I RAGAZZI DEL LICEO GIOBERTI

Il mal di testa è feroce, le cose da ricordare sono troppe e le campane a morto suonano fuori dal Lingotto con rintocchi piovosi che mi annebbiano la vista. L’emicrania si sposta, come un’escrescenza bulbosa dalla fronte alla tempia destra fin dentro l’orecchio destro. Poi, in genere, staziona dietro gli occhi secchi e arrossati da computer fumo sonno aria condizionata sempre troppo calda o troppo fredda. L’altro ieri ho montato Billy, la libreria per tutte le tasche dell’Ikea. Quella che ha anche il nome più normale, tra tutte. Non avrei retto a montare Askedal o Bonde o Skruvsta o Tvilling. Montare i mobili dell’Ikea mi fa lo stesso effetto di un’ora di yoga. La soddisfazione interiore è uguale e contraria a quella di viaggiare in un posto che non ho ancora visto. Forza centrifuga e centripeta. Ieri invece abbiamo finito in gloria il cortometraggio per il Gruppo Abele, montando anche una serie di interventi nuovi da parte dei giovani filosofi del Liceo Gioberti. Siccome anche io andavo in quel liceo venti anni fa, la cosa mi ha discretamente inquietato: i ragazzi sono gli stessi, ed io potevo specchiarmi e specchiare la mia generazione in quella nuova. C’è il nerd, il bello ma imbranato, il fighetto dal look molto "New York City 1975" e il capellone occhialuto che non poteva non ricordarmi quando in quella classe ci stavo io. A parte questo, come al solito abbiamo fatto le 3 a montare – ma dovrebbe essere finita. La frenesia natalizia anima le formichine qui sotto di me – le vedo dalle vetrate del Lingotto. Che palle. Stefi forse inizia una sorta di kickboxing. Io sono indeciso tra quello e lo yoga. Dipende da quanto dovrò incazzarmi nel 2004…