LAMPI NEL TEXAS

Ce l’ho in testa da qualche giorno, Non è un paese per vecchi. Negli ultimi anni, devo confessarlo, non vado più al cinema tanto frequentemente. Sono diventato selettivo. Parecchio selettivo. Le categorie di film “da vedere al cinema” si sono ridotte a quei film che mi attirano per i loro effetti speciali o la loro fotografia e quei film che istintivamente sento molto vicini alla mia visione. Non è un paese per vecchi soddisfa entrambi i requisiti. L’effetto speciale più interessante è il Texas. La particolarità del film è quella di dipanarsi come un temporale elettrico, con tuoni, lampi e pochi scrosci di pioggia.

La cosa curiosa è che spesso i film troppo premiati non incontrano i miei gusti. Ma in questo caso capisco il paradosso. Il film dei Coen è tanto “classico” quanto “problematico”. Poco barocco, poco postmoderno (a parte in alcuni scorci) soprattutto per quel che riguarda la tecnica. Per quanto riguarda la storia, sicuramente c’è quella dose di eccesso che può accontentare anche i fan più affezionati. Ma la storia della valigetta piena di dollari, come si accennava qualche post fa, è per l’appunto un MacGuffin. E davvero non c’è film dei Coen più hitchcockiano di questo.

Ragioniamoci: una valigetta che in realtà non ha alcun senso, quello che conta è l’angoscia e il gioco del gatto col topo (cfr. Intrigo internazionale). Un protagonista che muore senza troppi indugi ad un certo punto del film (cfr. Psycho). E ci sarebbero altri elementi. Poi c’è John Ford, anche senza Monument Valley, e tanto Peckinpah, anche senza slow motion. Ma soprattutto c’è un gioco incessante tra i campi lunghissimi e i primi piani, tra un paesaggio texano riarso e un paesaggio di rughe (Tommy Lee Jones), di sudore (Josh Brolin) e di follia (Javier Bardem).

Inutile dire che il personaggio di Bardem (il killer Anton Chigurh) è il più affascinante del film. Un raro caso di personaggio che inizialmente suscita risatine e poi solo gelo allo stomaco. Una pettinatura da copiare. Lui e la sua arma ad aria compressa, il suo aplomb, la sua voce minacciosa e il suo schifo del sangue, che pure sparge a piene mani. Il film sembra finire un paio di volte, prima che finisca veramente. Quando finisce (avvertimento) lascia parecchio amaro in bocca.

Come volevasi dimostrare, quando è finito l’altra sera nella sala buia un paio di voci hanno esclamanto “Beh? E la valigetta? Cazzo di film…” – ma la valigetta è il MacGuffin, cari spettatori, la valigetta è il MacGuffin. La vera storia è che – caso vuole – il male vince più spesso di quanto crediamo.

2 risposte a “LAMPI NEL TEXAS”

  1. ah, per me, contami pure! E vogliamo dimenticare il simbolo dell’innocenza contaminata (il clean american boy) nel prefinale?

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