IL BLUES DELLA MATERNA

IL BLUES DELLA MATERNACome siamo arrivati a questo punto? Non lo so. I mesi passano: la Creatura, che già sei mesi fa correva con le forbici in mano, oggi parla correttamente tre lingue (italiano, inglese e hindi), si incazza se il suo hamburger non è a cottura media, sceglie con estrema concentrazione i video da guardare su YouTube (per l’appunto, in italiano, inglese o hindi), sa contare fino a sei senza che nessuno glielo abbia insegnato e insomma fa tutte quelle cose che ci inducono a pensare che una legione di demoni guidi le sue azioni. Tradotto in termini meno coloriti, ha il suo bel caratterino e non ha la minima intenzione di smussarlo per venire incontro a noi.

Detto ciò, le giornate passano veloci come il paesaggio fuori dal finestrino di un Frecciarossa e pesanti come le borse del mercato dopo due settimane che non fai la spesa. Alzati, docciati, sveglialo, litiga per la colazione, litiga per vestirlo, scaraventati giù in strada, macchina, seggiolino, nido, a lavorare. Poi esci, prendilo, litiga per tornare a casa, inseguilo per la strada, fallo giocare ai giardinetti se non si gela, immobilizzalo sul passeggino, prepara cena, litiga per farlo mangiare, un po’ di cartoni, pigiama, denti, libro, altro libro, ancora libro, spegnere luce, nanna, litiga per farlo dormire, addormentati anche tu con lui.

Ora però entra in scena un nuovo spauracchio: la scuola materna. Tutti i genitori che hanno i figli tra i due e i tre anni non parlano d’altro: bisogna scegliere la scuola materna. E bisogna sceglierla con criterio. Si apre un mondo nuovo: si parla di mense, di moduli di iscrizione, di borsellini elettronici, di circoscrizioni, di open day (poi mi dite dove cazzo trovate il tempo di andare agli open day che li fanno sempre in orario di lavoro), di graduatorie, di preferenze, di aree verdi, di maestre competenti e/o incompetenti, di POF, di econome (figure mitiche che credo esistano solo in questo ambito lavorativo) di rappresentanti di classe, di gruppi whatsapp di genitori, di psicomotricità. E a me viene l’orticaria.

Perché lo so, sarò impopolare, ma intanto “ai miei tempi” (LOL) una scuola valeva l’altra. E poi, dai. Se una o due persone ti dicono che la scuola X fa schifo per questo e quest’altro motivo, quella è semplicemente un’opinione personale, non un dato di fatto. Altra cosa ovviamente è se dieci o venti persone te lo dicono. Ma stranamente in questo ambito sono frequenti tanto le recensioni negative quanto quelle positive. “Le maestre sono molto giovani” vs. “Le maestre sono troppo giovani”. “La luce è troppo accecante, è sopra i 5500 gradi Kelvin” vs. “Vedessi che ambiente luminosissimo”. “C’è un bel giardino pieno di verde” vs. “Non sai quante zanzare e zecche si nascondono in quell’asilo”.

Non c’è bisogno che vi dica che io detesto i professionisti del puntacazzismo: quei genitori che bramano la carica di rappresentante di classe per poi cacare il cazzo ad ogni pié sospinto a colpi di mail (sempre rigorosamente con 50 indirizzi in chiaro), whatsapp e riunioni interminabili. Li vedi già quando vanno a vedere la futura scuola del pargolo. Sono quelli che riescono a fare domande che a te non passerebbero nemmeno per l’anticamera del cervello, come “La vernice usata per tinteggiare le pareti contiene per caso del cadmio?” o “In che percentuale usate la quinoa nella dieta settimanale dei bambini?” o “Precisamente quante volte al giorno e in quali orari vengono puliti i sanitari?”…

A me pare che siano tre i criteri fondamentali per scegliere una scuola materna: 1) che sia comoda logisticamente, 2) che abbia uno staff motivato e competente, 3) che ci sia uno spazio adeguato dove giocare, meglio se con un “po’ di verde” – ma siamo in una grigia metropoli postindustriale, quindi non esageriamo. Criteri che poi per le scuole successive alla materna si riducono al primo. Io qualche materna l’ho vista. Come genitori non facciamo un benchmarking troppo ossessivo, non foss’altro perché lavorando entrambi non è che abbiamo proprio il tempo di visitare 73 scuole. Ok, nemmeno 11 scuole. Ne abbiamo viste tre o quattro, quelle che ci interessavano di più. E nella domanda di iscrizione ne abbiamo inserita qualcuna in più sulla fiducia, giusto perché dicono che è meglio abbondare (non è che lo dicono soltanto, fanno proprio terrorismo).

Insomma, la scuola materna è diventata la nuova ossessione, il nuovo scoglio da superare e nello stesso tempo la sirena ammaliante su quello scoglio. Nell’ultima scuola che ho visto, mentre mi faceva fare il grand tour, l’economa mi dice “Qui c’è il nostro cortile riservato con i giochi bimbi: vuole vederlo?”. “No grazie, ho un po’ di fretta”, ho risposto. “E poi guardi, mi ha già conquistato quando ha detto che qui si insegna ad apparecchiare e sparecchiare tavola da soli e a rifarsi il letto dopo il riposino“.

Perché bisogna anche saper distinguere quali sono le cose fondamentali nella vita.
E l’autonomia nelle faccende domestiche vince sull’abilità nel realizzare ceramiche raku.