Oggi ho rimesso in strada la moto. Lo so, lo avevo già fatto. Durante l’inverno ogni tanto faccio qualche giro in pista, per riscaldarla.
La “pista” sarebbe il sottopassaggio di corso Spezia, dove non va mai nessuno, specialmente la domenica, e dove si può tirare a manetta e fare qualche giro in tondo.
La moto è un po’ acciaccata, ma bisogna ammetterlo, per essere una moto che tra qualche anno diventerà “storica” è bastato tirare un pochino l’aria ed è partita subito, nonostante fosse ferma in pratica dallo scorso novembre. Certo, non è stato facile tenerla accesa. Ho dovuto fare una mezza dozzina di circospetti giri dell’isolato per essere sicuro che non mi abbandonasse nel sottopassaggio – quella sarebbe stata una situazione imbarazzante, soprattutto perché per uscirne a spinta bisogna affrontare una salita interminabile.
E magicamente sono subito riapparsi i doloretti alle mani, causati da frizione e freno un po’ duri, e quel disagio alle spalle e al fondo schiena tanto familiare. In fondo sono nel mezzo del cammin della mia vita, e ho una stazione della metro proprio sotto casa: chi me lo fa fare di andare in moto? Non so. L’inverno sembrerebbe finito, e la moto torna nei miei pensieri come sempre. La guardo, vedo tutti gli acciacchi che ha. Il parafango storto, la marmitta bucata, la forcella un po’ storta, gli specchietti uno diverso dall’altro, la targa sempre in procinto di cadere, il fanale posteriore assurdamente “rientrato” e storto da un lato… Eppure è la mia moto. Mi rappresenta: è un cruiser addomesticato, poco potente ma affidabile, un po’ poltrona un po’ zattera di salvataggio, tanto dignitosa quanto raffazzonata.
Ma soprattutto, prima era la moto di mio padre: una delle poche cose di lui che tengo sempre con me. Anche quando penso che è ora di cambiarla, non penso mai di rivenderla. Piuttosto metterei via i soldi per comprare questa, o quest’altra. Ma non nego che se avessi soldi da buttare, vorrei trovare un’officina di quelle che ti pimpano le due ruote. Sarebbe una personalizzazione basata sul telaio originale… Niente di che: cambierei marmitta, specchietti, manubrio, carena e sellino. La marmitta la farei cromatissima ed enorme, perché con la crisi di mezza età si sa che a noi uomini ci piacciono i sostitutivi del pene. Gli specchietti li farei cromatissimi anche quelli ma con inserti in gomma nera, molto cattivi. Il manubrio lo farei a chopper… no, non esageriamo. Al massimo ci potrei mettere delle strisce di cuoio che pendono. Carena nera opaca, con inserti bianchi minimalisti. Sellino il più possibile simile alla moda del 1940. Che, ci scommetto, piacerebbe un casino anche a mio padre.
Ma non conosco nessuno che lo faccia, e ora come ora continuo con la mia Virago, anche se perde qualche colpo.
D’altra parte, siamo in due.