INTERIOR DESIGN FOR DUMMIES

Anche se hai fatto le notti, anche se hai cambiato mille pannolini, anche se hai già esperito un assaggio di malattia bimbo, o giovane genitore, attento. Nulla è più devastante, dal punto di vista fisico e mentale del temibile rifacimento della cameretta. Perché un conto è preparare allegramente il nido prima che il pargolo arrivi, carichi di eccitazione e aspettativa. Tutta un’altra storia è sventrare la camera e mettersi a montare mobili in compagnia di un bambino di 6 mesi che vuole solo mangiare giocare cagare dormire (cioè vuole quello che vogliamo un po’ tutti, solo che tu giovane genitore non ne hai più il diritto e quindi forse ti incazzi e lo invidi anche un po’) e che manifesta i suoi desideri con sole due modalità: il pianto disperato o l’urlo eccitato continuo.

La giornata comincia sotto i migliori auspici: di là il pupo è ancora nella culla, sono le otto del mattino. Di solito dorme anche fino alle nove. Ma stamattina si sveglia urlando e piangendo – cosa che non fa mai – perché… nei rotolamenti del sonno è rimasto storto e non riesce più a muoversi. “Oh, fortuna che ho portato su il lettino dal garage!“, esclama il giovane genitore maschio. Cioè, non lo esclama veramente, dato che la sua voce è ancora accartocciata dal sonno, la sua vescica sta esplodendo e le spalle e la schiena non sono affatto migliorate dopo il numero da sherpa della sera prima (il lettino, per l’appunto). Qual è il collegamento mentale? Se siete genitori lo sapete: a una certa età, che per noi è sei mesi, il bambino comincia a “non starci più nella culla”. Per me ci stava uguale, magari con le braccia incrociate sul petto stile Vlad Dracula, ma la mamma ha ritenuto opportuno optare per un cambio di postazione per il sonno.

Il lettino è lì, un monolito totemico nell’ingresso, coperto da alcuni teli di plastica. Sembra guardare i giovani genitori in modo sardonico. È a questo punto che il giovane genitore femmina dice “Sa! Tieni il bambino mentre io svuoto tutta la stanza passo l’aspirapolvere, lo straccio, lavo il tappeto in lavatrice e spolvero i ripiani”. Perché rifare la cameretta, per la donna, vuol dire anche pulirla da cima a fondo. Inizia quindi il lento ma inesorabile processo che porta alla lombosciatalgia. Da un lato lei, che riesce a creare un montaliano pack di mobili in ingresso, dove ovviamente non passerebbe più nemmeno un topo muschiato. Dall’altro io che tento di piazzare il bambino nel box ma mi vedo costantemente costretto a tenerlo in braccio perché – giustamente – solo così lui può a) leccarmi le lenti degli occhiali, b) strapparmi i peli del petto a ciuffi e c) tirarmi qualche testata sugli incisivi per poi scoppiare a piangere e ripetere il ciclo dal punto a).

Arriva finalmente il momento in cui si può cominciare il lavoro vero. Solo che è mezzogiorno passato, e il pupo deve mangiare. Si pensa quindi di preparare la pappa (un pastone verde misto-spinacio) e placarlo per qualche minuto mentre montiamo il lettino. Vana e illusoria speranza: tanto quanto la culla gli stava stretta alle otto, così a mezzogiorno il seggiolone gli risulta profondamente alieno, ostile, inquietante. E il bambino inquieto, si sa, strilla. Gli spinaci finiscono dappertutto, il bambino urla tutto il suo disappunto. Ma siccome non è inappetente (notare il finissimo uso della litote), mangia anche con una certa avidità e riesce a trovare la quadra perfetta per far venire l’emicrania al giovane genitore addetto alla pappa: si sorbisce con dovizia di risucchio tutti i cucchiaini proposti, ma tra un cucchiaino e l’altro riesce ad imitare alla perfezione un antifurto auto attivato.

Si fa l’una, e i giovani genitori decidono comunque di montare il lettino, che si rivela essere meno sfidante di quanto essi temevano. In mezz’ora il gioco è fatto, cassettone e spondine regolabili incluse. Il giovane genitore maschio adesso vorrebbe mangiare, ma la sua donna, presa dal sacro fuoco della biancheria da letto, decide che deve “chiudere la pratica lettino”, inserendo nella configurazione anche: il coprimaterasso, la traversina (cazzo di traversina, tanto ha il pannolino mica vuoi che pisci nel letto), il lenzuolo con gli angoli, il copripiumino del circo, il piumino, il paracolpi del circo. In questo lento e precisissimo percorso di progettazione, il giovane genitore maschio, sconfortato, si getta sul tappeto. Anzi no, perché il tappeto è steso fuori (come ricorderete, è stato lavato in lavatrice).

Alle due riusciamo a fare uno spuntino, complice un momento di abbiocco del pupo che sta testando il suo nuovo letto con grande gusto e scioltezza. Ma non c’è molta tregua. Quando apre gli occhietti – e li apre esattamente mentre tu stai dicendo “Aaah, un bel caffè e poi magari se dorme ancora quei dieci minuti potremmo anche fiondarci a letto e…” – urla perché non c’è nessuno in stanza e soprattutto vede la stanza da una prospettiva profondamente aliena, ostile, inquietante. Poco male, almeno il caffè riesco a farmelo. Intanto si cerca di trovare una nuova configurazione per i mobili che ancora stazionano in ingresso, e che devono rientrare tutti in camera (a parte la culla, che ormai smontata giace in un sudario di cellophane).

Ma soprattutto, il pomeriggio sarà dedicato all’attività più di merda che un giovane genitore maschio possa concepire: svuotare armadi e cassetti e fare la cernita della roba da 3 mesi che ormai non gli va più e tenere solo quella da 6-9 mesi che gli va bene adesso o gli andrà bene quest’estate. Ma non è finita qui, perché la roba scartata – un tripudio di body, calzini spaiati, cappellini improbabili, tutine cinigliate con orsetti, conigli, pesci gatto, armadilli e pipistrelli (sì, siamo un po’ originali nella scelta delle fantasie), magliette coi poussoir – va divisa in tanti mucchietti quante sono le persone che ci hanno prestato abbigliamento da neonato. Quindi qui va la roba nostra che non va più, lì la roba che ci ha prestato la collega, là quella che ci ha prestato la ragazza del bar, nell’angolo quella dell’amica previdente, e poi ovviamente tutta la biancheria da letto, ché quella della culla mica va bene anche per il lettino, no?

Verso le sette di sera il processo è compiuto. Sul divanetto troneggiano 5 borsoni di roba da riportare ai legittimi proprietari, se mai la rivorranno, o da dar via. A questo punto ovviamente è anche ora di preparare la cena (per lui). Stavolta è un pastone arancione misto-formaggio, che il pupo divora lesto come un velociraptor, emettendo urletti di apprezzamento tipo “Aaaaaiiiieeeeeeeaaaaawwwwwghhhhrhrrrrr“. Nel frattempo il giovane genitore maschio dà gli ultimi ritocchi alla cameretta appendendo i quadri che gli amici hanno regalato al bimbo negli ultimi tempi, finora lasciati in un angolo perché “ci penseremo quando monteremo il lettino”. L’effetto è spettacolare, pensa l’arredatore di interni bambineschi dandosi l’ultima martellata esattamente sull’unghia dell’indice.

E indubbiamente, la cameretta adesso è tutta un’altra cosa. Stremati, i giovani genitori si allontanano per vedere l’effetto complessivo, con lo stesso pensiero in testa…
…Se ci va bene, il prossimo sbattone sarà la cameretta a ponte tra cinque anni.