LA CITTÀ INVISIBILE

Mentre non la vedi, la città cambia. Vecchi palazzi vengono ristrutturati,  nuovi cantieri vengono inaugurati, serrande che aprono, serrande che chiudono, i postini che vengono dotati di calessini bianchi simili alla macchina di Nonna Papera. La città sembra immobile, in agosto, ma non lo è. Brulica di cambiamenti minori che – una volta arrivato settembre – diventeranno evidenti a tutti. Torino è un po’ come il gatto di Schrödinger: mentre sei in vacanza e non la vedi, potrebbe essere una città morta o viva. Solo quando ritorni a casa lo scopri.

Eppure c’è qualcosa, mi sembra, che resta immutabile nel tempo. Le persone, alcune persone. Gli abitanti di una città invisibile che si manifesta solo in determinati luoghi, in specifici momenti. Sono gli outsider, ostinati dominatori di un angolo di marciapiede, prevalentemente ignorati dal resto della cittadinanza, finché non superi la distanza di sicurezza e ti ritrovi a osservarli, ricordandoti improvvisamente che loro sono sempre lì, col passare degli anni e delle stagioni.

Uno è l’uomo del Blockbuster, così detto perché il suo regno è il marciapiede di fronte al Blockbuster di corso Dante. Da anni questo signore sui sessant’anni di corporatura robusta, con gli occhiali a fondo di bottiglia, chiede spiccioli a chi entra ed esce dal negozio. Prima chiedeva 500 lire, poi 1 euro. Adesso, avendo sperimentato probabilmente gli effetti della crisi, vorrebbe 2 euro. Gli piace la moneta intera, disprezza i centesimi. Prende questa attività molto sul serio, e si presenta sul posto dalle 9 alle 17. A volte l’ho incontrato di sera, che faceva gli straordinari.

Poi c’è la signora di via Ormea. Non so se chiede soldi, perché non l’ho mai incrociata a piedi. La vedo tutte le mattine mentre passo in moto. Imponente e matronale, d’estate o d’inverno è seduta sul gradino di un portone, con uno scialle sulle spalle oppure in canottiera. Ogni tanto ha una birra in mano, saltuariamente qualcuno si ferma a parlare con lei. La sera non è mai al suo posto, ma la mattina non manca mai. Mi figuro che sia una spettatrice dell’interminabile show offerto dal traffico di auto e pedoni. Invece di stare alla finestra, preferisce sedersi sul marciapiede.

In pieno centro c’è il tizio di via Cavour. Un adulto col viso da ragazzino, evidentemente affetto da qualche disturbo ma altrettanto chiaramente benvoluto da tutti i negozianti della via. La sua peculiarità è quella di parlare spesso con un certo Davide. Che ovviamente non esiste, o comunque non è lì con lui. Quando gli passo accanto, però, mi saluta con entusiasmo: “Ciao, Davide!”. Se mi fermo ad ascoltare cosa vuole, mi inserisco in un dialogo surreale in cui sono costretto a interpretare il ruolo di Davide senza avere alcuna particolare indicazione di regia.

Infine, in via Pomba, ieri ho incontrato un altro abitante invisibile. Quando l’ho visto, con la coda dell’occhio, mi sono reso conto che avevo già registrato la sua presenza nei giorni passati. Ma non posso dire con certezza da quanto tempo ha preso in carico quel tratto di marciapiede. Si avvicina. Mi parla con un filo di voce dei suoi 63 anni, della pensione minima, dei problemi di salute, dell’impatto della crisi. È vestito in maniera normale, parla con un lieve accento piemontese che a Torino ormai è difficilissimo ascoltare. Mentre mi chiede qualche spicciolo gli si inumidiscono gli occhi. Mi dice: “Mi creda, ridurmi a chiedere soldi per strada mi fa scendere un peso sul cuore“.

Gli do quello che ho in tasca, prendendo su di me un po’ di quel peso.
Valuto per una frazione di secondo l’ipotesi di rassicurarlo, ricordandogli che il nostro presidente del consiglio dice che va tutto bene, che la crisi è finita.
Poi decido di voltarmi e proseguire, mentre la città invisibile torna nell’ombra.

5 risposte a “LA CITTÀ INVISIBILE”

  1. bellissimo ritratto di quegli “invisibili” che sono sempre di più, di questi tempi. Spesso penso che, se da un giorno all’altro perdessi tutto, potrei essere benissimo uno di loro.

  2. Se ci pensi, sono parte integrante della città, quelle persone. Hanno il compito di mostrarci quello che tanti non vogliono mai vedere

  3. La vecchietta è sempre laggiù dona dona qualcosa anche tu va’ da lei con tanto amor dona dona dona di cuor.

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