzo ad altre mille carte in una scatola da scarpe nel ripiano più remoto di un armadio a muro familiarmente noto come “l’armadio di Masaniello” (pensavate che il titolo fosse una fine metafora rivoluzionaria? E invece no: è proprio da prendere alla lettera). Si chiama così perché appesa alle ante dell’armadio c’è la vita di Masaniello in 16 tavole commentate.
Reperito quello, le cose si sono semplificate. Ma c’è da affrontare un mezzo trasloco, e da vedere se i parenti di giù vorranno acquistare l’appartamento (così la casa resterebbe in famiglia, non dovrei necessariamente far piazza pulita della roba che non intendo tenere, etc). E poi, appunto, la roba (in senso verghiano). Quadri, sculture, suppellettili, mobili di modernariato quando non di antiquariato. In tema di arredamento la nonna seguiva fedelmente i dettami dell’Enciclopedia della donna (Fabbri Editori), che infatti si annida nell’ultimo ripiano a destra della libreria in sala.
Tra uno scatolone, una banca, un commercialista, una posta e uno scaldabagno che tira le cuoia (ogni volta che scendiamo c’è una piaga nuova che ci aspetta, prima di questa ci sono stati i topi, i serramenti bloccati, gli sciacquoni dei WC, i tubi che facevano le chiazze d’umido agli inquilini di sotto) abbiamo trovato il tempo per una giornata rigenerante: una visita a Napoli. Devo confessare che – paranoiati dal tam tam mediatico che insiste nel proporre l’equivalenza “napoli=rifiuti=camorra” – siamo scesi a Napoli Centrale vagamente intimoriti.
Invece ci siamo scialati camminando dalle 12 alle 19 senza sosta, da via dei Tribunali a piazza San Gaetano, da San Domenico Maggiore al Monastero di Santa Chiara, da via Toledo a piazza Plebiscito, da Santa Lucia a Castel dell’Ovo. Senza che nessuno ci scippasse lo scippabile, senza i cumuli di rifiuti (lo so che il problema esiste fuori dal centro, ma vorrei dire che non dovrebbe fermare i turisti che vogliono visitare la città), in una parola senza Gomorra. Che poi devo ancora vederlo, il film. Ma intanto mi sono goduto per un giorno la città di mio padre, dove non avevo mai messo piede. Le piccole soddisfazioni di un mezzoterrone sradicato…!
@francesco: grazie, sarà per la prossima volta! Per ora abbiamo visto napoli in superficie, ma ci manca ancora napoli collina e napoli sotterranea… 😉
@odiamore: già la riedizione rizzoli condensata era da brivido, ma tutti e tredici i volumi originali… dio mio, è una cosa devastante! Specie i capitoli su come ricevere in casa senza servitù!
Oh mio dio! L’Enciclopedia della donna!! Grazie, Pietro: mi hai fatto riaprire una stanza, anzi: una vila hollywoodiana piena di ricordi. Tra lezioni di trucco e arredamento, le grasse risate a leggere i paragrafetti sul galateo con quelle vignette meravigliose. Ecco un ottimo motivo per convincere finalmente mia madre a rompere il ghiaccio e andare a casa della nonna a fare un po’ di ordine. Perché con la nonna ancora viva di corpo ma non tanto di mente, purtroppo, non è mica tanto facile.
a saperlo ti avrei offerto volentieri un caffè 🙂
(se ti serve una mano a napoli, comunque, a disposizione, eh)