PIGRAMENTE

Pigro. Già la parola suona come uno stiracchiarsi languido. Piccola esplosione labiale seguita da un grrrrrrrr di fusa feline e da un ooooh misto di soddisfatta stanchezza. Pigro. Detto di persona che non ha voglia di fare un cazzo. Che al momento attuale avrebbe, come lavoro da svolgere, “ribattere degli appunti“. Nulla di trascendentale. Ma per il pigro, il fatto stesso di digitare sulla tastiera è fonte di disarmonia. Il pigro vuole il mouse, sinuoso, il pigro vuole cliccare con una frequenza massima di una volta ogni 30-40 secondi.

Il pigro diventa più pigro con il passare delle ore, perché il caldo rende pigri. Il pigro beve piuttosto che mangiare, perché non vuole masticare. E comunque l’acqua se la fa portare. Dalla moglie. O da una collega compiacente, se si trova sul lavoro. Perché non un collega di sesso maschile, direte voi. Perché anche lui è pigro. La donna invece si sente in colpa ad essere pigra, e l’uomo può giocare su questi meccanismi mentali. Anche se a rifletterci bene, essere così astuti richiede un cervello veramente troppo attivo.

Il pigro sogna di vivere in una capsula autosufficiente, fatta a forma di poltrona volante di Eero Arnio, con un monitor davanti a sé e una fornitura infinita di patatine e chinotto a portata di mano. Tutti i passanti dovrebbero salutarlo con entusiasmo, ma nessuno dovrebbe parlargli per più di un minuto, perché anche la conversazione richiede sforzo.

Alla fine il pigro volerebbe in cielo, poltrona e tutto, in cerca di un po’ di frescura.
Saluterebbe con la mano i passeggeri degli aerei che sorvolano l’Atlantico e scomparirebbe dietro le nuvole. Il mondo non è dei pigri.
Le nuvole, invece… quella è un’altra storia.

TRE VOLTE SÌ

Il caldo causa stanchezza. Il sabato, si sa, c’è da fare le commissioni. La domenica è l’unico giorno in cui ti puoi riposare. Annullarti, o magari andare al mare, ché l’Italia è tutta coste che aspettano solo il riposo del guerriero. Ma non questa domenica. Ti prego. Questa domenica si vota di nuovo. Per colpa dei leghisti, ovvio. Se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con loro. Potevamo risparmiare i soldi tuoi e miei, facendo tutto insieme alle europee.
Ma adesso è questione di referendum.

Lo so che pensi che votare non serva più a un cazzo. Lo so che sei diventato con gli anni talmente alieno alle cose della politica che il solo pensiero di “recarti alle urne” (espressione obsoleta e anche un po’ funerea) ti fa venire i conati di vomito. Lo so che ormai pensi solo per te e in cuor tuo mandi affanculo tutto il resto. È una cosa comprensibile. Capita anche a me. Daresti fuoco ai giornali e spaccheresti i televisori pur di non sentire quel chiacchiericcio inutile ed irritante che si svolge quotidianamente nelle piazze reali e virtuali della politica.
Ma adesso è questione di referendum.

In fondo i grossi cambiamenti, nella nostra moribonda società, sono sempre stati segnati da un referendum. Se non altro può essere utile farsi sentire. Il malcontento popolare in questo caso si esprime molto più efficacemente votando che non astenendosi. Vorresti eliminare Mr. B. dalla scena politica italiana e internazionale? Vota tre volte sì al referendum. Ammiri il cavaliere e vorresti che tutto il mondo conosciuto aderisse ai suoi principi etici ed economici? Vota tre volte sì al referendum. Perché non è (solo) una questione di appartenenza politica.

Il bipartitismo fa bene a te e fa bene all’Italia. Non è irritante vedere i due maggiori schieramenti ostaggi di partitini di folli che pretendono di poter controllare ogni governo? A me irrita molto. Mi irritava quando c’era Prodi e mi irrita adesso. Non c’è nulla di divertente nel vedere che il presidente del consiglio (già di suo un individuo preoccupante) è in balìa di un manipolo di arteriosclerotici razzisti e fondamentalmente decerebrati. Il bipartitismo è naturale, la situazione di adesso è una forzatura innaturale.

Stai attento, perché se del referendum non si parla è solo perché non vogliono che tu vada a votare. Non sarebbe bello invece, per una volta, essere meno prevedibili? Se non ne sai una mazza, prova ad informarti da solo. Non c’è bisogno per forza che sia la televisione a dirti cosa fare.

Ti suggerisco di dare una scorsa al sito del Referendum Elettorale ’09.
E di restare in città, questa domenica.
Perché è meglio aver votato ed aver perso che non aver votato per nulla.

TUTTI AL LITCAMP

Troppo tempo che non scrivo. Né per lavoro, né per diletto. I progetti restano fermi a metà. Per dirne una, non vi ho nemmeno ancora parlato del mio Marocco. Ma nel logorio della vita moderna, c’è una piccola oasi di acume, riflessione e cazzeggio insieme: il Litcamp. Quello del 2009 è il terzo Litcamp, ma invece di risentire degli anni, qui si tira fuori dal cilindro un tema particolarmente stuzzicante. Cosa NON fare per scrivere. O cosa fare per NON scrivere. O cosa fare per scrivere “NON”. Va beh, guardate sul blog del Litcamp per maggiori dettagli e poi magari iscrivetevi sul wiki.

C’è già un intervento interessante che ho sgamato: si ipotizza che per scrivere, una cosa da NON fare è leggere. Boh, io sapevo il contrario. Certo, se stai leggendo non stai scrivendo. Io adesso sto scrivendo e quindi non ho modo di leggere, ma di norma leggo molto e alla fine scrivo poco. Adesso, per esempio, sto cercando un modo elegante di chiuderla qua e dedicarmi (di nascosto) alla lettura di “Wolverine: Nemico pubblico” (mica pizza e fichi).

Comunque, dài. Ci sono alcuni scrittori, alcuni editori, si parla di letteratura tra l’analogico e il digitale, ci si incontra con quelli di aNobii (oh, fico aNobii, l’avete mai provato? No? E che aspettate?), poi c’è gente che scrive su riviste e fanzine, e tanti blogger (ma non così tanti da farvi venire la crisi di rigetto). Ci si trova venerdì pomeriggio e sabato tutto il dì al Circolo dei Lettori, che val già solo la pena vedere quello. Io ci sono il sabato (che val già solo la pena venire per vedere me).

Si beve una cosa, ci si scambia un libro, si snobba allegramente il Salone. Perché no.