MELT BABY MELT!

Street Trash è un “Ryan Kruger Thing”. Se non sapete chi è Ryan Kruger non posso farvene una colpa. Egli è un regista sudafricano (prevalentemente cortometraggi, videoclip e pubblicità) che ha un debole per l’ultraviolenza, il disgusto, la psichedelia spinta e il demenziale e che in piena pandemia ha fatto uscire un film – Fried Barry, più o meno traducibile come “Barry il bruciato” – che credo sia il film più assurdo che io abbia mai visto al Torino Film Festival.

Street Trash doveva essere presentato in Italia allo scorso ToHorror Festival, ma poi non se ne è fatto nulla (qui a Torino ci piace essere quelli che hanno “scoperto” Kruger). Al posto di questo Street Trash hanno proiettato lo Street Trash originale del 1987: già. Perché questo è un remake in salsa sudafricana (quindi con accenti improbabili e con lo stesso attore inquietante di Fried Barry) del cult movie anni ’80 dove i barboni di New York bevevano qualcosa di strano e… si scioglievano.

Piccola digressione: forse avete familiarità con il body horror, ma se non conoscete il sottogenere dei melt movies, può darsi che vi convenga stare alla larga da Street Trash (così come da Slime City, Body Melt, Guinea Pig, Society o Cabin Fever). I melt movies sono i film dove la gente si scioglie, tipo nell’acido, tipo come il nazista alla fine dei Predatori dell’arca perduta. Ma per tutto il film e in modi super gory.

Kruger cambia di poco la trama e prova a rendere il tutto una metafora romeriana “barboni contro ricchi stronzi”: il sindaco di Cape Town e i notabili della città si sono inventati un composto che se iniettato o inalato ti fa venire le bolle purulente in faccia e sul corpo e ti fa sciogliere, svomitazzare e schizzare liquidi fluorescenti, azzurri, viola, rosa, gialli e in tutti i colori Pantone del mondo. Finché esplodi in una pozza di visceri e vernice, magari dopo esserti strappato la faccia e il cuoio capelluto.

Fa abbastanza schifo, ma posso assicurare che è molto divertente se come me siete appassionati di effetti speciali prostetici. Per quanto riguarda la storia… vabbè, è quello che succede tra un morto sciolto e l’altro. Basti sapere che alla fine i barboni si ribellano e fanno respirare il composto ai ricchi della città. Solo che Kruger ci mette in mezzo un umorismo del cazzo, apparizioni di un pupazzo sboccato doppiato da lui stesso, l’estetica ZEF cara ai sudafricani… insomma, a una certa pure troppo.

Comunque: il film è prodotto da Bloody Disgusting e Screambox e già questo dovrebbe essere una garanzia. Stiamo parlando di serie Z, ma una signora serie Z.

BAGMAN, COME NON FARE PAURA

Sono molto in imbarazzo. Già questo 2025 è iniziato con una sfilza di film con alte aspettative e risultati quantomeno problematici. A un certo punto mi dico vabbè ora guardo un bell’horror onesto che ha un poster con un burattino supercreepy e mi intrattengo un po’.

E invece. Bagman ha l’ambizione di creare una nuova maschera horror, l’uomo nero che “mette i bambini nel sacco”, quindi procede con un cold open che dovrebbe presentare la creatura, poi con dei titoli di testa illustrati che dovrebbero suggerirne la lore, e poi si passa a un… dramma familiare di genitori con figlio piccolo che non riescono a fare nulla che non sia stare dietro al figlio piccolo (relatable) con una confusa storia di flashback e traumi infantili da parte del padre, che è poi il protagonista.

Bagman procede un po’ per svelamento di backstory (Bagman sembrerebbe un’invenzione del padre del protagonista al puro scopo di fargli venire gli incubi e impedirgli di avvicinarsi alla vecchia miniera di rame), un po’ per spiegoni inevitabili (c’è la psicologa apposta), un po’ come un insulso thriller sottogenere home invasion senza particolari spaventi.

Bagman (la creatura, dico) non si vede quasi mai ed è certamente voluto, ma è anche un peccato perché potrebbe rubarsi la scena come niente. Alla fine è tutto molto meccanico e prevedibile e (salvo burattino supercreepy che poi è un automa programmato per dire “DADDY! DADDY!” e attirare il protagonista nella tana del lupo) per nulla inquietante. Il che, per un horror è un po’ il peccato originale.

Boh, io mi domando che li fai a fare i film di mostri se non fai vedere il mostro.

BABYGIRL: NICOLE KIDMAN E IL BDSM

Nicole Kidman è un’attrice molto versatile, ed è abituata a “portare sulle sue spalle” diversi film anche controversi come Eyes Wide Shut o Birth. D’altra parte è anche abituata a interpretare dei ruoli in thrilleroni un po’ telefonati che vengono nobilitati il giusto dalla sua presenza.

Potreste pensare che Babygirl entri nel solco dei film problematici e controversi che Kidman alterna ai polpettoni commerciali. Ni. Perché il film dell’olandese Halina Reijin (già responsabile del bizzarro horror Bodies Bodies Bodies) si muove sul sottile confine tra il thriller erotico anni ’80, il trash involontario e la riflessione (fuorviante) sulla sessualità kinky.

Intendiamoci, Nicole Kidman fa un lavoro ottimo, a livello di Demi Moore in The Substance per quanto riguarda il mettersi in mostra “senza filtro”. Tutti sanno che il film comincia con un orgasmo in primo piano (simulato) con il partner Antonio Banderas e che subito dopo la protagonista corre a masturbarsi su un porno BDSM venendo in modo molto più animalesco e “sincero” (?).

La storia (esile e prevedibile) è quella di una CEO insoddisfatta sessualmente che incontra uno stagista che a sua volta intuisce il suo bisogno di essere sottomessa in una relazione di tipo D/s e che quindi porta avanti una serie di incontri con lei in sordide stanze d’albergo, arrivando poi a diventare una presenza minacciosa per la di lei tranquillità economica e familiare.

I due termini di paragone che mi vengono in mente sono 50 sfumature di grigio (se vogliamo più di intrattenimento e più nazionalpopolare) e Secretary (più sottile e con una migliore caratterizzazione dei personaggi). Babygirl appare un po’ tagliato con l’accetta soprattutto nella misura in cui sembra suggerire che una sessualità kinky sia il frutto di traumi infantili.

Però Nicole Kidman è sicuramente sempre molto brava, e non guarderete più bicchieri e piattini di latte allo stesso modo.