DAL SATYRICON AL DECAMERON: EPURATI ON THE ROAD

Non posso fare a meno di prorompere in un’esclamazione entusiasta: "Cosmico!"… Luttazzi torna in televisione! Lo leggiamo, sì, lo seguiamo sul blog, lo vediamo in teatro quando capita. Ma rivederlo in televisione farà certamente un effetto dirompente. Torna su La7 (che in sostanza mi pare il canale a lui più consono, dato che ormai né RAI né Mediaset potrebbero offrire spazio ai suoi monologhi). Torna con Decameron, uno spettacolo che promette politica, sesso, religione e morte. Luttazzi non è solo un comico, è un genio rinascimentale, uno che magari è noto per le battute fulminanti (e poetiche, aggiungerei io), ma che fa anche il musicista, il cantante, il pittore, lo scrittore, il traduttore, lo script doctor, il filosofo. Tra l’altro è uno dei personaggi italiani cui Wikipedia ha dedicato una pagina veramente approfondita (non le solite quattro notiziole in croce). Decameron sarà trasmesso tutti i sabati a partire dal 3 novembre. Preparate i videoregistratori (o i Vcast).

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DEXTER, IL SANGUE NON E’ ACQUA…

Già sapete che ogni tanto mi incisto (cfr. il Truzziario della lingua italiana alla lettera I) a seguire una nuova serie americana. E quando dico seguire intendo vedere una nuova puntata in ogni momento possibile della giornata fino ad esaurimento della serie stessa. Non nascondo nemmeno l’opinione, del resto credo generalmente condivisa anche dalla critica ufficiale, che è nei serial che si muovono le forze creative più interessanti della giovane America, e non nel cinema hollywoodiano che, salvo rare eccezioni è diventato una macchina (anche lui) seriale ma fatta di film per tutti, passabili in prima serata, senza scommesse perché tratti da soggetti già ampiamente testati (libri, fumetti, videogames, vecchie serie TV). Insomma, al cinema niente di nuovo, mentre sui network televisivi americani fanno a gara a chi fa il serial più di culto. E l’ultima novità, almeno per me, è Dexter (da poco anche su Sky), di cui qui ci siamo letteralmente bevuti tutta la prima serie (e ora siamo in procinto di attaccare con la seconda). Guardare Dexter provoca un paio di effetti collaterali niente male: 1) non si riesce a staccare il culo dal divano nemmeno per un attimo; 2) si assiste allo sviluppo della storia con genuina tensione… del tipo che non si riesce a digerire bene e si suda freddo. Dexter passa in USA su Showtime, la stessa rete di Masters of Horror… e ho detto tutto. Il sangue scorre a fiumi, ed è anche normale dato che Dex è un perito ematologo della polizia di Miami. Ma è anche un serial killer all’insaputa di tutti. Solo che le sue vittime sono altri serial killer! Insomma, ha una sua etica, trasmessagli dal padre adottivo, poliziotto anch’egli. Puntata dopo puntata, assistiamo a: Dexter che indaga con la sua squadra; Dexter che si apposta per conto suo per verificare quanto è cattiva la sua prossima vittima e poi la fa a fette; Dexter che finge di essere normale con la sua fidanzata remissiva e con la sorella sboccata; Dexter che viene a contatto (prima casualmente, poi in modo sempre più inquietante) con la sua nemesi, il killer del camion frigorifero (The Ice Truck Killer, uno dei cattivi più angoscianti mai visti sul piccolo schermo). Il tutto condito da improvvisi flashback di Dex che si fanno sempre più insostenibili via via che la serie procede. D’accordo, magari non è per tutti i gusti, ma una serie thriller così – per di più con un’idea di base tanto banale quanto geniale, il "killer dei killer" – non l’avevo mai vista. E poi, a insindacabile giudizio della Stefi e di molte altre blogger, Dexter è "puccissimo". E l’ironia, tra uno sgozzamento e l’altro, non manca. Vedere la sigla per credere.

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IO AMO LA RIPLEY’S HOME VIDEO (MA LA RIPLEY’S AMA ME?)

Non mi stancherò mai di ripetere che ci sono al massimo tre distributori home video validi in Italia: Rarovideo, Mondo Home Entertaiment e Ripley’s Home Video. Quest’ultima, in particolare, oltre ad impazzare con collane dedicate a Totò, Aldo Fabrizi e Alberto Sordi (possono non piacere, ma rappresentano una fetta cospicua del patrimonio cinematografico nazionale) e a proporre classici erotici del calibro di Walerian Borowczyk, è la patria dei film del nuovo cinema tedesco (nuovo… quello degli anni ’70-80, intendo). Gli esperti e gli appassionati di Wim Wenders, Werner Herzog e R.W. Fassbinder (come il sottoscritto) dovrebbero svenarsi per stare dietro a tutte le uscite. O se no, appostarsi presso i rivenditori che ogni tanto fanno qualche offerta e fare come me, che per continuare nella grande tradizione del cinema d’autore ho appena acquistato Tokio-Ga di Wenders e Querelle di Fassbinder. Ovviamente due film consigliati, sempre che piaccia il genere documentario diaristico o il genere sado-gay estetizzante e fumoso. Tokio-Ga è un viaggio nella capitale giapponese datato 1985 sulle tracce di Ozu e dei suoi viaggi a Tokyo degli anni ’60. Metacinema, paesaggi urbani, suggestioni alienanti e coloratissime per una città che Wenders ama molto e che sarebbe poi ricomparsa in un altro documentario (Appunti di viaggio su moda e città, sempre su RHV) e in Fino alla fine del mondo (cofanetto im-per-di-bi-le sempre RHV). Querelle… beh, è uno di quei classici film maledetti tipo Salò o Ultimo tango a Parigi, spesso tagliati, censurati, messi all’indice dei film proibiti. Ovviamente è un film forte, e anche straniante nel suo surrealismo, nella sua teatralità e nel suo uso di citazioni e didascalie godardiane a più non posso. La storia (da Genet) è quella di un marinaio omicida che passa attraverso una serie di espiazioni (molto spesso fisiche) per "trovare la sua identità". La curiosità: Querelle avrebbe dovuto vincere il Leone d’oro nell’82 (postumo, dato che Fassbinder si era bruciato prima dell’uscita del suo ultimo film). La giuria diede poi il premio al "rivale" Wenders per Lo stato delle cose (sempre RHV e sempre molto consigliato). Marcel Carné, presidente di giuria, si dissociò dicendo che volenti o nolenti, Querelle sarebbe entrato di prepotenza nella storia del cinema, premio o non premio. Guardate e giudicate voi…

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