Dato che c’era una festa (leggi: un po’ di tempo libero) di mezzo, ne ho approfittato per recuperare qualche thriller che mi ero lasciato indietro nella scorsa stagione cinematografica. Condivido le mie impressioni per mettervi in guardia da (dio non voglia) visioni poco soddisfacenti. Ad esempio Number 23. Lo so, c’è Jim Carrey. Lo so, lui di solito è ancora più bravo in ruoli non comici. Ma qui è veramente poco credibile, il film è pasticciato, l’idea di fondo è banalissima e spacciata per molto innovativa (ossia è nascosta fino alla fine e mascherata da una tecnica registica mista che colpisce nei primi due minuti e poi stucca). Un film disonesto, palloso e confuso, con l’unico pregio di una fotografia molto azzeccata. Disturbia, per contro, ha una trama banale all’ennesima potenza, ma è onesto: non pretende di essere quello che non è, e alla fine risulta un ottimo incrocio tra il classico thriller hitchcockiano (riferimento diretto: La finestra sul cortile) e la commedia adolescenziale con un occhio alla modernità (marchette a XBox, iTunes, Sony e battuta finale "Questo filmato va direttamente su YouTube"). Interpretazioni azzeccate, ritmo ficcante e anche qualche brivido inaspettato. Infine Zodiac, sopravvalutatissimo come qualsiasi film di David Fincher dopo Fight Club. Cioè, un buon film, ben recitato, solido, analitico. Però dura 150 minuti e non è il vostro solito film su un serial killer. Certo, ringraziamo almeno che alla regia non ci sia stato Oliver Stone, però due ore e mezza di raccolta di prove indiziarie sono un po’ pesanti da digerire. Tanto più quando si resta con l’amaro in bocca di un caso mai risolto. Cinema investigativo d’altri tempi, ma se si vuole un thriller, meglio passare oltre.
DAL SATYRICON AL DECAMERON: EPURATI ON THE ROAD
Non posso fare a meno di prorompere in un’esclamazione entusiasta: "Cosmico!"… Luttazzi torna in televisione! Lo leggiamo, sì, lo seguiamo sul blog, lo vediamo in teatro quando capita. Ma rivederlo in televisione farà certamente un effetto dirompente. Torna su La7 (che in sostanza mi pare il canale a lui più consono, dato che ormai né RAI né Mediaset potrebbero offrire spazio ai suoi monologhi). Torna con Decameron, uno spettacolo che promette politica, sesso, religione e morte. Luttazzi non è solo un comico, è un genio rinascimentale, uno che magari è noto per le battute fulminanti (e poetiche, aggiungerei io), ma che fa anche il musicista, il cantante, il pittore, lo scrittore, il traduttore, lo script doctor, il filosofo. Tra l’altro è uno dei personaggi italiani cui Wikipedia ha dedicato una pagina veramente approfondita (non le solite quattro notiziole in croce). Decameron sarà trasmesso tutti i sabati a partire dal 3 novembre. Preparate i videoregistratori (o i Vcast).
DEXTER, IL SANGUE NON E’ ACQUA…
Già sapete che ogni tanto mi incisto (cfr. il Truzziario della lingua italiana alla lettera I) a seguire una nuova serie americana. E quando dico seguire intendo vedere una nuova puntata in ogni momento possibile della giornata fino ad esaurimento della serie stessa. Non nascondo nemmeno l’opinione, del resto credo generalmente condivisa anche dalla critica ufficiale, che è nei serial che si muovono le forze creative più interessanti della giovane America, e non nel cinema hollywoodiano che, salvo rare eccezioni è diventato una macchina (anche lui) seriale ma fatta di film per tutti, passabili in prima serata, senza scommesse perché tratti da soggetti già ampiamente testati (libri, fumetti, videogames, vecchie serie TV). Insomma, al cinema niente di nuovo, mentre sui network televisivi americani fanno a gara a chi fa il serial più di culto. E l’ultima novità, almeno per me, è Dexter (da poco anche su Sky), di cui qui ci siamo letteralmente bevuti tutta la prima serie (e ora siamo in procinto di attaccare con la seconda). Guardare Dexter provoca un paio di effetti collaterali niente male: 1) non si riesce a staccare il culo dal divano nemmeno per un attimo; 2) si assiste allo sviluppo della storia con genuina tensione… del tipo che non si riesce a digerire bene e si suda freddo. Dexter passa in USA su Showtime, la stessa rete di Masters of Horror… e ho detto tutto. Il sangue scorre a fiumi, ed è anche normale dato che Dex è un perito ematologo della polizia di Miami. Ma è anche un serial killer all’insaputa di tutti. Solo che le sue vittime sono altri serial killer! Insomma, ha una sua etica, trasmessagli dal padre adottivo, poliziotto anch’egli. Puntata dopo puntata, assistiamo a: Dexter che indaga con la sua squadra; Dexter che si apposta per conto suo per verificare quanto è cattiva la sua prossima vittima e poi la fa a fette; Dexter che finge di essere normale con la sua fidanzata remissiva e con la sorella sboccata; Dexter che viene a contatto (prima casualmente, poi in modo sempre più inquietante) con la sua nemesi, il killer del camion frigorifero (The Ice Truck Killer, uno dei cattivi più angoscianti mai visti sul piccolo schermo). Il tutto condito da improvvisi flashback di Dex che si fanno sempre più insostenibili via via che la serie procede. D’accordo, magari non è per tutti i gusti, ma una serie thriller così – per di più con un’idea di base tanto banale quanto geniale, il "killer dei killer" – non l’avevo mai vista. E poi, a insindacabile giudizio della Stefi e di molte altre blogger, Dexter è "puccissimo". E l’ironia, tra uno sgozzamento e l’altro, non manca. Vedere la sigla per credere.