FREAKS & GEEKS RELOADED

Quanto sembra lontano il 1999? Pensateci.
Internet era già una parte preponderante delle nostre vite, ma non c’erano i blog, i social network, e soprattutto non esisteva ancora il fenomeno di “scaricarsi le serie tv“. Si scaricavano un po’ di MP3, certo. Ma a parte quello, poca roba. Perciò una perla televisiva come Freaks and Geeks ce la siamo persa un po’ tutti.

Io l’ho recuperata adesso, ci sono arrivato per vie traverse che non è il caso di riportare qui.
E posso dirvi in tutta sincerità una cosa che di solito non dico a vanvera: scaricatelo, scaricatelo, scaricatelo.

Freaks and Geeks è una serie ideata da Paul Feig e prodotta da Judd Apatow (il re mida della commedia made in USA degli ultimi dieci anni). So già cosa state per dire: Apatow vi fa venire in mente parolacce, comicità di bassa lega, continui riferimenti a pratiche sessuali di vario tipo, etc. Eppure Apatow ha anche un lato serio, e forse l’ha dimostrato fin troppo con il suo altalenante Funny People. Ma non ci interessa più di tanto: Freaks and Geeks è in realtà più una creatura di Feig, un tizio che sicuramente non conoscete ma che ha messo il suo zampino anche in The Office, Arrested Development, Weeds e persino Mad Men.

Freaks and Geeks è una serie unica. Intanto perché ne esiste una stagione soltanto. La stagione conta 18 episodi. La NBC ne ha trasmessi 12, dopodiche la serie è stata cancellata. Le proteste dei telespettatori incazzati hanno fatto sì che venissero trasmessi altri tre episodi. Gli ultimi tre sono stati trasmessi un anno dopo da Fox, e la serie è infine uscita in DVD, in versione completa, nel 2004.

Se l’hanno cancellata al 12° episodio, direte voi, vuol dire che la serie faceva schifo. Sbagliato. Time Magazine la inserisce nella lista dei 100 migliori programmi televisivi di tutti i tempi. La mia opinione? La serie era troppo “vera”. Freaks and Geeks racconta la vita di alcuni studenti in una high school del Michigan nel 1980. Il tema non è nuovo. Da un lato i freaks, i ragazzi cattivi che fumano erba, fanno sega a scuola e se ne fregano. Dall’altro i geeks, gli sfigati che stanno per conto loro e sono terrorizzati dalle interazioni sociali. In mezzo, la protagonista Lindsay Weir, che passa con una certa difficoltà da una categoria all’altra.

Quello che rende la serie fresca, vitale e vera è la scelta perfetta degli attori (quasi tutti talenti poi utilizzati in future produzioni Apatow come James Franco, Jason Segel, Seth Rogen, Martin Starr), l’ambientazione spaziotemporale quasi soprannaturale nella sua accuratezza e ovviamente la scelta delle musiche che – a uno come me che andava a scuola in quegli anni – fa ribaltare sul divano (Styx, Journey, Kiss, Who, Van Halen, Rush). Cioè: il 1980. Niente ragazzini che mandano SMS, niente ricerche su Internet, ma che dico: niente computer in casa (si vede un terminale Unix in una delle ultime puntate, al massimo), niente di niente. Sam Weir, il fratellino geek di Lindsay, per natale chiede un Atari VCS 2600! La stessa console che avevo io!

Al di là della più totale identificazione dei quasi-quarantenni nei personaggi, la serie è scritta in stato di grazia, perennemente in bilico tra l’esilarante e lo sgradevole. Nessuno dei personaggi è veramente positivo o negativo, un momento accade un miracolo e un altro momento tutto va a rotoli – un po’ come nella vita. Nulla a che vedere con gli studentelli televisivi precedenti, contemporanei o futuri – genere Beverly Hills 90210, Dawson’s Creek, O.C. Qui sono tutti “normali” (a parte James Franco che è sempre stato un gran figo, anche ai suoi esordi).

Il finale è dolceamaro e inaspettato ma fondamentalmente in linea con l’evoluzione dei personaggi (ognuno dei quali ha il suo arco narrativo ben definito). La migliore recensione possibile è “una serie del 1999 che sembra veramente prodotta nel 1980”.
Non per ingenuità, ma per sguardo empatico verso un mondo che non c’è più.

FERIAE AUGUSTI

Si avvicina il picco assoluto dell’estate italiana (anche se sembra che l’autunno abbia fatto irruzione con un largo anticipo, ma si sa… sono i monsoni). Se non siete via, se dedicate alla vostra città deserta il culto ferragostano, se siete presi dall’horror vacui, ho deciso di annotare qui per voi alcuni passatempi estivi degni di nota.
I miei, per l’appunto.

Se avete l’estro di andare al cinema per farvi congelare dall’aria condizionata mentre siete ancora umidi di pioggia, in sala c’è ben poco. A meno che non siate appassionati di horror. Allora, questa settimana è uscito Splice di Vincenzo Natali (uno che ha dalla sua un esordio folgorante come The Cube). Pare sia fighissimo, quindi tocca vederlo. Lo stesso (forse) non si può dire per gli horror thai che chissà come mai escono sempre quando teoricamente non li vedrà nessuno. Dimenticate Pandorum, stuzzicante sulla carta quanto noiosissimo alla visione e buttatevi piuttosto su Predators (same old story, ma fatta con i controcazzi) o su Solomon Kane, un film tamarro ma con intelligenza. Ah, e poi ovviamente potreste recuperare Avatar o Toy Story 3 in qualche sala, ma occhio a non farvi fregare vedendoli in 2D! Se siete in astinenza da cartoon potreste scaric… ehm, noleggiare Piovono Polpette o Dragontrainer (comunque ottimi prodotti) in attesa di rituffarvi nel mondo di Molto, Molto Lontano.

Se preferite rimanere spiaggiati sul vostro divano di casa, suggerisco una full immersion in qualche serie TV di pregio. Recentemente si sono scandalizzati con me perché non avevo mai visto The Big Bang Theory e How I Met Your Mother. Ho provveduto molto in fretta, e vi suggerisco caldamente di fare lo stesso. Se invece non siete suscettibili al fascino delle sitcom, ma preferite un tipo di comicità indie, acida e corrosiva, suggerisco Hung (in corso la stagione 2) o United States of Tara (rispettivamente ideate da Alexander Payne e Diablo Cody). Per i più affezionati al drama: non vi sarete mica persi la quarta stagione di Dexter? Lo so, la terza era una palla. Poi però si sono rifatti alla grande. Non dimenticate di recuperare Glee, l’esordio col botto del 2010. E poi, che dire. È ricominciato True Blood, brutti succhiasangue pervertiti!

Il capitolo letture estive è un dramma: fin da Giugno io comincio a tenere “da parte” quei libri che mi sembrano avvincenti il giusto per poter rendere interessante un volo intercontinentale, o un certo numero di serate nella giungla in cui matematicamente Stefi dormirà e io resterò sveglio in compagnia di una torcia a dinamo (7,90 € da Decathlon, per niente cara). Per questa estate ho pensato: Toxic di Hallgrimur Helgasson, Il porto degli spiriti di John Ajvide Lindqvist e La vergine delle ossa di Luca Masali. Tre thriller (contro tre thriller, cit.) che mi paiono attraenti e ben congegnati, ma se voi avete altri suggerimenti ditemi pure.

Se poi volete solo chiudere gli occhi e sentire musica… Mah. OK, è uscito il nuovo degli Arcade Fire, se vi fidate. Terry Gilliam ha curato la regia del loro ultimo show. E poi vanno recuperati Heligoland dei Massive Attack, Rise Up dei Cypress Hill, Mondo Cane di Mike Patton (astenersi amanti della musica italiana… oppure no?), quello nuovo dei Gogol Bordello (a dire il vero non l’ho mica ancora sentito, ma ve lo dico sulla fiducia). Vabbè poi c’è il ritorno di Gil Scott Heron, che non è per tutti, mi rendo conto. E se siete dei vecchi dal cuore gotico non dimenticatevi che quest’anno c’è in giro anche la versione rimasterizzata e superlusso dell’immenso Disintegration dei Cure.

Se poi non vi piace andare al cinema, vedere serie TV, leggere o ascoltare musica…
Vedete di cambiare sito!
Anzi, fate una cosa. Affogatevi di parmigiana di melanzane su un prato antistante l’autostrada.
Dicono sia la cosa giusta da fare, a ferragosto.

PUBBLIMANIA

Quando studiavo, ogni spot pubblicitario era buono per fermarsi a riflettere sui massimi sistemi della semiotica, della retorica visuale, di rapporto tra headline e visual, di efficacia dei payoff e quant’altro. Sono bastati pochi anni per diventare come tutti gli altri. Cioè, una persona che non appena vede uno spot pubblicitario in televisione, si affretta a cambiare canale. Senza contare che quello degli spot (collegato ai palinsesti omogeneizzati e appiattiti sull’idiozia) è uno dei motivi per cui uso il televisore soltanto come un monitor per guardare robe oscure archiviate sul mio hard disk.

Eppure, in queste settimane di afa, in cui l’unico movimento che riesci a fare è quello del pollicione sul telecomando, mi capita di nuovo di vedere alcuni spot.
E mi faccio delle domande.
Non vorrei sembrare “vecchio”, ma sbaglio o il livello dell’advertising italiano odierno è sceso ai minimi storici?

L’omologazione è diventata evidente anche in un settore dove essere fighi e distinguersi dalla massa era un must. Le pubblicità di automobili: tutte uguali, tutte con tipi pseudoalternativi e/o piacioni che guidano su bellissime strade deserte. Le pubblicità di telefonini: l’apoteosi della figa per proprietà transitiva (è noto che una tipa semisvestita aumenta le vendite perché il consumatore associa le proprietà piacevoli della figa al prodotto stesso, sia esso un cellulare, un veicolo industriale o un adesivo al silicone). Per non parlare di quelle pubblicità seriali tristissime che ancora si ispirano al format di Carosello e hanno il solo risultato di far rotolare i testicoli a qualche chilometro di distanza…

Gli spot che maggiormente mi inquietano sono quelli relativi ai “pruriti intimi”, che dominano i palinsesti nell’ultimo periodo (o forse sono io che accendo il televisore in ore tipicamente dedicate ad un target femminile). Robe terrificanti tipo “avevo paura a salire in ascensore per via del mio problema di odore“. Manco i condomini o i colleghi di lavoro fossero cani in fregola che vanno ad annusarti proprio lì!

C’è però un genere di pubblicità che apprezzo molto, e che guardo sempre con grande piacere. Sono gli spot che pubblicizzano prodotti per l’igiene del WC. In questi spot ci sono sempre (o quasi) i germi e i batteri che abitano nell’oscurità degli anfratti del cesso. Vengono dipinti come cattivi da film di James Bond, sempre pronti a conquistare il mondo dei sanitari, e vengono invariabilmente sconfitti da questi gel viscosi e antisettici (anche un po’ inquietanti, tipo Blob il fluido che uccide).
Ecco: i batteri, io, li adoro. Un po’ come le zanzare che decenni fa venivano sterminate dall’antipatico e fascistoide Raid.
Dev’essere la sindrome da Wile E. Coyote.